'La Bellezza Salvata' inaugurata in Palazzo Medici Riccardi

La mostra "Firenze 1966-2016" in programma dal primo dicembre al 26 marzo 2017

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
30 novembre 2016 22:20
'La Bellezza Salvata' inaugurata in Palazzo Medici Riccardi

FIRENZE– Si chiude il mese dedicato ai 50 anni dall'alluvione di Firenze, e si apre Firenze 1966 – 2016. La bellezza salvata, la mostra curata da Cristina Acidini e Elena Capretti fra gli ambienti monumentali di Palazzo Medici Riccardi, che fa il punto sull'immenso danno subito, sull'enorme lavoro svolto, sulle conoscenze e sulle competenze acquisite, su quanto resta da fare. Del cataclisma che devastò il patrimonio di chiese, musei e istituti culturali a Firenze e in Toscana, la mostra assume il valore di un bilancio, facendo il punto del percorso compiuto, con il distacco e l'obiettività concessi dal tempo trascorso.

La mostra si presenta come un itinerario articolato fra alcuni dei luoghi più colpiti dall'alluvione del '66 (musei, collezioni, biblioteche, archivi, luoghi di culto), e si snoda fra gli ambienti monumentali di Palazzo Medici Riccardi (dove aveva sede nel 1966 il Museo Mediceo, letteralmente annientato dall'acqua), proponendo una selezione di opere e manufatti che unisce la qualità artistica all'interesse storico e documentario. Per rappresentare al meglio le varie tecniche e tipologie, sono state scelte circa 150 opere, fra dipinti, sculture, libri, documenti, oggetti d'arte applicata, strumenti musicali e scientifici, accompagnate da fotografie storiche e alcuni video che documentano i danni e gli interventi di recupero.La diversità delle opere selezionate intende anche svelare realtà meno note, risultati raggiunti fra i meno scontati, tecniche e metodologie di intervento messe a punto e affinate nel tempo, insieme a nuclei collezionistici quasi sconosciuti al grande pubblico.

Alle opere restaurate sono accostate altre ancora in attesa o persino irrecuperabili, almeno per il momento, con l'auspicio che il processo di recupero ormai a uno stadio molto avanzato possa presto concludersi. Un percorso espositivo così vario, ricco e corale (che si rispecchia nel catalogo edito da Sillabe) non sarebbe stato possibile senza i contributi provenienti dai soggetti prestatori, dagli autori dei testi, dai produttori e organizzatori, dai finanziatori e dagli sponsor tecnici, con il coordinamento del Comitato Firenze Toscana 2016 e l'autorevole sostegno dei Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo.

Solo questa generosa volontà collettiva ha permesso di superare i numerosi ostacoli incontrati sul cammino.

A 50 anni dal cataclisma che devastò il patrimonio di chiese, musei e istituti culturali in città e nel territorio, la mostra 'Firenze 1966 - 2016. La bellezza salvata', curata da Cristina Acidini e Elena Capretti, nel Museo Mediceo di Palazzo Medici Riccardi, da giovedì I dicembre fino al 26 marzo 2017, fa il punto sull'immenso danno subito, sull'enorme lavoro svolto, sulle conoscenze e sulle competenze acquisite, su quanto resta da fare. Presentata stamani dal Sindaco di Firenze Dario Nardella e dall'assessore regionale all'Istruzione Cristina Grieco, la mostra è stata inaugurata oggi pomeriggio da Benedetta Albanese, consigliera delegata della Città Metropolitana di Firenze, e dal Presidente della Regione Toscana Enrico Rossi, insieme a Cristina Acidini ed Elena Capretti.

"Palazzo Medici Riccardi ospita significativamente la 'Bellezza salvata' in uno dei suoi spazi che fu tra i più colpiti dall'alluvione: il Museo Mediceo - dichiara il Sindaco di Firenze '''Dario Nardella''' - Siamo immersi in un giacimento culturale che è il più ricco dell'Occidente, di cui questa mostra rende conto. Proprio le opere salvate spiegano l'attrazione solidale che Firenze esercitò nel mondo: la sua bellezza fu avvertita come qualcosa che in un certo senso faceva parte del corredo genetico di ognuno. Trovo importante come nella selezione operata dalle curatrici si sia scelto di dare spazio a tutto il territorio, non solo il capoluogo, che fu investito dalle acque dell'Arno, come anche a ciò che resta da salvare: è un aspetto che si dimentica, ma sono ancora tante le opere da restaurare perché devastate da quella che il poeta Carlo Betocchi definì in versi 'l'empia cavalla della piena'".

Oggi pomeriggio il presidente Enrico Rossi, che del Comitato Firenze 2016 è co-presidente, ha partecipato all'inaugurazione della mostra, in Palazzo Medici Riccardi. "Ci onora aver dato, come Regione, un contributo a questa mostra - ha detto - Grazie a quanti ci hanno lavorato. Questa mostra ha il pregio di mettere in evidenza un lavoro non conosciuto fino in fondo e non abbastanza apprezzato dall'opinione pubblica. Un lavoro oscuro, fatto nell'ombra, nei laboratori. Poter vedere i riusltati di questo lavoro è motivo di grande interesse per il mondo della cultura, del lavoro, delle istituzioni". "E il lavoro di recupero va ancora avanti - ha proseguito Rossi - Con un lavoro conquantennale si è recuperato e restituito alla bellezza e alla godibilità di tutti un patrimonio importante.

Ex malo bonum. Un'immane tragedia, una grande perdita, hanno poi dato un contributo straordinario alla ricerca, alla formazione. L'Opificio delle Pietre Dure ha contribuito a far diventare la Toscana il distretto nazionale del restauro. C'è un'attenzione nuova anche da parte del Ministero, e come Regione Toscana siamo disposti a riprendere questo tema del distretto del restauro. Oggi ci sono le condizioni per ripartire e consolidare Firenze come città del restauro". "Il fatto che gli uomini riescano a risanare le ferite inferte alla bellezza dalla natura e anche dall'incuria - ha concluso Enrico Rossi - ci fa sperare bene anche per il futuro.

Il lavoro di restauro è una disciplina, una religione. Qulacosa si sta muovendo anche per riparare gli argini - ha sottolineato - Il lavoro per mettere in sicurezza la Toscana è un po' come il lavoro di restauro, ogni anno un passo avanti, e nell'arco di 10-15 anni la situazione può cambiare notevolmente".

Promossa da Regione Toscana, Firenze Città Metropolitana, Comune di Firenze e Comitato Firenze 2016, con i fondamentali contributi dell'Opificio delle Pietre Dure e dell'Università di Firenze, prodotta e organizzata da MetaMorfosi con la collaborazione di Opera Laboratori Fiorentini–Civita, La bellezza salvata mette a disposizione quanto fatto e quanto resta da fare. Un monito perché nessuno dimentichi e un messaggio di questa esperienza per chi non la visse, giovani e giovanissimi di oggi. Proprio a loro in particolare si è rivolta l'assessora all'istruzione e formazione Cristina Grieco durante la conferenza stampa di presentazione di stamani: "Questa bella mostra, che la Regione è orgogliosa di avere contribuito a realizzare, è l'occasione per tanti di poter osservare da vicino quanto uno sforzo titanico venuto da tutto il mondo fu messo in atto per salvare il patrimonio di una delle riconosciute capitali della cultura.

Come giusto, si fa vedere anche quanto resta da fare, perché il disastro fu talmente immane, e tanto fu colpito di un tesoro immenso, che ci resta sulle spalle un compito grande e impegnativo da terminare". "La Regione farà ogni sforzo per portare quante più studenti possibile a visitare questo imperdibile appuntamento – ha aggiunto Grieco – perché ritengo che La bellezza salvata porti in sé un messaggio che va decifrato alle giovani generazioni, mentre tanto parliamo di sbocchi scolastici e future professioni, che parla di possibilità e di impegni professionali ancora vivi nel settore del recupero artistico e museale.

Un messaggio che va sviluppato, concretizzato in politiche di orientamento professionale capaci di essere convincenti e invitare a scelte che poi però devono trovare risposte certo cariche di passione, ma anche di soddisfazioni capaci di soddisfare i bisogni di vita".

La mostra si presenta come un itinerario articolato fra alcuni dei luoghi più colpiti dall'alluvione del '66 (musei, collezioni, biblioteche, archivi, luoghi di culto), e si snoda là dove aveva sede nel 1966 il Museo Mediceo, letteralmente annientato dall'acqua, proponendo una selezione di opere che unisce la qualità artistica all'interesse storico e documentario. Per rappresentare al meglio le varie tecniche e tipologie, sono state scelte circa 150 opere, fra dipinti, sculture, libri, documenti, oggetti d'arte applicata, strumenti musicali e scientifici, accompagnate da fotografie storiche e alcuni video che documentano i danni e gli interventi di recupero.

'''Le sezioni della mostra'''Con tale filo conduttore, l'itinerario apre con i Musei e le Collezioni, custodi di opere eccelse. Fra le vittime dell'alluvione, in particolare i grandi musei furono guardati con particolare apprensione da tutto il mondo: l'allora Galleria degli Uffizi, richiamata in mostra da marmi di arte romana e un grande arazzo secentesco delle manifatture granducali, opere un tempo poste al pianterreno o nei depositi; il Museo Nazionale del Bargello, che propone esemplari pregevoli dell'Armeria (fra cui alcuni inediti), in gran parte restaurata a Vienna; il Museo Archeologico, la cui devastazione ma anche il conseguente recupero è testimoniato da due capolavori etruschi unici al mondo: la Mater Matuta, e Cinerario di Montescudaio.Le splendide medaglie dorate celate nella tomba dell'ultimo granduca Medici, Gian Gastone, rinvenuta solo di recente nei sotterranei delle Cappelle Medicee con il suo tesoro ancora infangato, ci ricorda quel patrimonio sotterraneo che ancora riserva sorprese.Nella rete dei civici, il Museo Bardini, situato in prossimità dei lungarni, fu uno dei più colpiti.Insieme all'imponente modello ligneo di San Firenze, progettato da Pierfrancesco Silvani, il confronto stridente fra un liuto, con i segni della devastazione ancora ben evidenti, e un mandolino restaurato (entrambi parte della prestigiosa collezione di strumenti musicali di Stefano Bardini) dà la misura, da un lato, del disastro e, dall'altro, del sapiente lavoro svolto.La fitta e variegata trama dei musei fiorentini annovera piccole e preziose raccolte pubbliche e private come il Museo della Fondazione Horne, che attraverso due importanti sculture di Agnolo di Polo e Jacopo Sansovino, di primo Cinquecento, ricorda il lungo intervento di ripristino e il conseguente riallestimento dell'intero museo.Santa Croce e il complesso dell'Opera del Duomo, aprono la sezione dedicata ai Luoghi di Culto, che si snoda attraverso quattro sale.

Con le loro opere d'arte questi due scrigni d'arte di Firenze sono diventati un banco di prova dell'emergenza e un'officina del restauro a livello internazionale. Tre dei raffinati 58 corali miniati dell'Opera del Duomo, testimoniano, nonostante le ferite inferte dall'alluvione, l'impegno e le competenze profusi nel salvare di questa raccolta dalla sua perdita.Fra i dipinti di Santa Croce spiccano, nell'itinerario proposto, due grandi tavole di Carlo Portelli e Giovan Battista Naldini, il cui recente restauro viene presentato in questa occasione con risultati stupefacenti, come testimoniano le fotografie scattate prima degli interventi: per entrambe si tratta della prima esposizione dopo dieci anni di lavoro.Dalla Comunità Ebraica proviene una raffinata selezione di diverse tipologie di oggetti liturgici (fra cui argenti, eleganti tessuti e un raro rotolo alluvionato della Torà) posti nel Tempio Maggiore al momento della tragedia, quando l'acqua ha divelto le porte ed è entrata raggiungendo i due metri.Altre opere, appartenenti a luoghi di culto della città e del suo territorio, portano ancora evidenti i segni impressi dal diluvio, come la pala con la Trinità di Neri di Bicci nella chiesa di San Niccolò in Oltrarno, situata nel cuore della città, o quella con la Madonna col Bambino e santi di Francesco Botticini (divenuta simbolo della mostra) in Sant'Andrea a San Donnino, nella zona periferica di Campi Bisenzio, dove nel '66 l'acqua raggiunse i 6 metri di altezza.Singolari alcune storie come quella del San Pietro in cattedra del Maestro della Santa Cecilia, capolavoro del primissimo Trecento (datato 1307) in Santi Simone e Giuda, che all'indomani dell'alluvione venne ricoverato prima nella Limonaia di Boboli e poi alla Fortezza da Basso per il restauro.

In questa fase fu smontata la cornice sul margine inferiore che andò dispersa. Due porzioni mancanti sono state di recente rintracciate e in questa sede esposte, in vista di un prossimo ricongiungimento alla tavola d'origine.La Carta è certo il settore più vasto del patrimonio culturale colpito dall'alluvione del 1966, in particolare presso la Biblioteca Nazionale Centrale, l'Archivio di Stato, allora ancora ospitato nel palazzo degli Uffizi, e presso gli archivi di privati e di enti vigilati dalla Soprintendenza archivistica per la Toscana, nonché nelle biblioteche storiche come il Gabinetto Vieusseux a Palazzo Strozzi, dove il 90% del patrimonio librario storico venne sommerso nei sotterranei.Libri a stampa, legature, documenti, manoscritti, codici, disegni, pergamene, insieme a significative documentazioni fotografiche, offrono la possibilità di ripercorrere le fasi del complesso recupero da parte dei vari istituti e dei proprietari.

Il lavoro svolto è illustrato dal confronto efficace fra il materiale che reca ancora ben evidenti gli effetti (talvolta irreparabili) del danno e quello che invece è stato ripristinato. Strumenti e materiali messi a disposizione della Biblioteca Nazionale presentano il processo di restauro.Anche il settore delle Raccolte scientifiche venne colpito dall'alluvione del 1966, a cominciare dal Museo di Storia della Scienza (oggi Museo Galileo) affacciato sull'Arno. Le sale al pianterreno dedicate al corpo umano sono richiamate in mostra con strumenti chirurgici e un modello didattico settecenteschi.

Meno nota, ma di recente portata all'attenzione del grande pubblico, è la collezione di modelli di macchinari appartenenti alla Fondazione Scienza e Tecnica: a lungo dimenticati sono stati oggetto di una campagna di studi e di restauri dagli anni Ottanta del secolo scorso.Un particolare pensiero in chiusura va agli "Ultimi", ancora in attesa di una possibilità di riscatto. Il lavoro sinora fatto è immenso ma purtroppo, ci sono ancora dipinti (tavole, tele, affreschi, sinopie), sculture, arredi ecclesiastici provenienti da chiese della città e del territorio, ancora nei depositi o presso gli istituti di restauro.

Proponendo in questa sede una significativa selezione, si intende portare l'attenzione su queste opere, che rischiano di essere dimenticate, con l'intento di incoraggiare adeguati finanziamenti e interventi.

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