Rogo di Via Toscana: arrestate 5 persone

Rossi sulla strage del Macrolotto: "Piena sintonia con la Procura". E Gestri: “Segnale chiaro nel contrasto all'illegalità. Lo Stato c'è e lo sta dimostrando. Grazie a magistratura, Polizia e Guardia di Finanza”

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
20 marzo 2014 23:28
Rogo di Via Toscana: arrestate 5 persone

PRATO– Cinque persone: due italiani proprietari del capannone bruciato, accusati di incendio e omicidio colposo e tre cinesi gestori di fatto dell'attività, anch'essi con la stessa accusa, cui si aggiunge l'imputazione per sfruttamento di manodopera clandestina e omissione delle cautele antinfortunistiche.

Sono questi i delitti in relazione ai quali, all'esito della prima fase delle investigazioni condotte dalla Squadra Mobile della Questura, con la collaborazione, per quanto di specifica competenza, del Nucleo di Pt di Prato, e del Servizio Centrale Operativo, sono state emesse le ordinanze di custodia cautelare - tre in carcere, e due agli arresti domiciliari - dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Prato, dott.ssa Fantechi, in accoglimento della richiesta avanzata dal pubblico ministero dott. Lorenzo Gestri della Procura della Repubblica di Prato, con l'assenso del Procuratore della Repubblica Piero Tony.

I provvedimenti coercitivi carcerari hanno raggiunto tre imprenditori cinesi, mentre la misura cautelare degli arresti domiciliari è stata disposta nei confronti di due imprenditori italiani.

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Nessuna richiesta coercitiva era invece stata richiesta nei confronti dell'ulteriore indagata, la titolare formale della ditta che, sulla base delle indagini sin qui svolte, è risultata essere un mero prestanome dei reali datori di lavoro, i tre connazionali cinesi arrestati.

Oltre all'esecuzione delle ordinanze cautelari, sono in corso, da parte degli uomini della Squadra Mobile della Questura, del Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato e del Comando Provinciale della G. di F., una serie di perquisizioni locali nei confronti di persone fisiche collegate agli indagati, nonché acquisizioni di atti e documenti presso le sedi legali di società, o enti, parimenti riconducibili agli indagati.

Le indagini condotte dalla Squadra Mobile con l'ausilio dello S.C.O. e, per quanto di competenza, del Nucleo Polizia Tributaria di Prato - oltre alla partecipazione per mirati atti del Comando dei Vigili del Fuoco di Prato, della Polizia Municipale di Prato, e del Dipartimento di Sicurezza e Prevenzione sui luoghi di Lavoro dell'Asl di Prato - hanno sin qui consentito di identificare almeno tre reali amministratori, gestori di fatto e datori di lavoro, della ditta "T. M.", avente sede operativa presso il capannone di via Toscana, ove il 1.12.2013 sono morti sette operai cinesi, quattro dei quali clandestini, che stabilmente dimoravano presso la sede operativa, alloggiando il locali dormitorio realizzati in violazione della normativa edilizia.

Gli elementi di prova acquisiti in questa prima fase delle investigazioni si basano su plurime e diversificate fonti di prova, fra cui sopralluoghi tecnici, sequestri, elaborati consulenziali tecnici, oltre ad un vasto compendio dichiarativo di persone informate sui fatti ed una variegata attività di polizia giudiziaria.

Le investigazioni hanno, da un lato, chiarito che le ditte formalmente succedutesi dal 2008, sino alla data dell'incendio, nella conduzione del capannone di via Toscana, al di là del dato puramente formale, fossero tutte gestite dai medesimi imprenditori e datori di lavoro di fatto e, dall'altro, che i proprietari dell'immobile abbiano avuto piena consapevolezza degli abusi edilizi realizzati all'interno dei locali dalla controparte conduttrice, nonché delle condizioni illecite di uso promiscuo, industriale ed abitativo, che di detti locali veniva fatto uso, nonchè della totale assenza delle benché minime condizioni di sicurezza richieste dalla normativa in materia di lavoro e di normativa antincendio.

Per i proprietari, proprio la circostanza di aver concesso l'immobile ai conduttori, gli imprenditori e datori di lavoro cinesi, ha costituito elemento di fatto sulla base del quale è stato ritenuto sussistere a loro carico una responsabilità, a titolo di concorso, nelle condotte di omicidio colposo aggravato e di incendio colposo, contestate in via diretta agli indagati cinesi.

L'attività investigativa della Squadra Mobile ha poi consentito di dimostrare che, all'interno del capannone di via Toscana, per anni hanno lavorato e vissuto, mangiando e dormendo in locali dormitorio realizzati in violazione della normativa edilizia, un numero indeterminato di operai cinesi, anche clandestini; al riguardo, solo alla data del fatto, si è potuto verificare che all'interno del capannone risultavano impiegati, e dimoranti, almeno una decina di lavoratori, alcuni impiegati in nero, cinque addirittura in condizione di clandestinità, elemento quest'ultimo che ha determinato la contestazione del delitto favoreggiamento aggravato, a fini di profitto, della permanenza sul territorio dello Stato di clandestini.

Sulla base delle informazioni raccolte sin qui da due operai superstiti, dai parenti e conoscenti di alcune delle vittime, oltrechè da testimoni che hanno intrattenuto negli anni rapporti commerciali con le ditte operanti in Toscana, riconducibili sempre ai medesimi imprenditori, si è potuto ricostruire, sia la sicura riferibilità della condotta di "datore di lavoro" ai tre indagati cinesi tratti in arresto, che delineare le modalità gestionali dell'impresa, evidenziando in particolare come il lavoro si articolava anche in 14/16 ore al giorno, prolungandosi anche in orario notturno, senza alcuna previsione di riposo settimanale.

Proprio al fine di assicurare continuità alla produzione, gli operai dimoravano all'interno dello stesso luogo di lavoro, allocati in soppalchi realizzati in legno e cartongesso dai datori di lavoro in totale violazione di legge, ed in totale assenza delle benché minime condizioni di sicurezza in materia di infortuni e antincendio.

Con riferimento alla proprietà dell'immobile, risultata di titolarità di una società immobiliare riconducibile agli indagati italiani, il GIP, facendo per la prima volta a Prato applicazione della disciplina della responsabilità amministrativa degli enti - denunciata dal Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza - con specifico riferimento al delitto di omicidio colposo aggravato dalla violazione della normativa antinfortunistica sui luoghi di lavoro, ha accolto la richiesta avanzata dalla Procura di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, avente ad oggetto il profitto illecito conseguito dalla società immobiliare, consistito dai canoni locativi percepiti, nel tempo, per effetto della concessione in locazione agli imprenditori cinesi del capannone di via Toscana, con abusi edilizi, e privo delle misure di sicurezza e antincendio.

Le indagini proseguono per chiarire il ruolo di eventuali correi in merito ai fatti già emersi, nonché per fatti ad essi connessi, oltre che responsabilità di natura amministrativa e tributaria."Esprimo tutto il mio apprezzamento per il lavoro della Procura e delle forze dell'ordine. A circa 4 mesi dal rogo di Prato in cui morirono 7 operai cinesi la giustizia fa il suo corso". Così il presidente Enrico Rossi commenta l'arresto. "C'è una sintonia - prosegue il presidente - tra i capi di accusa formulati dalla Procura e i titoli del nostro impegno: sfruttamento della manodopera da una parte e, da parte nostra, misure per assicurare il rispetto delle norme di sicurezza e condizioni di vita dignitose per i lavoratori.

La tragedia di Prato chiama ciascuno di noi alle proprie responsabilità. La morte improvvisa di 7 persone in una fabbrica non può restare impunita. Chiediamo che si vada fino in fondo". "La strada che abbiamo intrapreso per il potenziamento dei controlli nei capannoni per verificare le condizioni di lavoro e la ricerca di soluzioni logistiche per assicurare alloggi sicuri ai lavoratori è l'unica percorribile. Da tempo sono convinto della necessità di concepire spazi adeguati e sicuri per i lavoratori del distretto pratese, di qualunque etnia essi siano, sia attraverso l'affitto di alloggi sfitti, sia mediante la realizzazione di foresterie in prossimità dei capannoni industriali.

La ricerca di soluzioni nuove e all'altezza dei problemi sociali e relazionali della comunità cinese che vive e lavora nel territorio toscano è un dovere primario delle istituzioni. Non rappresenta solo una questione di ordine pubblico - conclude il presidente Rossi - ma una grande opportunità di ricchezza e una sfida di civiltà per tutto il nostro Paese".

“I provvedimenti della Procura per la strage del Macrolotto costituiscono un segnale chiaro nell'impegno per il contrasto all'illegalità che deve colpire i meccanismi economici più complessi. Non solo. Quei morti, purtroppo ancora insepolti, chiedono giustizia e lo Stato che c'è e lo sta dimostrando ha gli strumenti per dare una risposta. Alla magistratura che sta lavorando con impegno, agli uomini della Polizia e della Guardia di Finanza va tutto il nostro riconoscimento”. Così il presidente della Provincia, Lamberto Gestri, commenta la notizia, dei 5 arresti, disposti dalla Procura di Prato, per la strage di lavoratori cinesi nell'azienda del Macrolotto.

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