Infrastrutture a rischio: dopo Genova non fanno paura solo i ponti

Il crollo del ponte Morandi ha acceso i riflettori sulla manutenzione ordinaria e straordinaria delle infrastrutture nazionali. L'associazione fiorentina Idra accende il riflettore nelle gallerie della TAV

Antonio
Antonio Lenoci
01 ottobre 2018 10:54
Infrastrutture a rischio: dopo Genova non fanno paura solo i ponti

Il crollo del ponte Morandi di Genova porta l'Associazione Idra di Firenze, a rilanciare l'allerta sulla tratta ferroviaria ad Alta Velocità, realizzata tra il capoluogo toscano e la città di Bologna

Girolamo Dell'Olio, portavoce di Idra, ha ottenuto - nei prossimi giorni - un incontro con il Prefetto di Firenze, Laura Lega, per avere chiarimenti e rassicurazioni in merito alle garanzie fornite dall'infrastruttura lungo i 60 km di gallerie monotubo della linea inaugurata nel dicembre 2009."Un primo documento critico risale al 1998 - ricorda Dell'Olio - ed è firmato dal Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Firenze che così si esprimeva: "Si nutrono seri dubbi sulla rapidità ed efficacia dei mezzi di soccorso".

Da allora non sono mancati, tra Firenze e Bologna, disservizi con conseguenti disagi per gli utenti: già dopo l’inaugurazione del 2009, fino ad arrivare, uno dietro l’altro, a guasti tecnici in galleria datati 17, 22 e 27 luglio 2017, ed ancora 3 marzo 2018". “Osserviamo - mette in evidenza Dell'Olio - che in tutte queste occasioni si è privilegiata la scelta del ripiego sulla Direttissima Bologna-Prato, dove i treni regionali sono finiti in coda, o del traino con locomotori di emergenza, a costo di esporre centinaia di passeggeri a soste prolungate sotto terra anche al buio e senza aria condizionata, piuttosto che farli evacuare lungo le cosiddette “uscite di sicurezza”.

Perché?C'entrano qualcosa i marciapiedi da percorrere per chilometri in fila indiana prima di raggiungere le uscite di sicurezza, con cunicoli lunghi fino a 1550 metri e con pendenze fin oltre il 13%? Oppure scenari come la galleria di Monte Bibele, in Emilia, dove la distanza fra la finestra di salvataggio e l’imbocco risulta essere di 5887 metri?".

"Le tragiche esperienze vissute in Toscana, dagli attentati all’Italicus (1974) e al Rapido 904 (1984) nella galleria della Direttissima sotto l’Appennino alla strage di Viareggio nel 2009, dal disastro del Moby Prince a Livorno nel 1991 al naufragio della Costa Concordia al Giglio nel 2012, non suggeriscono – sostiene l’associazione ecologista fiorentina - di sottovalutare le criticità apparentemente presenti in quello che lo stesso documento istituzionale consultato da Idra definisce “il tratto di rete strategicamente più importante dell’intero sistema ferroviario (…) quella che concentra in poche decine di chilometri il maggior numero di difficoltà”.

 A preoccupare il team messo insieme da Idra sono proprio le caratteristiche costruttive ad oggi conoscibili come distanze, vie di fuga e pendenze, ma anche alcune note critiche sugli spazi interni di manovra e l'accessibilità dei mezzi di intervento chiamati a prestare soccorso in caso di necessità, che rilevano invece da documenti in possesso dell'Associazione.Dell'Olio spiega: "In un atto istituzionale si legge che, per garantire l'esodo, occorrono vie di uscita di tipo carrabile ogni circa 4 km.

Il requisito non risulterebbe rispettato in ben 6 gallerie di Monte Bibele, Raticosa, Firenzuola e Vaglia". Ed ancora: "Sempre in merito alle uscite, risultano situazioni in cui il percorso pedonale si sovrappone a quello veicolare, come all’interno del cunicolo di Vaglia, dove l'incrocio tra due veicoli di soccorso, invadendo il percorso pedonale, lascerebbe appena 25 centimetri di spazio fisico per i pedoni. Da qui deriva che la dimensione delle strade non consentirebbe la movimentazione dei veicoli".

Ma passaggi che per Idra necessitano approfondimenti sono anche quelli - registrati negli atti istituzionali - inerenti l'alimentazione dell'impianto di illuminazione e la predisposizione delle prese d'aria."Nel corso degli anni - ricorda Dell'Olio - abbiamo prodotto numerosi documenti sullo stato di avanzamento dei lavori e, senza tornare sul caso della tenuta idrogeologica del versante appenninico dove si sarebbero poi riscontrati impatti irreversibili su sorgenti, pozzi e torrenti, ad attirare la nostra attenzione è adesso nuovamente, con quello che Genova insegna, la progettazione delle vie di fuga dal tunnel, finestre intermedie poste a distanze reciproche che in quasi la metà dei casi non risulterebbero soddisfare i requisiti del decreto ministeriale sulla sicurezza delle gallerie ferroviarie di lunghezza superiore a 1000 m, e che forse erano state concepite come finestre di cantiere e poi convertite in uscite di sicurezza".“All’Associazione, tuttavia, potrebbero essere sfuggiti - sostiene cautelativamente Idra - i provvedimenti che hanno eventualmente posto riparo alle mancanze segnalate dalle autorità pubbliche chiamate al controllo preventivo dell'opera.

Una commissione competente così scriveva, infatti, poco prima che l’opera venisse inaugurata: "La messa in esercizio, nelle more della integrazione del Piano di adeguamento e realizzazione dei conseguenti interventi, potrà avvenire sotto la responsabilità del Gestore, e dovrà tener conto delle prescrizioni". Si è poi tenuto conto delle prescrizioni?”. Da questo deriva la richiesta di accesso agli atti per tramite della Prefettura di Firenze. Oltre all'incontro ottenuto con il Prefetto di Firenze, Idra ha inviato un nuovo dossier anche al Prefetto ed alla Protezione Civile di Bologna, è intenzionata oggi, all'indomani del caso Genova, a conoscere "le modalità con le quali sono state svolte le esercitazioni di soccorso ed i risultati dei test eseguiti sotto l’Appennino", e chiede inoltre di sapere "se sia stato previsto di mettere in atto misure di sicurezza alternative idonee a compensare il rischio intrinseco, apparentemente non sanabile, derivante dalle caratteristiche della progettazione".

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