Renzi, Banca Etruria, gli outlet e i paradisi fiscali

Donzelli (Fratelli d'Italia): "Gravi legami con l'acquisto del Teatro Comunale". Scoppia il caso 'Panama Papers' sui soldi dei potenti del mondo. Da Montezemolo a Trulli, gli italiani con i conti offshore. In Consiglio regionale nuova seduta della Commissione su Mps

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
04 aprile 2016 22:16
Renzi, Banca Etruria, gli outlet e i paradisi fiscali

"Una colossale fuga di notizie. La più grande della storia della finanza internazionale. Milioni di pagine di documenti che raccontano quasi 40 anni di affari offshore. Tutto parte dallo studio legale Mossack Fonseca, con base a Panama city, nel cuore di uno dei più efficienti e impenetrabili paradisi fiscali del mondo". Lo scrive L'Espresso. Dal presidente di Alitalia Luca Cordero di Montezemolo all'ex pilota di Formula Uno, Jarno Trulli passando per Oscar Rovelli, uno dei figli di Nino Rovelli, patron del gruppo chimico Sir, e Giuseppe Donaldo Nicosia, socio dell'ex senatore di Forza Italia Marcello Dell'Utri, ora in carcere per una condanna a sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa

"Se qualcuno vuole discutere di noi e parla di zone grigie si sappia che la questione bancaria in Toscana non ha riguardato Arezzo. Ma un po'' piu'' a sud". Cosi'' Matteo Renzi in direzione Pd. Renzi cita un''espressione, ''zona grigia'', che e'' stata usata dalla minoranza Pd, secondo quanto riporta l'agenzia di stampa Dire.

Ma in Consiglio regionale della Toscana, Giovanni Donzelli (Gruppo Fratelli d'Italia) promette di svelare domani nuovi documenti sul giro d'affari delle società e sui finanziatori di Matteo Renzi, gli ex vertici di Banca Etruria e i paradisi fiscali. "Anche il giro intorno al premier Matteo Renzi fa affari grazie a società con sede a Panama, un legame che si intreccia anche con gli interessi di Lorenzo Rosi, ultimo presidente di Banca Etruria".

E' quanto afferma Giovanni Donzelli, coordinatore dell'esecutivo nazionale e capogruppo in Regione Toscana di Fratelli d'Italia alla luce delle notizie emerse sui cosiddetti "Panama papers". Donzelli aveva già ricostruito i legami fra il giro d'interessi intorno al premier Renzi e gli amministratori di Banca Etruria. "Due società con sede a Panama, la Torrado Holdings e la Tressel Overseas - sottolinea Donzelli - hanno quote di capitale della Egnazia Shopping Mall, società nata per la realizzazione dell'outlet di Fasano, in provincia di Brindisi, di cui l'amministratore unico è ancora oggi Lorenzo Rosi e per cui ha svolto un ruolo da consulente lo stesso papà del premier, Tiziano Renzi.

Le due società sono anche fra i fondatori della Corso Italia, nata per l'acquisto del teatro comunale di Firenze, acquistato ad aprile 2015 per 23 milioni di euro, meno della metà della cifra di valutazione fornita dal Comune di Firenze governato dall'allora sindaco Matteo Renzi". "Le società con sede a Panama fanno riferimento ad alcuni studi, fra i quali Mossack Fonseca, da cui sono state svelate le notizie sui potenti del mondo, ma anche ad altri come Arifa, la cui sede sembra coincidere con quella di Torrado Holdings e Tressel Overseas - sottolinea Donzelli - le due società sono state anche recentemente rappresentate all'assemblea della Egnazia, da Luigi Dagostino, regista dell'operazione outlet nella quale sono coinvolti, fra gli altri, oltre a Tiziano Renzi, anche i suoi soci Ilaria Niccolai e Iacopo Focardi, l'ultimo presidente di Banca Etruria Lorenzo Rosi e l'amico e finanziatore di Matteo Renzi Andrea Bacci.

Fra i soci della Egnazia c'è anche la Mora Real Estate, società fondata dai fratelli Moretti, creatori del marchio Lebole di Arezzo, e il cui unico socio è oggi la Real Estates Sales and Lettings con sede nel Regno Unito. Tutto senza dimenticare che società con sede nei paradisi fiscali (da Cipro al Regno Unito) figurano in quasi tutte le società che si occupano della realizzazione degli outlet da Reggello a Sanremo, passando per Fasano. Vogliamo sapere chi c'è dietro a queste società e chi porta i soldi nei paradisi fiscali - conclude Donzelli - è gravissimo che lo stesso giro intorno al premier sia collegato ai paradisi fiscali".

Nuova giornata di audizioni in commissione regionale d’inchiesta sul Monte dei Paschi, presieduta da Giacomo Giannarelli (M5S). Nella seduta di oggi, intanto, sono stati ascoltati l’ex presidente del Consiglio regionale, oggi vice ministro alle Infrastrutture e ai Trasporti, Riccardo Nencini, e i giornalisti Alberto FerrareseGiuseppe Mencaroni, autori del libro-inchiesta “Il codice Salimbeni. Cronaca dello scandalo Mps”. Secondo quanto dichiarato da Nencini, che ha ricordato di aver svolto la funzione di presidente del Consiglio distinguendo il “ruolo istituzionale da quello politico” e quindi rilevando di “non avere argomentazioni amministrative per rispondere su questioni del governo regionale”, il sistema di vigilanza e controllo “dovrebbe essere esperito con tenacia tagliente per non dire incisiva”.

Incalzato dalle domande dei commissari, ha dichiarato di “non voler esprimere opinioni politiche in una sede istituzionale. Ho svolto il mio ruolo attenendomi, fedelmente, al regolamento interno e ne sono molto orgoglioso” ha detto. Per il tempo in cui è stato assessore al Bilancio, Nencini ha ribadito di “non essersi occupato di società partecipate” perché “non rientravano nelle mie competenze” e, sollecitato dal presidente Giannarelli sul motivo della mancata rinegoziazione del contratto swap con la banca divenuto nel frattempo svantaggioso per la Regione fino a causarle ad oggi circa 6 milioni di perdite, Nencini ha chiarito di non ricordare se fosse tra gli accordi rinegoziati allora dalla giunta Rossi.

L'attuale viceministro alle infrastrutture ha infine dichiarato di “non aver mai curato rapporti con Mps, né da presidente del Consiglio né da assessore”. Sul conferimento del Gonfalone d’Argento a Mussari nel 2008, infine, ha spiegato che l’onorificenza veniva assegnata ad un “gruppo di eccellenze toscane”. I risultati della “valutazione approfondita” (Comprehensive Assessment) della BCE che avevano decretato Mps come “peggior banca D’Europa”, sono stati ricordati da Ferrarese e Mencaroni.

“Dall’analisi che la Banca centrale fa dei crediti deteriorati, emerge – hanno spiegato – che tra le cause c’è una eccessiva esposizione per le parti correlate, intese come soci ma anche come soggetti con affinità elettive”. Gli autori del libro-inchiesta si sono soffermati sulla “evidente trasformazione di una banca, nata per il territorio, in istituto ad alto rischio” che erogava crediti a soggetti “senza merito di credito” e quindi senza garanzie. Sulla classe dirigente, “tanto della banca che della Fondazione”, Ferrarese e Mencaroni hanno parlato di “selezione inesistente.

Erano personalità senza competenze specifiche, a conferma di un tentativo di autarchia dirigenziale che ha limitato le competenze dell’istituto”. Nel corso dell’audizione, ed in tema di derivati, vigilanza e controllo, è stata inoltre ricordata una riunione avvenuta a Londra, nella sede della Financial Services Authority tra la fine del 2007 e l’inizio del 2008 con un dirigente Mps. Un incontro che, a detta dei due giornalisti, la Consob “non ha mai chiarito bene” nonostante fosse un contributo per comprendere in anticipo alcuni elementi dello scandalo Mps.

Mentre è stata ricordata la “costante attenzione di Banca d’Italia su Mps per migliorarne la qualità contabile” alla quale l'istituto senese arrivò persino a contrapporre, senza successo, il “bisogno di attendere il risultato delle elezioni comunali 2011”. 

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