Il "nuovo" Pecci si presenta alla città

Contaminazione fra le arti, e dialogo con la città, fra i punti cardine del programma di Cavallucci.

05 maggio 2014 20:16
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PRATO - Il Centro per l'Arte Contemporanea Luigi Pecci cambia volto, e si presenta alla città con la nuova struttura che amplia gli spazi espositivi già esistenti. Si tratta di un cambio di volto non soltanto estetico, ma anche concettuale, nella gestione del rapporto fra il Centro e la città, un rapporto che, spiega il nuovo direttore artistico Fabio Cavallucci, deve basarsi essenzialmente sul dialogo e il confronto con la cittadinanza. Il Pecci è infatti un Centro, non un museo, e in questo senso deve svilupparsi anche come area didattica, con seminari, laboratori, incontri. Strategico, nel programma del nuovo direttore, la contaminazione fra le diverse discipline artistiche, facendo incontrare le arti visive con la musica, il teatro, il cinema, assecondando quella direzione performativa delle arti che già tanti artisti nel mondo stanno seguendo. Ad avvicinare il pubblico sia alle mostre sia alla collezione permanente, saranno utilizzate anche le nuove tecnologie interattive.

In linea generale, l'arte contemporanea ha urgente necessità di ripensare sé stessa, uscendo dal tradizionale circuito artista-museo-collezionista, per provare a dare risposte a quelle domande che agitano il sentire quotidiano dell'uomo della strada. Le opere di un museo devono sapersi relazionare con la realtà esterna, creando una sorta di filo diretto fra l'uomo e l'arte, per capire cosa si aspetta il primo, e quali domande si pone. Un atteggiamente che, se veramente implementato, rivoluzionerà alla radice quello che è stato fino ad oggi, nel bene e nel male, l'approccio auto-referenziale del Pecci.

Inoltre, tenere il passo con la contemporaneità è la missione principale del Centro, che acquista un significato più ampio in una città come Prato, che ancora oggi resta all'avanguardia nella ricerca industriale del comparto tessile. Parallelamente, deve esserci anche una ricerca artistica del contemporaneo, che però sia legata alla città e alla Toscana; in questo senso, il ruolo di Museo Regionale che il Pecci riveste da quest'anno, si potrà sviluppare sulla connessione con altre istituzioni culturali della regione.

Un programma, quello di Cavallucci, che potrà forse scuotere davvero un'istituzione troppo a lungo ingessata dalla burocrazia e dalla politica. Per adesso, l'interesse della città è stato catturato dalla nuova struttura progettata dall'architetto sino-olandese Maurice Nio, a proposito della quale, afferma l'attuale curatore Stefano Pezzato, nessun architetto italiano avrebbe saputo realizzare qualcosa che avesse altrettanta arditezza. Forse, se invece di affidare l'incarico a Nio dietro semplice nomina, si fosse proceduto attraverso un bando che avesse data possibilità di partecipare anche agli architetti italiani, ci sarebbe stata anche per loro la possibilità di esprimersi. Anche perché, la Biennale d'Architettura del 2012 ha vantato uno dei migliori Padiglioni Italia degli ultimi venti anni, per cui questo significa che i talenti del settore ci sono anche nel nostro Paese. Basta solo la volontà di farli lavorare e l'intelligenza di saperli cercare.

Tecnicamente, spiega Nio, la nuova struttura del Pecci va ad "abbracciare" un edificio che richiama, in un certo senso il palazzo imperiale di Tokio, anch'esso circondato da strade e giardini, e dove non è facile individuare l'ingresso principale. Il semi-anello esterno, in un certo senso ridisegna la prospettiva del Centro, accostando la sua fluidità strutturale a quella ortogonale dell'edificio già esistente. Il "problema" del Pecci, secondo Nio, era quello di essere uno spazio monofunzionale, senza una propria personalità, e l'obiettivo del progetto stava nel dargli un carattere ben definito.

In questo senso la torre che spicca sul semicerchio, ancora in fase di ultimazione, dovrà essere il simbolo del nuovo corso, intesa come una sorta di antenna che capta le radiazioni creative emesse dalla città. E se il Pecci riuscirà nel suo intento di dialogare con Prato, sicuramente riuscirà nell'intento di interpretare il sentire della città. Le sculture originali del parco saranno presto ricollocate nella loro posizione, e dalle vetrate delle nuove sale si potrà vederle. Anche questa una novità, perché solitamente gli edifici dei musei non sono progettati per guardare l'esterno, e farne parte del percorso interno.

Nio, quindi, porta a Prato la sua concezione dell'architettura, che sostanzialmente mira a conferire armonia e bellezza agli spazi non ben definiti, e che per questo diventano oggetto di degrado. Molti i suoi progetti di riqualificazione di elementi urbani olandesi, quali incorci, tunnell, fermate degli autobus, che ha saputi rendere accoglienti e vicini all'uomo. La bontà dell'idea è testimoniata dal fatto che sinora, nessun atto di vandalismo ha deturpati quei luoghi.

L'attesa per il nuovo Pecci è tanta, la città segue con interesse le tappe della riapertura, e c'è fiducia che il Centro possa finalmente integrarsi con Prato, uscendo una volta per tutte dalle logiche della cattiva gestione, anche influenzata dalla politica, che ne ha sinora condizionato il pieno sviluppo.

Nella foto, il cantiere della nuova struttura progettata da Nio.

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