Eataly Firenze: ad aprile essenze di Sicilia in purezza

Alla cucina dell'"Osteria di Sopra" per tutto il mese torna il Ristorante "Fattoria delle Torri" di Peppe Barone, con i piatti della tradizione di Modica, dopo il successo dello scorso anno

Nicola
Nicola Novelli
09 aprile 2017 22:34
Eataly Firenze: ad aprile essenze di Sicilia in purezza
Foto di Miriam Curatolo

FIRENZE- Eataly Firenze ospita ad aprile il ristorante di Beppe Barone. E’ possibile pranzare e cenare à la carte con i sapori autentici di Sicilia, in questi primi giorni addirittura con alcuni ingredienti che lo chef di Modica ha portato a Firenze personalmente.

Il maestro della cucina sicula propone sapori essenziali, concentrati su ingredienti di stagione, naturali e poco trattati, prevalentemente di mare, anche in degustazione, aperitivo e street food. Oltre a un menu dedicato alla Pasqua, domenica 23 aprile c’è un brunch siciliano a € 28,00, mentre tra le altre proposte segnaliamo lo show cooking gratuito nella Piazza di Eataly, sabato 22 aprile (ore 17) sul tea del cannolo e domenica 23 (dalle 16.30 alle 18.30) una lezione di cucina siciliana al costo di € 30,00.

Personalmente abbiamo assaggiato le Sardine alla beccafico con cipolle allo zafferano e agrumi, nella ricetta versione catanese, in cui i pesciolini non sono arrotolati come a Palermo, ma aperti in due, dopo aver tolto la testa e la lisca per farcirli, impanarli e friggerli. Persino più interessante, tra gli antipasti, il Gazpacho di pomodorini con sgombro marinato, piatto povero, ma che offre in sapiente equilibrio tra acuto del pomodoro e la carne grassa dello sgombro, una soluzione freschissima per enebriarsi dei sapori dell’isola.

Primo assoluto il Tagliolino con bottarga di tonno agli agrumi, vero principe della tavola, che a Modica Beppe Barone propone ai suoi selezionati avventori con pasta fresca, mentre a Firenze reinterpreta con pasta all’uovo, coerente all’accessibilità dei coperti di Eataly. Ma, assicuriamo, la croccantezza dei tagliolini è garantita.

La Ricciola con caponatina barocca arriva sul secondo, dopo aver cotto la pelle del pesce quasi abbrostolita, in modo da consentire la giusta cottura della polpa, che viene servita accompagnata da patate al forno, quasi fosse la “bistecca” del mar Mediterraneo.

Chiusura di prestigio, con la Cassata Siciliana contornata di una glassa di cioccolata di Modica, marchio di fabbrica della Fattoria delle Torri. Ad accompagnare questo florilegio siciliano suggeriamo un assaggio della cantina “Murgo”, che dalle vigne alle falde dell’Etna vinifica un Brut di brillantezza vulcanica e un Bianco, il cui aroma racconta le ginestre di Zafferana etnea.

La storia di Fattoria delle Torri nasce nel 1987, quando Beppe Barone, che negli anni dell’Università a Pisa cucinava per i compagni di corso nelle abitazioni dei fuori sede, decide che la passione per la cucina può diventare la sua vocazione. Prima in piccolo locale nel quartiere arabo di Modica, per spostarsi 18 anni fa in una villa di inizio secolo, divenuta il palcoscentico delle elaborazioni gastronomiche dello chef. Nel tempo Barone si fa conoscere a un pubblico di appassionati, dall'Accademia della Cucina Italiana all’Arcigola Slow Food, sino a guadagnarsi la stima dei grandi nomi nazionali, come Luigi Veronelli.

Sempre al fianco un pubblico di assidui clienti, lo zoccolo duro li chiama lui, a cui dedica “cure e attenzioni alla pari dei re”. Dietro le quinte, ma sempre rammentati, i fornitori di fiducia, contadini, pescatori, casari, che garantiscono alla sua cucina un flusso costante di asparagi, calamari, capperi, fave, pane fragrante e pesce azzurro, che non possono mai mancare nei menù del ristorante di Modica.

“La qualità delle materie prime è fondamentale -spiega a Nove da Firenze Peppe Barone- nella cucina dell'Osteria di Sopra uso i prodotti a garanzia Eataly, ma dalla Sicilia sono venuti con me anche i miei pomodori, le melanzane e un po’ di altri ortaggi. Una volta ho cucinato in Islanda per una serata di presentazione dell’azienda vitivinicola Planeta, di cui siamo partner. Mi avevano chiesto una cena siciliana, ma in pieno inverno artico, sull’isola i prodotti alimentari arrivano dall’Olanda. Per far provare almeno qualche profumo siciliano ai miei ospiti avevo portato in valigia della bottarga e farina di carrube, che avrei usato per un semifreddo. Immaginatevi in aeroporto: fui bloccato alla dogana tra mille sospetti per colpa di quei prodotti misteriosi. Solo i miei interpreti e una pesante tassazione doganale poterono liberarmi dal fermo di polizia”.

Quando ha deciso che una passione di famiglia poteva diventare una scelta professionale?

“Ricordo che a metà degli anni ‘80 lessi un lungo articolo dedicato alla chiusura della trattoria Cantarelli a Busseto. Ne rimasi profondamente colpito: che un giornale potesse dedicare 20 pagine a un cuoco, ma sopratutto della scelta di Peppino Cantarelli e sua moglie Mirella di concentrarsi sulle materie prime, sulla tradizione locale e sull’innovazione. Cose che oggi diamo per scontate. Allora nei grandi ristoranti dominava la cucina internazionale, di impianto francese, mentre Cantarelli rilanciava la cucina regionale. Fu una folgorazione”.

Nel 2017 celebra i suoi primi tre decenni in cucina.

“Vero. Ma i nostri principi guida rimangono immutati. Fronteggiamo le mode del momento che tendono a massificare il gusto, sempre con grande rispetto per la qualità e la stagionalità dei prodotti. Per me è fondamentale la relazione con il cliente, sia in termini di sostegno, che di stimolo. Ecco perché torno sempre con piacere a Eataly: la cucina deve essere accessibile a tutti e il pubblico ha bisogno di imparare, perché gli chef, a loro volta, hanno bisogno di un pubblico ricettivo, che sappia stare a tavola in modo consapevole, ad esempio del fatto che il prezzo è una soglia minima a garanzia della qualità”. 

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