George Tatge: "ecco la mia 'Italia Metafisica'"

In mostra a Villa Bardini 66 opere fotografiche esposte dal 22 febbraio al 22 marzo

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
21 febbraio 2015 21:09
George Tatge:

‘Italia Metafisica’ di George Tatge: una mostra di segni, simboli e geometrie sacre, ispirate dall’Italia ‘costruita’, marcata e modificata dall’intervento umano. E’ allestita dal 22 febbraio al 22 marzo a Villa Bardini per iniziativa della Fondazione Bardini Peyron dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze col patrocinio del Comune di Firenze e la collaborazione del Consiglio Regionale della Toscana nell’ambito della Festa della Toscana e il contributo di BassmArt, del gruppo Bassilichi.

Il curatore è Diego Mormorio. Per l’occasione la visita all’esposizione è gratuita col pagamento, a prezzo ridotto, del solo ingresso alla villa dove sono visitabili anche i musei Annigoni e Capucci e la terrazza panoramica. La presentazione alla stampa è avvenuta stamani alla presenza dell’autore, del Segretario generale della Fondazione Bardini Peyron Marcella Antonini, del Responsabile dell’Ufficio di Gabinetto del Presidente del Consiglio Regionale Francesco Pacini, della Storica della fotografia e Vice Presidente della Società Italiana di Studi della Fotografia Monica Maffioli.

Nelle 66 immagini esposte vediamo non solo l'architettura, ma anche edifici minori e manufatti di ogni tipo che l’uomo lascia dietro di sé. Metafore e misteri dell'abitare temporaneo nei luoghi, e dell'inevitabile passaggio oltre. Dopo la mostra ‘Presenze-paesaggi italiani’, inaugurata sempre a Villa Bardini nel 2008 e dedicata alle trasformazioni del paesaggio italiano, Tatge ci propone una nuova serie di fotografie, anche questa volta scattate in giro per l'Italia, sul tema delle tracce che l’uomo genera e produce, talvolta abbandona.

Il rapporto tra natura e uomo lascia il posto a un solo protagonista, l'uomo, e ai suoi interventi sul territorio, con tutti i significati sociali, industriali e religiosi che comportano. Che si tratti di rigorose costruzioni di epoca romana o di anonimi condomini nelle periferie urbane, di imponenti chiese rinascimentali o di desolanti fabbriche dismesse, Tatge vede fondamentalmente una traccia, un'impronta profonda, talvolta nascosta. Ecco allora frammenti di realtà, giustapposizioni bizzarre e surreali, aperte, grazie all’ambiguità del contenuto, all’interpretazione di chi guarda.

Alcuni spazi possono ricordare le visioni dei pittori che hanno lavorato nel primo Novecento, ma in questo lavoro il termine Metafisico sottolinea l'utilizzo di un luogo fisico per esprimere un concetto astratto o un particolare stato d’animo. L’attenzione dei Surrealisti per i simboli, per l’inconscio e per la complessità della psiche s’incontra anche in altre immagini di Tatge. La sua poetica dello sguardo pone poesia e fotografia sullo stesso piano, in quanto entrambe arti del frammento.

Nell’ambito della mostra viene proiettato il film ‘Light and Silver, The Photographic Life of George Tatge’ del regista italo-canadese David Battistella, con musiche di William Tatge, un compositore e musicista con base a New York e figlio di George. Dopo Villa Bardini la mostra sarà trasferita in varie città, come è avvenuto per ‘Presenze’ che è stata esposta a Trieste, Perugia, La Spezia, Roma e a Parigi. La rassegna è accompagnata da un libro pubblicato da Contrasto, con testi di Diego Mormorio e Carlo Sisi.

L’Italia di Tatge, osserva Mormorio, è un Paese ‘’di tracce eclatanti, ma anche di piccoli segni indubitabilmente italiani, per i quali il fotografo, già da tempo, ha mostrato una sensibilità particolare, un tocco da maestro. Ricordo, perché indimenticabili, ad esempio, i suoi orti. Bellissimi, odorosi quasi. Piccoli e ricavati fra le pieghe, ma che sembrano invitarci a camminarci in mezzo, mentre purtroppo ci tocca solo accarezzarli con l’occhio, da lontano, attraverso la fotografia.

Una volta visti, però, questi orti di Tatge, li si andrà un po’ a cercare, così come forse si potrà andare a cercare – e trovare – la luce che passa attraverso la Porta Etrusca di Perugia nella fotografia che in questo libro è quasi all’inizio. In questo modo, dalle immagini, oltre che un invito – o meglio, una serie di inviti – noi riceviamo una promessa. Dalla voce di una dea sconosciuta, ci sembra di udire: ‘Potrete andare lì, dove già siete. Ricordatevi di annaffiare le piante e di accarezzare con la mano le pietre’’’.

‘’La sequenza delle fotografie di Tatge – scrive nel catalogo Carlo Sisi - ci appare nel definitorio e trasfigurante bianco e nero cui il maestro ci ha da tempo abituati. Mi sembra che il significato di questo viaggio italiano manifesti davvero la convinzione poetica che l’antico, il moderno, il futuro convivano in unità creative di appartato coinvolgimento e che il deposito figurativo della storia debba essere usato come eredità, come un materiale da inventare, perennemente nuovo. Per questo i brani di città e di paesaggio, estratti come fossero parole espressive da una celebre pagina per consegnarle all’enigma metafisico dell’estraniamento, riassumono effettivamente la poetica e la tecnica di George Tatge: anticonvenzionale esteta della marginalità, archeologo delle nostre recenti sconfitte, ‘artiere’ (come piaceva al Novecento metafisico) di una realtà immaginata e vera a un tempo’’.

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