Salute Mentale a Firenze: critiche e proposte degli esperti

I familiari e gli addetti ai lavori alla maratona dell’ascolto comunale di ieri sera alle Murate

Antonio
Antonio Lenoci
06 luglio 2016 15:40
Salute Mentale a Firenze: critiche e proposte degli esperti

FIRENZE- L'inchiesta di Nove da Firenze sulla Salute mentale a Firenze continua raccontando la maratona dell’ascolto organizzata ieri sera dall’assessorato comunale al Welfare alle Murate, e dedicata alle disabilità e alla salute mentale.

Un evento preparatorio del Comune di Firenze in vista della V Conferenza Nazionale sulle politiche della Disabilità che si terrà il 16 e 17 settembre alla Fortezza da Basso, per iniziativa del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, presso il quale è attivo l’Osservatorio nazionale.

Intercettare idee, proposte e criticità" l'obiettivo annunciato dall'Assessore Sara Funaro con l'impegno di "attivare una serie di politiche che possono aiutare il percorso terapeutico delle persone”.Si chiamano "tavoli" ma questi hanno la sola funzione di sostenere bottiglie d'acqua e bicchieri di plastica, in realtà contano le sedie disposte in circolo e gli interventi moderati non da tecnici ma da psicologhe ed ex dipendenti dell'amministrazione veri e propri mediatori.

Chiediamo come mai non vi siano tecnici tra gli interlocutori, visto che una delle maggiori accuse è la mancanza di comunicazione, "Si tratta di una scelta per evitare l'indirizzamento della discussione, sui temi più sanitari sono presenti referenti dell'Azienda Sanitaria che possono intervenire nel caso in cui occorra fare precisazioni sul servizio" ci viene risposto dai coordinatori.Oltre due ore di discussione in cui sono emerse criticità e spunti di riflessione che, garantisce il Comune di Firenze "Saranno oggetto di discussione assieme alla Regione Toscana".

Critiche: difficoltà a districarsi nelle procedure burocratiche per la fruizione dei servizi, occorre maggiore aiuto ai familiari, difficoltà negli inserimenti dei disabili in Rsa, servono maggiori strutture e appartamenti per l’autonomia, manca l'integrazione attraverso iniziative sportive e culturali, occorre maggiore investimento su educatori professionali a domicilio.Massimo Niccolai Presidente della Consulta sulla Salute Mentale spiega a Nove da Firenze "Vivo con grande onore e responsabilità il mio ruolo, attribuitomi da molti familiari coinvolti direttamente nelle problematiche delle quali dobbiamo evidenziare soprattutto la sofferenza quotidiana: un punto di vista che dovremmo far conoscere molto di più.

Oggi il Diritto alla Salute costituzionalmente riconosciuto passa attraverso il fattore denaro e manca una progettualità, non ci sono paradigmi mentali tali da leggere il contesto in termini medici e sociali assieme. Troviamo delle separazioni che sono dei veri e propri muri: piccoli manicomi sono le RSA o Case Famiglia dove da 4 o 5 persone si arrivano a gestire oltre 10 pazienti quasi un mini-manicomio.

Un elemento drammatico? L'aspetto farmaco-terapeutico risulta predominante rispetto al reinserimento sociale".La famiglia come alternativa al servizio pubblico? "La famiglia non solo è dimenticata, ma rappresenta addirittura il nemico. Perché? Perché non vedere più le prospettive del congiunto comporta sofferenze che dobbiamo considerare. Serve quindi un percorso univoco che non porti all'esasperazione la famiglia perché ci può essere chi mette il congiunto in RSA oppure aumenta la somministrazione di farmaci e la farmacoterapia, come ci segnalano studi statunitensi, diminuisce la prospettiva di vita del paziente".Manicomi chiusi: la Legge 180 riconosce la persona.

A che punto siamo? "Al punto che il sistema scricchiola. Che oggi non si parla di salute mentale a meno che a San Frediano, a pochi metri da casa mia, non accada ad esempio il caso di un ragazzo morto in circostanze drammatiche. Siamo al punto che solleviamo muri che escludono anziché includere. Andando in cerca di lavoro per alcuni ragazzi mi sono sentito dire da imprenditori che preferivano prendere una multa anziché rallentare la produzione..

e magari l'azienda non era neppure produttiva".Una rivoluzione incompiuta? "In molte parti del mondo i manicomi esistono, noi li abbiamo chiusi ma siamo incapaci di gestire la situazione e rischiamo di ricreare la separazione tra sani e malati. La burocrazia in particolare mette in crisi l'intero sistema. Riconoscere i propri limiti è già una accettazione della diversità".C'è anche chi partecipa alle discussioni da diversi anni e si dichiara "Deluso" è ad esempio il caso di un imprenditore agricolo di Montespertoli, con origini tarantine, che vive in famiglia la problematica della salute mentale "Sono anni che sento solo parole.

Con mio figlio in cura da uno psichiatra ad un certo punto mi sono sentito dire che occorreva fare un passo ulteriore tipo una esperienza di vita individuale. Ho chiesto come intendesse procedere e mi è stato detto "Il mio lavoro termina qui.." Ma come si fa? A chi devo rivolgermi, cosa devo fare? Mi viene detto di non fare solo critiche, ma di proporre soluzioni. Assieme ad altre 4 famiglie ci eravamo offerti di acquistare una palazzina di 6 appartamenti da destinare ai ragazzi, abbiamo dato la caparra e chiesto alla Asl di prendere in carico l'appartamento restante assegnandolo ad un'altra famiglia..

la Asl si è tirata indietro. Ho messo a disposizione la mia Azienda agricola presentando un progetto di ricettività gratuita e formazione con tutte le indicazioni sulle opere da fare nei vari periodi dell'anno. L'Asl di Firenze mi ha risposto "Montespertoli è lontano". L'ho proposto all'Asl di Empoli, sono arrivati psichiatri ed assistenti, mi hanno fatto i complimenti, salvo poi, dopo averli richiamati visto che non si facevano vivi, apprendere che "Montespertoli è lontano..".

Dove devo portarla la terra, sotto la sede dell'Azienda Sanitaria?".Ha avuto modo di visitare i Centri Diurni? "Certo sono andato, volevo capire cosa facevano. Devo dire che sono dei luoghi molto tristi.. leggono il giornale passivamente, oppure fumano.. Non mi sono arrabbiato, ma mi sono posto in maniera costruttiva sollecitando alcuni cambiamenti come la creazione di un Bar oppure un Self Service gestito dai ragazzi.

Ho proposto una bacheca dove inserire annunci, magari per effettuare viaggi condivisi. Ho proposto attività alternative.. Nulla. La normativa esiste, occorre applicarla: il metodo proposto da Basaglia metteva l'individuo al centro, non solo questo non è accaduto, ma il paziente viene scaricato da un contenitore all'altro". Ad offrirci un punto di vista interno al sistema è un operatore delle RSA "Purtroppo manca un coordinamento di un modello bio-psico-sociale ovvero in cui medici, psichiatri ed assistenti sociali siano interessati in egual modo e dialoghino tra loro.

Questo non esiste, esiste invece una struttura piramidale in cui conta il giudizio del medico al punto che la valutazione su un paziente effettuata dal mero punto di vista clinico rischia di metterne a rischio la vita. E' successo. Così come sono capitati casi di aggressioni verso gli operatori non per cattiveria, ma come grido di aiuto in mancanza di altri strumenti per esternare il proprio disagio".Ma in una RSA cosa accade e dovrebbe accadere? "Purtroppo capita che il paziente diventi fin troppo dipendente dall'infermiere che somministra i farmaci, mentre sarebbe bene che prendesse confidenza con la somministrazione autonoma in modo da poterla gestire anche fuori.

Molto spesso lo psichiatra non è presente, perché magari sono in pochi sul territorio"Nell'impreparazione e senza background siamo andati oltre, chiusi anche gli OPG: "In realtà poco è cambiato se addirittura il contenitore è rimasto lo stesso con la creazione di moduli, magari uno per piano, nello stesso plesso in cui c'era l'Ospedale Giudiziario".I toni sono misurati, la sensazione è che parlarne faccia bene un po' a tutti anche se l'eccessiva sintesi sembra lasciare l'amaro in bocca "Il problema è molto più complesso" sottolineano in tanti, alzandosi dalla loro postazione.

Chi ha esperienza detta legge? La preoccupazione è che i tavoli siano ancora troppo distanti, a riprova il commento di un operatore interno al sistema "Alla fine decidono i dirigenti dell'Asl e tutto si riduce nel trovare un dirigente illuminato".

 L’assessore al Welfare del Comune di Firenze, Sara Funaro, al termine dell'incontro spiega a Nove da Firenze: "Sono emerse criticità reali come problemi di comunicazione tra strutture. Le risorse sono poche: il Comune forse deve ragionare su come ottimizzarne l'uso, parliamo già di 9 milioni di euro nel nostro caso. Incentiveremo la figura dell'educatore domiciliare singolo e di gruppo. Ci sono difficoltà burocratiche e per questo realizzeremo un Vademecum. Tematiche più complesse sono il lavoro e la casa, ma devono esserci interventi efficaci ad esempio un percorso terapeutico deve avvenire in un sistema sano e dunque occorre capire dove andiamo ad inserire i soggetti. Occorre soprattutto mantenere un rapporto costante con tutti gli interessati e scambiarsi dei feedback, solo così possiamo andare oltre".

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