Decreto semplificazioni: Idra si schiera senza indugi dalla parte della Corte dei Conti

Secondo l’associazione fiorentina, si prospetta una ‘semplificazione’ pericolosamente peggiorativa: il decreto trasmesso alle Camere dal Governo minaccia di premiare l’irresponsabilità nella spesa pubblica

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
22 agosto 2020 00:12
Decreto semplificazioni: Idra si schiera senza indugi dalla parte della Corte dei Conti
"Le magnifiche sorti e progressive - Il cantiere infinito TAV per l'improbabile stazione Foster a Firenze" - Foto e didascalia Idra

Citando a piene mani un articolo a firma di Gianni Trovati comparso il 20 agosto sule colonne de Il Sole 24 Ore, l’associazione nota per le battaglie ambientali contro i progetti di grandi opere, il degrado dei beni culturali e le speculazioni legate alla monocultura del turismo plaude da Firenze all’appello lanciato dall'Associazione dei magistrati della Corte dei Conti, che lunedì prossimo – come si legge nell’articolo sul Sole – presenterà i propri rilievi al ‘Decreto Semplificazioni’ in una conferenza stampa, in vista dell'avvio del lavoro di conversione in Parlamento.

Gianni Trovati riferisce che “il colpo di freno sul danno erariale scritto all'articolo 21 del decreto Semplificazioni non taglia i tempi della burocrazia, non serve a combattere la «paura della firma» che andrebbe affrontata riordinando «una legislazione oscura e contraddittoria», ma finisce per offrire «una totale irresponsabilità» a favore di quei dipendenti pubblici che si rivelano «non preparati e disattenti».

Esattamente su questo tema, rivendica Idra, e prima ancora che il testo finale del decreto venisse varato, l’associazione aveva trasmesso via Pec il 5 luglio al presidente del Consiglio, ai ministri competenti, e per conoscenza ai presidenti delle Camere e dei gruppi parlamentari, nonché ai capi delegazione di maggioranza al Governo, una richiesta di attenzione urgente”, che avevamo documentato anche su questa Agenzia.

Nell’anticipazione pubblicata dal Sole, l’Associazione dei magistrati della Corte segnala con preoccupazione – leggiamo adesso - che il decreto ridefinisce il dolo imponendo che ne sia dimostrata l’intenzionalità. Ma la quasi totalità delle contestazioni di danno erariale poggia sulla colpa grave e non sul dolo. Di conseguenza, escludere a priori questo tipo di responsabilità significherebbe garantire l'impunità a quella che la giurisprudenza delle sezioni Unite della Corte dei conti definisce come «intensa negligenza, sprezzante trascuratezza dei propri doveri, atteggiamento di grave disinteresse nell'espletamento delle proprie funzioni, macroscopica violazione delle norme, dispregio delle comuni regole di prudenza»”.

Non mancano del resto i necessari paletti, si osserva, alle contestazioni di danno erariale. In proposito, “i magistrati contabili espongono i numeri: l'anno scorso su 28.722 denunce di danno, 23.939 (cioè 1'83,3%) sono state archiviate, altre si sono fermate dopo l'invito a dedurre (l'equivalente contabile dell'avviso di garanzia) o dopo la citazione (il rinvio a giudizio) e solo 934 (il 3,3%) sono sfociate in una condanna in primo grado. Non arriva da qui, insomma, lo spauracchio che frena la penna dei funzionari chiamati a firmare le autorizzazioni delle opere pubbliche. Anche perché, sottolineano i magistrati, com'è ovvio «l'eventuale azione della Corte dei conti è sempre successiva alla realizzazione dell'opera o all'emanazione dell'atto». Il rischio, insomma, è di salvaguardare lo spreco senza accelerare le opere”.

Idra aggiunge di suo, “memore del grave danno erariale e ambientale prodotto dalla cantierizzazione appenninica dell’Alta Velocità, acclarato dalla Corte dei Conti della Toscana”, che “non sono secondari i contraccolpi pesanti sulla spesa pubblica che un provvedimento come il ‘decreto semplificazione’ determinerebbe, in tempi di denaro europeo facile e a debito. Per esempio, l’ulteriore voragine erariale che si aprirebbe per effetto di scelte strategiche improvvide operate nell’era ante-Covid, ma oggi confermate e rilanciate a dispetto degli sprechi, dei danni e delle infiltrazioni criminali che ne costituiscono storicamente il corollario.

Pensiamo alle cosiddette ‘grandi opere infrastrutturali’, TAV in testa, dalla Torino-Lione alla Verona-Monaco, dal doppio sottoattraversamento di prestigiose città d’arte come Firenze al ricorrente mito del ponte sullo Stretto, magari riproposto in salsa tunnel”. Secondo gli ecologisti in riva d’Arno siamo in presenza di “una retorica non supportata dai dati”, che “continua tuttora a propagandarle come antidoto alla crisi, nonostante la mole gigantesca di capitali pubblici da investire a fronte del limitato indotto in termini di manodopera.

Nonostante la progressiva obsolescenza delle progettazioni a fronte di interventi i cui primi effetti ipotizzati, quand’anche benefici, si collocano in un futuro lontano. Nonostante i nuovi modelli di impiego (telelavoro) e di consumi (filiere corte) che si vanno progressivamente imponendo vanificandone l’utilità anche trasportistica. Nonostante l’emergenza climatica e l’urgenza di abbassare, piuttosto che continuare ad accrescere, i livelli di produzione di Co2 sul pianeta”.

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