L’olio d’oliva: gli effetti della crisi produttiva italiana del 2014

Impennata dei prezzi prodotta dall’eccesso di domanda nel mondo. Il M5S chiede una maggiore trasparenza nelle etichette degli oli vergini ed extravergini

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
09 febbraio 2015 22:58
L’olio d’oliva: gli effetti della crisi produttiva italiana del 2014

Siena, 09 Febbraio 2015 – In Italia il 2014 ha registrato la peggior campagna di raccolta delle olive a memoria d’uomo. Il calo della produzione dell’olio d’oliva è stato stimato tra il 35 ed il 40% creando uno shock di mercato che ha prodotto conseguenze rilevanti. Tali dinamiche sono state osservate nel Rapporto sull’olio di oliva elaborato all’Area Research e Investor Relations di Banca Monte dei Paschi di Siena. L’analisi si concentra sugli effetti di mercato inquadrandolo dal punto di vista storico, alimentare e dei fondamentali. La situazione attuale desta grande preoccupazione perché non è circoscritta solo all’Italia ma riguarda anche la Spagna, il maggiore produttore d’olio d’oliva nel mondo.

Nel paese iberico il calo di prodotto trasformato è stato di circa il 50%. Visto il grande successo di questa tipica produzione mediterranea nei paesi extraeuropei, in particolare negli USA, dove i consumi sono aumentati a un tasso medio annuo del 10% durante gli ultimi vent’anni, ci si chiede se il prodotto disponibile sul mercato basterà a soddisfare la domanda, che per il 2015 viene stimata dall’International Olive Oil Council (IOCC) in 2 milioni 823 mila tonnellate a fronte di una produzione di sole 2 milioni 393 mila tonnellate nel mondo. Il deficit produttivo atteso ha già determinato una impensabile impennata dei prezzi dell’olio che, da fine 2013, sono raddoppiati.

Su questo fenomeno ha inciso anche la consapevolezza che gli aumenti produttivi attesi in Grecia, Tunisia non riusciranno a compensare i cali in Spagna e Italia. I problemi che hanno afflitto Italia e Spagna sono stati di natura sostanzialmente diversa: nel nostro paese un parassita, la mosca olearia, ha attaccato gli oliveti impedendo la corretta fruttificazione mentre gli iberici hanno visto il loro territorio d’elezione, l’Andalusia, afflitto da una siccità senza precedenti. Ad aggravare ulteriormente la situazione in Italia anche un batterio trovato di recente (Xylella fastidiosa) che sta colpendo gli alberi in Puglia, tanto che il Governo ha deciso di nominare un commissario della protezione civile per far fronte all’emergenza. Il rapporto di Banca Monte dei Paschi di Siena offre un’analisi completa del mercato, partendo dalle origini, passando per le benefiche proprietà alimentari che ne hanno determinato la diffusione nel mondo e discutendo infine delle innovazioni nelle metodologie di coltivazione, come quella superintensiva e delle tecnologie di estrazione. Il confronto tra Spagna e Italia riguarda infatti la modernità che fa degli iberici i principali innovatori di processo e di prodotto a fronte di una tipologia di coltura e di produzione più tradizionale nel nostro paese. L’Italia è il secondo maggiore produttore al mondo di olio d’oliva con 415 mila tonnellate prodotte nel 2013 ma il maggiore consumatore con 620 mila tonnellate nello stesso anno, un’altra grande questione è il tema del commercio dell’olio d’oliva visto che il nostro paese importa gran parte del prodotto necessario a soddisfare il fabbisogno: non sempre i prodotti importati offrono le stesse garanzie qualitative e di tracciabilità del prodotto nazionale, e questo sicuramente è tenuto presente dalle autorità che auspicano un maggiore controllo della filiera in chiave qualitativa. Infine preme sottolineare il fatto che il settore sia considerato strategico a livello dell’Unione Europea: la nuova PAC ha previsto uno stanziamento di 426 milioni di euro all’anno per l’Italia a sostegno di questo e di altri comparti agroalimentari e zootecnici.“E’ indispensabile garantire trasparenza ai consumatori migliorando le informazioni in etichetta dell’olio, a partire dall’introduzione delle date di raccolta e molitura.

Per rientrare nei parametri chimici (acidità e perossidi) e commercializzare l‘olio d’oliva come vergine o extravergine, l’orientamento attuale prevede un tempo tra raccolta e molitura di 24 o massimo 48 ore; ma dall’etichetta di oggi non si evince il fattore tempo. Per questo abbiamo presentato una nostra proposta di legge, a prima firma Gallinella, al fine di recepire il Regolamento UE relativo alle informazioni sugli alimenti ai consumatori, ed inserire maggiori informazioni sulle etichette di oli d’oliva vergini ed extra vergini destinati alla commercializzazione nel territorio nazionale”.

È quanto dichiara Chiara Gagnarli, deputata del Movimento Cinque Stelle e componente della Commissione Agricoltura, che aggiunge: “L’etichettatura europea negli anni si è evoluta e perfezionata, ma mancano ancora delle indicazioni che riteniamo siano necessarie quali le date di raccolta del lotto e di imbottigliamento dell’olio. La maggior parte dei consumatori non sa – prosegue la Gagnarli – che spesso l’olio che si acquista in un determinato anno non proviene dalla campagna di molitura di quella stessa stagione.

Crediamo perciò sia importante sapere esattamente cosa si decide di consumare – conclude la deputata cinquestelle – valutandone anche la qualità, specie in un anno come questo in cui le olive sono state colpite da così tante calamità da portare ad una vera e propria crisi del settore”.

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