“Nascita di una Nazione”: una mostra di qualità che ignora l'arte toscana

A Palazzo Strozzi s’inaugura la mostra “Nascita di una Nazione”. Uno straordinario viaggio tra arte, politica e società nell’Italia tra gli anni Cinquanta e il periodo della contestazione del Sessantotto attraverso ottanta opere di artisti importanti per la critica e per il mercato.

Alessandro
Alessandro Lazzeri
15 marzo 2018 20:54
“Nascita di una Nazione”: una mostra di qualità che ignora l'arte toscana

L’esposizione, a cura di Luca Massimo Barbero, vede per la prima volta riunite assieme opere significative del fermento culturale italiano del secondo dopoguerra, gli anni del cosiddetto “miracolo economico”, momento di trasformazione profonda della società italiana fino alla fatidica data del 1968. È in questo ventennio che prende forma una nuova idea di arte, proiettata nella contemporaneità attraverso una straordinaria vitalità di linguaggi, materie e forme. Un itinerario artistico, quello della mostra, che parte dalla diatriba tra Realismo e Astrazione, prosegue con il trionfo dell’Arte Informale per arrivare alle sperimentazioni su immagini, gesti e figure della Pop

L’esposizione si apre con un ambiente costituito da quattro videoproiezioni correlate in sincrono che ricostruiscono una breve storia visiva d’Italia dall’Unità al 1968, tra arte, cinema, moda, cronaca, politica e società. Queste immagini sono poste in un contraddittorio dialogo con La battaglia di Ponte dell’Ammiraglio (1951-1955) di Renato Guttuso, figura chiave dell’ortodossia politica dominante del neorealismo propagandistico e non a caso unica testimonianza in mostra di un esasperato attaccamento all’arte politica di quegli anni, in netta opposizione con altre esperienze di quel periodo: la tela, infatti, fu realizzata per l’Istituto di Studi Comunisti Palmiro Togliatti delle Frattocchie. Immediatamente contrapposte, sono le poetiche delle nuove avanguardie rappresentate dall’astrazione antirealista di Giulio Turcato con un’opera fondamentale come Il comizio (1950) e da due opere del decennio successivo, il provocatorio collage su stoffa Generale incitante alla battaglia (1961) di Enrico Baj e il décollage sul volto di Benito Mussolini L’ultimo re dei re (1961) di Mimmo Rotella, che costituisce un’anticipazione dello scontro politico generazionale della fine degli anni Sessanta.

La mostra prosegue con un approfondimento sulla continuità dell’Arte Informale tra gli anni Cinquanta e Sessanta. Alcune opere declinano con forza il tema dell’esistenzialismo, come la grande tela Scontro di situazioni ’59-II-1 (1959) di Emilio Vedova e il raro e lacerante metallo Concetto Spaziale, New York 10 (1962) di Lucio Fontana; altre testimoniano la radicale sperimentazione sulla materia come elemento esistenziale che si ritrova nelle azioni di Alberto Burri su juta, tela o addirittura sul legno bruciato, nelle tormentate terrecotte di Leoncillo, nei rifiuti meccanici di Ettore Colla.

La sala successiva, in un confronto tra opposti, è dominata dal colore bianco e dedicata all’azzeramento e alla monocromia: a lavori come Superficie lunare (1968) di Giulio Turcato e il monumentale capolavoro Superficie bianca (1968) di Enrico Castellani, si affiancano le composizioni con bende di Salvatore Scarpitta, le tele estroflesse di Agostino.

Bonalumi e la straordinaria serie Achrome di Piero Manzoni che ha inaugurato in modo dirompente le esperienze artistiche degli anni ’60. Parallelamente emergono come protagonisti Jannis Kounellis e Pino Pascali che arrivano a rigenerare il linguaggio artistico con elementi naturali e figurazioni primordiali. Al rigore neo concettuale fanno da controcanto le visioni figurative lenticolari di Domenico Gnoli e la nuova figurazione di Tano Festa, Sergio Lombardo, Renato Mambor e Giosetta Fioroni i cui lavori introducono il visitatore a una sala dedicata alla rappresentazione della bandiera come simbolo.

Corteo (1968) tra le più emblematiche e meno note opere di Franco Angeli, dialoga con Compagni compagni (1968) di Mario Schifano – riferimento della nuova pittura italiana e forse uno dei suoi più grandi interpreti. La sala successiva è invece dedicata alle opere germinali di artisti quali Giulio Paolini, Alighiero Boetti, Michelangelo Pistoletto, Mario Merz: autori che costruiranno un altro momento fondamentale dell’arte italiana, in campo internazionale noto come Arte Povera.

In questo contesto, l’Italia (1968) di Luciano Fabro domina l’ambiente, trasformando il concetto di nazione e sovvertendone i significati. La rassegna continua all’interno dell’installazione Eco (1964-1974) di Alberto Biasi, lavoro interattivo e immersivo realizzato per celebrare il decennale dalla dissoluzione del Gruppo N e la conclusione delle esperienze cinetiche e programmate Art in giustapposizione con le esperienze della pittura monocroma fino ai nuovi linguaggi dell’Arte Povera e dell’Arte Concettuale.

Una scelta critica ineccepibile, inserita in contesto storico critico abbastanza ben documentato. Sorprende, un po' la disattenzione al ricco humus artistico fiorentino di quegli anni. L'assenza degli artisti toscani alle mostre nazionali sull'arte del dopoguerra è ormai una costante. Mancanza di un adeguato riconoscimento storico – critico ? Non inserimento in un importante mercato? Forse ambedue le cose. Il mercato detta il valore delle opere e la considerazione critica è ,spesso, solo una dichiarazione promozionale di quanto deciso.

La nuova realtà del mondo dell’arte, sembra palesare il seguente scenario : non vi è artista che entri nella storia dell’arte senza prima aver avuto uno o più passaggi nella storia del mercato dell’arte. I toscani , anche, d’indubbio valore storico critico , e i nomi e i movimenti da citare sarebbero molti , rimangono su un mercato secondario e trovano talvolta spazio nelle pubblicazioni storico artistiche, senza quasi mai essere presenti nelle più importanti mostre nazionali.

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