Domani va in scena la “Firenze dei due Lutti”

Giovedì la città riuscirà a dividersi anche davanti al dolore e alla morte

Nicola
Nicola Novelli
07 marzo 2018 09:26
Domani va in scena la “Firenze dei due Lutti”

FIRENZE- Nemmeno a farlo apposta. E non basta ricordare che siamo gli eredi di Guelfi e di Ghibellini.

Domani Firenze riuscirà a dividersi anche davanti al lutto, tra due schieramenti, l’uno assiepato nella basilica di Santa Croce alle 12:00 e che osserverà un minuto di silenzio alle 13:00, l’altro che si raccoglierà in preghiera nella chiesa di San Pietro in Gattolino alle 17:00. Gli uni con la bandiera viola a mezz’asta, gli altri che ammezzeranno il tricolore del Senegal.

Come siamo riusciti a contrapporci anche davanti al dolore? Tra quelli sconvolti per un uomo sparato in faccia e quelli per un sindaco sputato in faccia, tra quelli che chiedono una pena esemplare per l’omicida e quelli per i vandali delle fioriere, tra quelli che denunciano il razzismo (nemmeno tanto) strisciante e quelli che gridano (anche oggi) che gli immigrati sono troppi e devono andarsene tutti.

Nel mezzo gli enti locali, che ricevono il console del Senegal a Firenze, ma deludono le aspettative della comunità che rappresenta, che indicono il lutto cittadino per il capitano della Fiorentina e spendono parole per la vedova e la piccola figlia, ma non fanno altrettanto per un'altra vedova e un'altra orfana (di Idy Diene), che nel 2011 avevano perduto anche il primo marito/padre nel raid razzista di Casseri a piazza Dalmazia.

Ma questa non è più la città di Giorgio La Pira, o Giovanni Spadolini. Dobbiamo tenerci gli amministratori che abbiamo eletto.

Manca poi una stampa indipendente e d’inchiesta per approfondire le circostanze dell’omicidio di lunedì. Per dare risposta a elementari domande, quali: dove si stava dirigendo lo sparatore fermato in via Melegano da una pattuglia di soldati della Folgore armati di mitra? Che cosa sarebbe successo se i militari, armati di tutto punto, non fossero sopraggiunti con tempismo eccezionale, grazie alla loro presenza permanente davanti al consolato USA, a poche centinaia di metri da ponte Vespucci? Oppure ci accontentiamo delle dichiarazioni dell'omicida e le prendiamo per vere, pari, pari?

Ma non è più l’epoca di Indro Montanelli, o Romano Bilenchi. Siamo nell’era dei Social Network. E prolifici commentatori spuntati dal nulla possono permettersi di sbeffeggiare il sindaco di Firenze per mesi e poi inorridirsi per la protesta violenta di cui è stato vittima ieri, inveire ininterrottamente contro le brutte fioriere e gli interminabili cantieri che bloccano il centro e poi denunciare chi ha rotto quelle stesse fioriere e buttato a terra le transenne dei medesimi cantieri. E’ l’era di chi nega il risorgente razzismo degli italiani, nonostante faccia bella mostra di croci celtiche sul proprio profilo Facebook.

All’epoca delle fake news dilaganti, Firenze non è in grado si stare unita nemmeno davanti alla morte, alla violenza e al dolore e indice lutto cittadino parziale e due cerimonie religiose distinte. In un modo talmente plateale e imbarazzante che la fa dimenticare la capitale della cultura, che credevamo fosse, per farla assomigliare sempre più alla capitale della stupidità.

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