​Festa della Toscana: Non deve finire mai la battaglia per i diritti

La Festa della Toscana è stata istituita nel 2001 dalla Regione Toscana per ricordare l’editto del Granduca Leopoldo del 30 novembre 1786 che aboliva la pena di morte

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
30 novembre 2018 14:38

 Nel suo intervento alla seduta solenne del Consiglio regionale al teatro della Compagnia, il presidente della Regione Enrico Rossi ha subito voluto legare il senso della rievocazione storica alle urgenze della realtà odierna: "La battaglia per i diritti non finisce mai, c'è sempre il rischio di tornare indietro. Questo è uno dei motivi per cui oggi siamo qui a celebrare la festa della Toscana". E lo ha fatto anche dando risposta alle parole dei rappresentanti dell'associazione di diversamente abili ‘Vita indipendente', presenti in teatro.

"Sono solidale con la vostra battaglia – ha detto – per il pieno diritto ad organizzare la vostra vita. C'è un vuoto su questo tema di grande rilevanza sociale, un vuoto a livello nazionale e anche europeo. Ricordo due cifre – ha sottolineato- : la Toscana destina 9 milioni a sostenere i progetti di vita indipendente, il governo 15 per tutta Italia, sono cose che i cittadini devono sapere. Noi andremo vanti con le nostre scelte e le nostre risorse, ma mi aspetto che qualcuno in Parlamento si alzi per dire che quei 15 milioni devono diventare 150".

Il presidente ha proseguito il suo intervento rivendicando il valore che questa giornata, istituita dal 2001, che ricorda l'abolizione da parte del granduca Pietro Leopoldo di Asburgo-Lorena della pena di morte in Toscana nel 1786, per la prima volta nel mondo. "E' importante leggere l'articolo 51 del codice penale leopoldino e riflettere sulle parole che vi si trovano: si parla di ‘correzione del reo figlio anch'esso della società e dello stato' e per spiegare la scelta di abolire la pena capitale si invoca la ‘maggiore dolcezza e docilità di costumi, specialmente nel popolo toscano'.

Responsabilità dello Stato, quindi, dolcezza e docilità: non sono un richiamo forte alla politica e ai linguaggi pubblici di oggi? Siamo orgogliosi di quelle parole, di quell'idea di una giusta proporzionalità della pena, di un'idea di giustizia secondo principi di razionalità e umanità: è lo Stato che deve garantire la sicurezza dei cittadini ed lo Stato che deve avere il monopolio dell'uso legale della forza".

Il ragionamento del presidente Rossi è proseguito mettendo in luce i tratti dell'azione di governo lorenese che hanno segnato l'immagine e lo spirito pubblico della Toscana, sull'onda lunga che nasce dall'Umanesimo e dal Rinascimento. "L'opera di Pietro Leopoldo fu ispirata a una visione di policentrismo e pluralità, in contrasto con l'asimmetria tra Firenze e le altre città toscane coltivata precedentemente dai Medici. Fu un'azione che si nutrì anche delle riflessioni del Machiavelli sulla necessità di domare la ‘fortuna'. In questa tradizione, insomma, si ritrova il filo rosso del riformismo toscano, realista ma anche ambizioso. Un riformismo che si avvalse del contributo di tanti intellettuali di respiro europeo, da Giulio Rucellai a Pompeo Neri, da Francesco Maria Gianni ad Angelo Tavanti."

"Il riformismo lorenese – ha proseguito - fu la manifestazione concreta di una politica che sapeva ascoltare, si pensi alle ‘deputazioni', commissioni speciali di esperti che dovevano preparare e presentare memorie, e poi decidere e realizzare: ricordo le grandi opere pubbliche, le bonifiche, il riassetto idrogeologico, le grandi infrastrutture portuali e ferroviarie, con Leopoldo II, che modernizzarono la Toscana creando lavoro e combattendo la fame".

"Nel complesso – ha sintetizzato Rossi – la Toscana dei Lorena ci consegna un'eredità ricca e importante. È a questo modello che in primo luogo mi piace pensare riflettendo sull'identità della Toscana. Una tradizione di buon governo, che fa proprie le migliori idee proprie della stagione umanistica e di quella illuministica. Il senso profondo di un'identità che convive con la pluralità e la diversità, che si arricchisce degli influssi e degli apporti esterni. Una radicata e profonda idea di umanità, di giustizia, di razionalità nel governo delle cose umane.

Un realismo che, consapevole della debolezza e della fragilità della condizione umana e della mutevolezza della fortuna, non rinuncia a lottare per un mondo più equo e umano. È qui – ha concluso - che dobbiamo ritrovare l e radici autentiche della nostra storia".Lo squillo delle chiarine del Comune di Firenze e l’inno di Mameli hanno aperto, questa mattina 30 novembre, al teatro La Compagnia, la seduta solenne del Consiglio regionale, dedicata alla Festa della Toscana sul tema “Dai Medici ai Lorena: il Granducato di Toscana, faro di civiltà per l’Europa”.

“La Festa della Toscana rappresenta una solenne occasione di riflessione sulla dignità dell’essere umano - il presidente dell’Assemblea regionale Eugenio Giani legge il messaggio inviato dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella - Questa iniziativa nel segno del contrasto alla pena capitale e ai trattamenti inumani o degradanti intende celebrare la secolare identità della Regione che affonda le sue radici nelle libertà comunali, confermandone la vocazione all’impegno per superare ogni discriminazione a tutela dei diritti inviolabili della persona”. “La straordinaria scelta di civiltà del Granduca - continua il messaggio - costituisce ancora un punto di riferimento al quale la Toscana si ispira per alimentare quel patrimonio di virtù civili testimoniato dalla sua storia”.

Il presidente Giani si è poi rivolto ai numerosi giovani in platea, invitando le nuove generazioni a trasmettere i valori fondamentali della Festa. “In Toscana, noi siamo stati i primi ad abolire la pena di morte nel mondo, ma oggi è solo in 106 Stati su circa 200 - ha detto Giani - che la pena di morte è stata abolita, ve ne sono altri 47 in cui la pena capitale è nell’ordinamento e questi coprono più della metà della popolazione mondiale”. Giani ha precisato che “nel mondo sono più di 4mila le condanne a morte che vengono eseguite” e che “dei quasi 7 miliardi di persone nel mondo più della metà vivono in Paesi in cui ancora c’è la pena di morte”.

Il presidente ha ricordato l’omaggio, reso questa mattina al cimitero di Cascina dove ha deposto una corona di fiori alla tomba di Greg, ucciso nel braccio della morte in Texas. L’uomo aveva espresso come sua ultima volontà, quella di essere sepolto a Cascina, un luogo che non conosceva la pena di morte. A Cascina era presente, fra gli altri, il consigliere segretario dell’ufficio di presidenza Antonio Mazzeo.

Passando la parola all’ospite d’onore della giornata, al presidente del Parlamento Europeo Antonio Tajani, Giani ha ribadito che “la Toscana ha sempre guardato all’Europa come soggetto che può interloquire con il mondo e che può darci quel respiro per esprimere i nostri valori”.

“L’Europa - è intervenuto Tajani - è l’unico continente al mondo dove non esiste la pena di morte, questo significa difendere la libertà. Siamo contro la pena di morte non perché siamo più morbidi nei confronti di chi ha commesso reati gravissimi; chi ha compiuto reati gravissimi è giusto che sconti la pena fino alla fine dei suoi giorni; siamo contro la pena di morte perché anche il peggior assassino e delinquente deve aver la libertà nella sua vita di potersi pentire, di poter cambiare”.

“La Festa della Toscana - ha concluso Tajani - è una festa di libertà e la Toscana è una terra di libertà. Leonardo Da Vinci regalava il sogno di essere liberi, gli stessi artisti toscani, che hanno rappresentato la storia di questa terra da Michelangelo a Brunelleschi, da Puccini alle intelligenze più nuove come Ernesto Piaggio, inventore della Vespa, sono tutti elementi che identificano la Toscana e la sua libertà”.

Il presidente Giani ha poi invitato sul palco il presidente della Regione Enrico Rossi per consegnare, insieme, il Pegaso della Regione a Tajani. 

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