Dopo il silenzio, al Teatro della Pergola

Sebastiano Lo Monaco si offre ancora alla lezione di Pietro Grasso, Presidente del Senato ed ex Procuratore Nazionale Antimafia. Dopo il Silenzio interpreta la forza, l’etica e l’esempio eroico di coloro che combattono contro la mafia, anche a rischio della vita. Il teatro civile incontra le forme della tragedia greca. Durata: 90 minuti, atto unico. Dal 13 al 18 gennaio. Tutte le info: www.teatrodellapergola.com.

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
09 gennaio 2015 15:02
Dopo il silenzio, al Teatro della Pergola

FIRENZE - Il silenzio omertoso è una delle armi della mafia: il teatro invece è comunicazione, presa di coscienza. Con Dopo il Silenzio, Sebastiano Lo Monaco prende di nuovo la parola contro la criminalità organizzata. La regia è di Alessio Pizzech, su adattamento, di Francesco Niccolini e Margherita Rubino, del libro del Presidente del Senato ed ex Procuratore Nazionale Antimafia Pietro Grasso, Liberi tutti. Un dialogo tra un uomo e una donna che vivono per la legalità, l’uno ispirato allo stesso Pietro Grasso, interpretato da Lo Monaco, e l’altra alla moglie Maria Fedele, impersonata da Mariangela D’Abbraccio, e un giovane attratto dalla mafia, Turi Moricca. È la seconda volta che l’attore siciliano mette in scena un testo di Grasso: la prima fu con il monologo Per non morire di mafia, sempre diretto da Pizzech.

Dopo il Silenzio è un lavoro portatore di storie, che crea le condizioni per poter conoscere e quindi poter decidere sul nostro destino sociale e privato.

“Proporre sulla scena temi sociali o politici non è molto diverso da ciò che facevano i greci – ci ha detto Sebastiano Lo Monaco – la tragedia greca racconta il senso di giustizia e di etica della polis. La mafia è la nostra tragedia contemporanea.”

Lo spettacolo non si riduce a una dimensione cronachistica o di denuncia, travalica quindi l’esperienza individuale e autobiografica di Grasso per assumere le forme della tragedia antica, affrontando i grandi temi della coscienza in lotta con la giustizia e con la morte come orizzonte estremo.

Dall’interprete che indossa la toga di Pietro Grasso, dal testimone di una Palermo dove la mafia fu combattuta accanto a Falcone e Borsellino, qual era Sebastiano Lo Monaco in Per non morire di mafia, si passa al protagonista di un testo in cui tutto è giocato sul dialogo fra le generazioni.

“In questo caso il palcoscenico è il luogo della Storia, di una storia collettiva che attraversa le piccole vicende personali di ognuno di noi – afferma il regista Alessio Pizzech – e che quindi può in sé contenere le fondamenta di un possibile riorientamento nazionale. La parola teatrale di Dopo il Silenzio diventa strumento di indagine di una Storia di un Paese, l’Italia, che coincide, si scontra talora, diverge e poi trova punti di contatto con la storia della mafia.”

Uno scontro acceso e vibrante mette di fronte due generazioni, due punti di vista totalmente opposti del leggere la vita, con il ‘procuratore’ pronto, nel confronto con un giovane senza parole per costruire il proprio futuro, a offrire la chiave e la voce per capire, superare il silenzio omertoso. Nello spazio della memoria, fatto di volti, nomi, luoghi, si fa avanti una donna, un pensiero al femminile che pone la speranza della trasformazione e che impone la conoscenza e il sapere come strade verso il futuro, opponendo la cultura dell’amore alla cultura del sangue.

“Entra in scena il personaggio di Mariangela D’Abbraccio, che nella realtà è la moglie di Grasso, Maria Fedele – intervie Lo Monaco – un’insegnante impegnata nell’educazione e nel recupero dei ragazzi di quartiere ad alto rischio di contaminazione con il fenomeno criminale mafioso. Questa donna e il magistrato vivono parallelamente due professioni diverse, ma ispirate dalla stessa luce perché entrambe perseguono una finalità maieutica: insegnare ai giovani la legalità e l’etica, per vivere in un Paese migliore.” Tra il servitore dello Stato e il servo dell’anti-Stato, uomini di età ed esperienza diverse, si crea allora progressivamente una comprensione, un abbraccio ideale, un ricongiungersi etico e morale che possa fondare simbolicamente una Nazione più civile.

Dunque, la criminalità è la risposta sbagliata a bisogni inespressi, in definitiva un prodotto di un silenzio complice: muoiono di mafia non solo le vittime della delinquenza organizzata, ma tutti coloro che si rassegnano a vivere nell'illegalità e nell'ingiustizia, chi chiude gli occhi di fronte ai reati, chi fa affari eludendo la legge, chi cerca i favori dei potenti.

“ ‘Dopo il silenzio’ non abbiamo più voglia né tempo per tacere – conclude Lo Monaco – c’è soltanto il desiderio di parlare, di urlare la nostra battaglia e contribuire a sconfiggere il silenzio della connivenza e dell’omertà. Solo così il Paese può riuscire a liberarsi dalle tenaglie della criminalità.”

Quell’uomo e quella donna, con accanto a loro il giovane, potranno così finalmente celebrare coloro che non ci sono più, coloro che hanno dato la vita per difendere e costruire la democrazia.

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