Droga a Scuola: Firenze se la prende con i cani

"Io non posso entrare". Forse è il caso di chiedersi perché?

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
06 febbraio 2015 11:37

Tema in classe: "I giovani e la droga" è una traccia sempre di moda, un po' come "La violenza negli Stadi", ci sono ragazzi che la scelgono persino quando il tema è a piacere perché l'hanno assimilata come cult e se la giocano alla pari del jolly. Un insieme di parole, due o tre colonne di contenuto: forse uno sfogo, preso a pretesto per ottenere un voto. Un esercizio linguistico.Firenze è tornata sotto i riflettori della città della droga, dopo gli ennesimi dati sulla quantità di cocaina ed eroina disciolte in Arno, se la prende oggi con Pando ed Amper i due cani poliziotto sguinzagliati all'interno delle aule.

"I cani qui non entrano" hanno detto i dirigenti scolastici che hanno avvertito la presenza dei quadrupedi come una intromissione eccessiva nella didattica.Alternative? Perché poi è di questo che si discute, adesso. Finché l'argomento fa notizia. Perché la droga in Arno c'è sempre, ma i dati sono già stati pubblicati e si è passati ad altro. Se ne riparlerà alla prossima occasione. Ma ora sarebbe il caso di chiedersi il perché. Perché la droga circola nelle scuole, perché i giovani ne sentono il bisogno, perché la ritengono una forma di svago, una occasione di fare gruppo o una buona dose di compagnia in caso di carenze affettive.

Perché?Se i cani non possono entrare per gettare in faccia all'opinione pubblica il problema, chi può entrare e cosa occorre fare? "I cani non sono la soluzione", sono l'effetto shock però, visto che dell'argomento si è parlato. Chi ne dovrebbe parlare?Dirigenti scolastici, professori, forze dell'ordine, esperti, opinionisti, politici e forse anche i genitori ne discutono oggi, ma i ragazzi ne parlano davvero? Tra loro, con qualcuno.Su You Tube si sprecano i video amatoriali in cui giovani studenti parlano di droghe leggere, poi ci sono le inchieste, i reportage dalle immagini cruente, gli spot previsti da progetti una tantum, le lezioni tenute da esperti.

Ma basta leggere i commenti per capire che qualcosa non funziona, che qualcosa sfugge al controllo dei Social Media. "Non sanno di cosa parlano" scrive qualcuno, "Quel tipo di droga non ha effetti - Quella procedura non è corretta - Basta conoscerne bene gli effetti" ecc. professionisti. "Sono bruciati nel cervello, non servono a nulla meritano di morire" arrivano a scrivere i commentatori. Quello che "spacca" in gergo è il racconto dell'ex tossicodipendente, il giovane cresciuto che prende coraggio e dopo un difficile percorso di recupero guarda negli occhi le nuove generazioni.

Quegli occhi sono il vero segreto. Sono gli occhi dei nonni che hanno visto la guerra, gli occhi dei genitori che hanno conosciuto la crisi economica. Il problema diventa però grave quando anche davanti a quegli occhi sparisce la paura, si perde il rispetto e scatta l'indifferenza. Si volta lo sguardo."Il problema è clinico" sostengono i ragazzi più grandi "No è un problema morale" ribattono i giovanissimi che avvertono un disagio esistenziale che si trasferisce nel bisogno di evasione e di conquista.

Si sentono soli, ma non vogliono la famiglia con il fiato sul collo, cercano comprensione, ma non vogliono raccontare i fatti loro. Che scoperta: sono ragazzi. Esiste una infinita letteratura sul tema e le conclusioni non sono diverse dai grandi mali del mondo: "l'importante è conoscere il problema ed avere consapevolezza dei propri mezzi" un motto American Style che ha spopolato nella programmazione neurolinguistica ed ha pervaso una società presente ed operosa dagli anni '80 fino ad oggi.

C'era un domani, c'era il lavoro, la famiglia una casa e c'erano altre distrazioni: e se adesso non ve ne fossero più?Nulla di nuovo "La paura e la voglia di cose proibite", ma l'assenza della società, questo si, è oggi qualcosa di nuovo. La Droga a Scuola dovrebbe essere un argomento di discussione e di confronto, non un tema imbarazzante o troppo grande da affrontare. Voltare lo sguardo è l'errore più grande, adesso più che mai.

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