L’orgoglio di essere una Zecca

In edicola col settimanale Left l’ultimo libro di Vauro Senesi

Elena
Elena Novelli
14 aprile 2019 20:12

“Noi siamo comunisti -ha proclamato Moni Ovadia tra gli applausi dei presenti - il Comunismo è la forma più radicale di umanesimo mai concepito nella storia degli uomini senza fare ricorso alla trascendenza”.

"La zecca", una raccolta di 320 tra vignette e tavole a colori, è uscito in edicola insieme a Left venerdì scorso, ed è stato presentato in anteprima giovedì 11 aprile a Roma, presso la redazione del settimanale. Insieme all'autore sono intervenuti Moni Ovadia e la direttrice responsabile del giornale Simona Maggiorelli. “La libertà esiste soltanto se c’è uguaglianza di condizioni e di potere - ha ribadito Moni Ovadia - qualcuno ha voluto far credere che esista una sinistra liberista, ma ciò è un ossimoro”.

Gli ultimi tre anni della vita politica italiana scorrono attraverso le tavole di Vauro. Il suo sguardo si sofferma sul Palazzo - dal centrosinistra ai legastellati -, sulle politiche razziste, su quelle del (non) lavoro, sulla difesa della Costituzione, sull'attualità internazionale comprese le crisi interne al Vaticano. E naturalmente sulla sinistra.

Vauro come un partigiano, scrive Moni Ovadia nella prefazione: «Il tratto che compone i suoi personaggi, incluso quello di se stesso, è popolare, proletario, attinge a un’umanità che viene dal basso e ha tutti i titoli per stigmatizzare le ingiustizie».

“Basta una vignetta per rappresentare un intero saggio sulle condizioni della civiltà occidentale - ha continuato l’attore, scrittore, musicista - ma la sintesi mirabile del suo tratto possiede anche una grande pietas”. “Queste vignette andrebbero studiate a scuola - ha concluso Ovadia - Vauro è una lezione continua a ritrovare noi stessi, a ritrovare ciò che siamo e a rivendicarlo con orgoglio: l’orgoglio di essere comunisti!”.

“Ebbene sì, sono una zecca - ha dichiarato Vauro Senesi alla presentazione del suo libro - e pure comunista!”. “Ma non col Rolex - ha precisato esibendo un vecchio orologio di fattura sovietica - e senza villa a Capalbio, come mi attribuiscono di volta in volta tra altre amenità, tra cui aver votato 5stelle ed essermi pentito”. “Volevo denunciarli - ha proseguito - ma mi hanno spiegato che non è diffamazione, perché votare 5 stelle non è reato...”. “Come non è reato? - ha esclamato con la sua tagliente ironia - istituiamolo subito!”.

Il vignettista pistoiese è finito di recente nel mirino di Matteo Salvini e, non solo sui social, si è attirato le intimidazioni e gli avvertimenti dei fans del ministro dell’Interno. «Mi arrivano fin dentro la cassetta della posta» dice Vauro. Ma queste per lui sono solo medaglie e la sua matita continua imperterrita a sferzare quotidianamente i potenti di turno. “Ho escogitato 7 maniere per uccidere Salvini - racconta - uno era lasciare il barattolo di Nutella di Moretti vicino al Viminale e attendere l’effetto del colesterolo... Salvini si è sentito minacciato”.

A causa della sua satira corrosiva e irriverente, il disegnatore ha collezionato querele e licenziamenti. “Sono stato cacciato da tutti i posti dove ho lavorato - ha ghignato orgoglioso - l’unico rimasto è Left...”. Ha sospirato guardando la direttrice Simona Maggiorelli, il cui settimanale da anni pubblica le sue vignette, sia in versione cartacea che sul sito www.left.it.

«La satira può essere tagliente, graffiante, pesante, amara e tutti gli altri aggettivi che di solito le vengono attribuiti da chi non la fa» ha scritto Vauro su Left. La satira non può essere conformismo perché altrimenti perderebbe la sua forza.

La satira, dunque, è «sovversiva», dice l'autore. «Per me è un gioco, proprio come quello dei bambini - ha confidato - a volte rischioso, spesso chiassoso, ma mai monotono e sempre ricco di fantasia”.

Non a caso «negli anni questo gioco» gli ha procurato «tentativi di censura, denunce e processi, assoluzioni e condanne».

“Ma la censura più pericolosa - avverte - è l’autocensura”. “Quando si dice non è opportuno - spiega - quando sento quella parolina lì, ecco mi insospettisco, perché la satira è inopportuna per definizione, come i bambini che giocano e danno fastidio, ma sono ostinati nel gioco e non smettono nonostante i richiami”. “Ecco - ha esclamato - io voglio essere, da vecchio quale sono, fastidioso e inopportuno come un bambino!”

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