Mal'Aria 2018, inquinamento in Toscana: Capannori e Montale maglie nere

Legambiente: “Non bastano misure tampone, servono interventi strutturali e di lungo periodo anche e soprattutto a livello locale”

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
14 febbraio 2018 14:34
Mal'Aria 2018, inquinamento in Toscana: Capannori e Montale maglie nere

Le città hanno bisogno di aria pulita! E’ ancora una volta Legambiente a dircelo con il suo dossier Mal’aria 2018 – “L’Europa chiama, l’Italia risponde?, il rapporto sull’inquinamento atmosferico nelle città italiane e la campagna annuale “PM10 ti tengo d'occhio”, che monitora l'andamento giornaliero dei 96 capoluoghi di provincia di cui sono disponibili i dati tenendo in considerazione solo le centraline urbane di fondo e di traffico. Dal rapporto emerge un bilancio fatto di luci e ombre per la Toscana, anche se è indubbio che il trend decennale segnala miglioramenti consistenti, specie sulle polveri fini.

La situazione dell’inquinamento atmosferico 2017 in Toscana è in deciso miglioramento, anche se permangono situazioni di criticità molto acuta; – dichiarano Fausto Ferruzza e Michele Urbano, rispettivamente Presidente e Responsabile Regionale matrice aria di Legambiente Toscana – sul particolato fine (sia PM 2,5 che soprattutto PM 10) si evidenzia febbre alta soprattutto nella Piana Lucchese e nella zona di Montale. Firenze, invece, è ancora maglia nera per il Biossido di Azoto, nonostante su tutti gli altri parametri se la cavi egregiamente. Interessante è poi il dato storico decennale -2007/2017- che abbiamo voluto aggiungere quest’anno per il PM 10, da cui si evince ancora una volta che le maggiori criticità restano intorno a quel di Capannori” – concludono Ferruzza e Urbano.

Sul versante nazionale, gli accordi sottoscritti fino ad ora tra Ministero, Regioni e Comuni per affrontare la cattiva qualità dell’aria sono serviti a poco o nulla; sia a causa del tipo di provvedimento previsto, oppure nella loro reale applicazione o ancora per l’assenza di controlli. La criticità generali riscontrate sono state sostanzialmente due: da un lato il disomogeneo recepimento dell’accordo da parte dei singoli Comuni, senza un’armonizzazione degli interventi; dall’altro l’aver frammentato le responsabilità, “esonerando” di fatto le Regioni dallo svolgere in maniera stringente il proprio ruolo centrale di coordinamento.

Legambiente ricorda, inoltre, che l’Italia è il Paese in cui si vendono ancora più auto diesel (56% del venduto tra gennaio e ottobre 2017, contro una media europea del 45%), e dove circolano auto e soprattutto camion tra più vecchi d’Europa (quasi 20 anni di età media). Per l’associazione occorre, invece, sostenere ed accelerare il processo di potenziamento e innovazione del trasporto pubblico locale, per renderlo sempre più efficace e affidabile e la sua trasformazione verso un parco circolante completamente elettrico, come varato dal piano del Comune di Milano da qui al 2030 o come cominciato a fare dall’azienda trasporti torinese su alcune linee.

Ancora occorre limitare l’accesso nelle aree urbane in maniera stringente e costante ai veicoli più inquinanti, spingendosi, come fatto dal comune di Torino, al blocco dei mezzi euro 5 diesel e a Roma, dove si è arrivati recentemente a bloccare anche le Euro 6. Per incentivare questa trasformazione serve, però, potenziare le infrastrutture di ricarica dell’elettrico e, soprattutto, implementare nelle aree urbane infrastrutture per la mobilità ciclo-pedonale. Senza tralasciare la riqualificazione degli edifici pubblici e privati che dovrebbero riscaldare senza inquinare; il rafforzamento dei controlli sulle emissioni di auto, caldaie ed edifici; intervenire specificatamente sulle aree industriali e portuali.

Da ultimo, ma non meno importante, ridisegnare strade, piazze e spazi pubblici delle città aumentando il verde urbano.

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