Pietre d'inciampo in via del Gelsomino: per non dimenticare l'orrore nazifascista

Posizionati sei quadrati di ottone che sopra hanno incisi i nomi di deportati. Cerimonia solenne e alcuni automobilisti indispettiti per il traffico. La vicesindaca Giachi: "Stiamo causando disordine e difficoltà, e questo è un bene perché questa non è una manifestazione neutra ma che vuol ricordare un inciampo ben più grave del nostro oggi"

Redazione Nove da Firenze
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09 gennaio 2020 14:46
Pietre d'inciampo in via del Gelsomino: per non dimenticare l'orrore nazifascista
foto Agenzia Dire

(DIRE) Firenze, 9 gen. - Il rabbino Rodolfo Levi fu catturato il 6 febbraio del 1944, mentre stava raggiungendo l'amico Arturo Orvieto con cui era solito incontrarsi. Poi lo costrinsero a parlare, a svelare dove si trovava la sua famiglia. Gli aguzzini così arrivarono in via del Gelsomino 29, dove erano nascosti dalla famiglia Morandi. In quel palazzo furono catturate la moglie Rina Procaccia e la figlia, Noemi. Con loro fu presa anche la famiglia Sinigaglia, anch'essa al riparo dalla furia nazifascista in quello stabile: il padre Angelo, la moglie e sorella della sposa del rabbino, Amelia Procaccia e la figlia Alda, di appena 11 anni.

Portati nel campo di concentramento e transito di Fossoli, i Levi raggiunsero Auschwitz il 22 febbraio, dove furono uccisi all'arrivo. I Sinigaglia da Fossoli partirono il 5 aprile: la madre e la piccola Alda perirono nel campo di sterminio, il padre fu trasferito a Mauthausen dove morì nel marzo del '45. 

E' davanti al civico 29 di via del Gelsomino che sono state piazzate le prime sei pietre d'inciampo a Firenze, i quadrati di ottone grandi come un sanpietrino con sopra incisi i nomi dei deportati (con le date della cattura e, quando c'è, quella della loro morte), ideati dell'artista tedesco Gunter Demnig, che, in 26 Paesi, ne ha già messe circa 75.000.

Alla cerimonia hanno preso parte i nipoti del rabbino Levi, Giulio e Sara, il rabbino di Firenze Gadi Piperno, l'arcivescovo Giuseppe Betori, il questore Armando Nanei e il vicesindaco Cristina Giachi.

Giachi che, nello stretto del marciapiede e nella calca per gli accorsi alla cerimonia, vicino ad un cantiere, accanto ad una strada trafficata di auto e autisti 'nervosi' perché rallentati, riflette: per l'installazione in terra "stiamo causando disordine e difficoltà, e questo è un bene perché questa non è una manifestazione neutra ma che vuol ricordare un inciampo ben più grave del nostro oggi". Le deportazioni, aggiunge, "sono avvenute qui, in questi marciapiedi scomodi, squassando vite ordinarie in giornate ordinarie". Oltre a via del Gelsomino le pietre saranno poste in piazza Donatello 15 (in memoria di Clotilde Levi), in via Ghibellina 102 (per ricordare David Genazzani) e in via del Proconsolo 6 (in memoria di Elena e Abramo Genazzani e Mario Melli Genazzani).

(Dig/ Dire)

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