Kedi, la città dei gatti

Dopo aver incantato il mondo con la sua magia e la sua grazia, dal 22 maggio nei cinema di Firenze e della Toscana arriva il documentario sui gatti di Istanbul

Elena
Elena Novelli
26 aprile 2018 07:59
Kedi, la città dei gatti

Secondo alcuni scienziati non siamo noi ad addomesticarli, ma sono loro a farlo con noi, perché a differenza degli altri animali che danno qualcosa in cambio del cibo, noi offriamo ai felini coccole, vitto e alloggio in cambio di nulla.

Vedendo Kedi gli studiosi cambieranno idea: il 22 maggio i gatti turchi invaderanno le sale toscane, e di tutta Italia, dimostrando che si’ sono loro a sceglierci, ma anche a regalarci qualcosa che va aldilà di qualsiasi definizione, qualcosa non facile da descrivere. Il documentario della regista Ceyda Torun mette a fuoco proprio questi sentimenti, le sensazioni di coloro che entrano in contatto con i felini e come le loro esistenze cambino per sempre.

Chiunque sia stato a Istanbul sa che i gatti spadroneggiano per le strade, e il loro sguardo si posa sui turisti benevolo come quello di chi la sa lunga, perché se è vero che hanno sette vite, la nostra deve apparir loro un sogno, che si leva all’alba col muezzin della moschea blu, e tra il chiasso dei mercati e i profumi delle spezie si perde nei riflessi dorati di un tramonto sul Bosforo. Ma per quanto senza senso possa essere la vita, ognuno trova il suo - ci mostra la regista - grazie alla presenza di un gatto che con la sua discrezione ci insegna a prenderci cura della nostra anima.

Nei settanta minuti di questo incredibile documentario ne incontriamo sette, ma la sensazione è di averne conosciuti molti di più, e insieme a loro i padroni che ci raccontano come abbiano superato un brutto momento, una malattia, la solitudine, la disgrazia, o come qualcuno sia arrivato a Dio.

E’ così che facciamo conoscenza con Csari, una soriana rossa e bianca che vive vicino alla torre di Galata ed ha una missione: procurarsi il cibo per lei e i suoi cuccioli. Anche se viene cacciata dai caffè e dai ristoranti della zona, con la sua tenacia trova alleati affezionati, come una negoziante che ci racconta che la gatta resta per ore a fissare i clienti fino a quando non ottiene da mangiare.

Bengü, soriana grigia, vive invece in un quartiere di produzioni industriali. Morbida, tenera e coccolona conquista i cuori di tutti gli operai del vicinato facendo rumorosamente le fusa ovunque vada.

Lungo le rive del Bosforo, un famoso ristorante di pesce ha un guardiano: Aslan Parçasi, che significa leoncino. Dal pelo lungo bianco e nero, la sua mansione è quella di tenere lontani i topi, guadagnandosi così la gratitudine del vicinato.

C’è poi Psikopat, a pelo corto bianco e nero, che vive a Samatya, una delle zone più vecchie della città. Nel ritmo lento di una sala da tè, si guadagna il rispetto dei venditori e dei pescatori, e persino dei cani randagi. Non teme nessuno, tiene lontano i rivali dal suo territorio e tutti la rispettano. Lei è...la dura del quartiere! Il giocherellone del gruppo è Deniz, che passa le sue giornate facendosi coccolare dai venditori e dai clienti del mercato biologico locale. Si arrampica sulle tende da sole, disturba gli altri gatti, gioca dietro le bancarelle, si addormenta tra le scatole di tè...insomma è la mascotte del mercato.

Ma non fatevi ingannare dal muso innocente di Gamsiz: è un abile lottatore, non c'è albero che non possa scalare o balcone che non possa raggiungere, nessun essere umano che non possa affascinare e nessun gatto che non possa battere.

Infine Duman vive in uno dei quartieri più eleganti di Istanbul. Affezionato ai gestori di un ristorante della zona, sa bene che non può entrare nel locale, così aspetta pazientemente fuori, fissando i camerieri finché non gli portano il suo pranzetto a base di carni affumicate e formaggi. Nonostante il cibo prelibato, continua però a rovistare nei cassonetti, dimostrando che non importa quanto possa essere elegante, resta pur sempre un gatto di strada.

In più di due mesi di riprese i filmmaker hanno progettato e sperimentato delle vere e proprie macchine fotografiche per gatti e li hanno seguiti nei vicoli e negli scantinati. Con droni li hanno filmati sugli alberi e sui tetti, per catturare l’unicità dei loro percorsi e l’universalità delle proprie storie.

“Il film - spiega la regista - è una lettera d’amore ai gatti, a Istanbul, e al rapporto che con essi hanno gli abitanti della città”.

Chi ama i felini non può perdersi questo documentario, a meno che non abbia paura di specchiarsi nei loro occhi.

di Elena Novelli

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