Mostro di Firenze, i resti del Vampa sotterrati per sempre

Un caso che appartiene alla storia della criminologia italiana

Antonio
Antonio Lenoci
30 ottobre 2015 19:11
Mostro di Firenze, i resti del Vampa sotterrati per sempre

A dare la notizia della definitiva chiusura dei resti di Pietro Pacciani nell'ossario del cimitero di San Casciano è il Gazzettino del Chianti, giornale diretto da Matteo Pucci. Come dispone la normativa, i resti sono rimasti a disposizione degli aventi diritto a richiederne regolare sepoltura dietro ad una lapide marmorea, ma nessuno si è fatto avanti. Gran parte di una vicenda ancora avvolta nel mistero risiedeva, forse, nella memoria di "un pover'uomo" come si definiva l'accusato Pacciani.

Morto in attesa di Processo, dopo essere stato condannato, assolto e rinviato a giudizio, non è a lui imputabile alcun legame con i delitti del Mostro. Riposa da innocente.Ad ogni minimo sussulto si tornava a lui, a Pietro Pacciani, il contadino originario di Vicchio, finito sotto i riflettori con l'accusa di essere il Mostro di Firenze, autore della serie di omicidi che hanno insanguinato la provincia del capoluogo toscano seguendo un macabro modus operandi che ha spaventato i cittadini, terrorizzato generazioni di giovani coppie ed affascinato a dismisura i cultori del genere che oggi seguono con attenzione gli aggiornamenti dei maggiori casi di cronaca tra sofisticate indagini al georadar ed al microscopio, mentre all'epoca era ancora l'istinto degli inquirenti a giocare il ruolo decisivo.Recentemente è spuntata da un deposito una pistola in un primo momento collegata all'opera dell'assassino seriale di coppiette, ma la scientifica ha poi escluso che i proiettili fossero stati sparati da quell'arma.L'avvocato Rosario Bevacqua non ha mai dubitato dell'innocenza del proprio assistito ed ancora oggi nel suo ufficio conserva come una reliquia il faldone processuale che lo ha visto al fianco di Pacciani, un uomo che abbiamo conosciuto attraverso le riprese televisive, ma che fondamentalmente ha raccontato la vita di provincia tra "compagni di merende", soprannomi incancellabili e sguardi di difficile interpretazione.

C'è chi ha parlato di ignoranza contadina, chi di abilità nella menzogna, e chi ha puntato il dito più volte sull'oscuro burattinaio che tirava i fili e godeva nell'ombra. Potrà mai considerarsi realmente finita una storia così importante e piena di colpi di scena che vede oggi le biblioteche piene di cronache, riletture, ipotesi, tracce mai battute e considerazioni che si arricchiscono di nuovi particolari senza mai trovare la verità incontrovertibile?

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