Dal 12 al 18 aprile a Firenze la "Settimana dell'Università"

Studio dell'Università di Firenze "La Sapienza" su Journal of Human Evolution. Uno studio Università di Pisa dimostra per la prima volta che gli equini hanno capacità cognitive evolute

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
06 aprile 2015 19:40
Dal 12 al 18 aprile a Firenze la

L’Università si racconta in sette giorni, attraverso storie, persone, progetti. Dal 12 al 18 aprile a Firenze è la “Settimana dell’Università”: l’Ateneo fiorentino promuove un calendario di iniziative che offriranno a tutti – non solo agli studenti e alla comunità accademica – la possibilità di entrare dentro il mondo Unifi. Si comincia domenica 12 aprile (ore 10.30 - Aula Magna, Piazza San Marco 4) con la lezione di Nicoletta Berardi (ordinario di Psicobiologia e psicologia fisiologica) su: “Come cambia il nostro cervello”, appuntamento del ciclo “Incontri con la città”. Giovani e lavoro sono al centro degli appuntamenti successivi: martedì 14 aprile (Tepidarium del Giardino dell'Orticoltura, Via Vittorio Emanuele - ore 10-17) il Career Lab – incontro tra aziende e neolaureati – e, alle17,30, una tavola rotonda con i rappresentanti del mondo imprenditoriale. Le imprese innovative che nascono dalla ricerca sono di scena mercoledì 15 con un evento dedicato alle storie di chi ha scommesso su spin off e start up (Tepidarium del Giardino dell'Orticoltura, Via Vittorio Emanuele – ore 16). Giovedì 16 aprile, sono protagonisti gli studenti: quelli di ieri e quelli di oggi, gli italiani e gli stranieri, in un evento che si intitola “Studiare a Firenze” (ore 15 – Aula Magna, piazza San Marco, 4).

In programma la presentazione dei lavori multimediali degli studenti, realizzati per raccontare Firenze città universitaria, una performance della compagnia teatrale “Binario di scambio”, un talk show con la partecipazione di ex allievi, che intervengono su “A che cosa mi è servito studiare”. La serata si conclude con l’aperitivo in compagnia delle immagini raccolte nel corso della campagna social #glianniuniversitariunifi. Venerdì 17 aprile la giornata è dedicata alla ricerca: nei Dipartimenti dell’Università si terranno conferenze e convegni sui lavori scientifici in corso. “La settimana dell’Università” si conclude sabato 18 con … “Un giorno all’Università”, cioè l’Open Day di Ateneo nel corso del quale studenti e famiglie potranno informarsi su corsi di laurea e servizi, in vista della scelta universitaria (Piazza San Marco, 4 – ore 9). “Ogni evento della Settimana corrisponde a un tema chiave, nel breve giro di questi giorni è possibile abbracciare tutte le dimensioni della vita universitaria – spiega il rettore dell’Ateneo fiorentino Alberto TesiPer chi sta decidendo il proprio percorso di studi è un’occasione importante, ma è anche un appuntamento interessante per tutti quelli che desiderano vedere da vicino la nostra Università”. Alla Settimana sono collegate altre attività di educazione e divulgazione scientifica promosse dal Museo di Storia Naturale e da OpenLab.A oltre vent'anni dalla scoperta, uno studio internazionale guidato da Università di Firenze e dall’Ateneo di Roma “La Sapienza”, evidenzia che l’Uomo di Altamura è vissuto circa 150mila anni fa. Le porzioni di DNA prelevate dallo scheletro fossile - scoperto nel 1993 nella grotta carsica di Lamalunga, nei pressi dell’Alta Murgia in Puglia - rappresentano il più antico dato paleogenetico per i Neanderthal.

I risultati della ricerca sono stati pubblicati nella rivista internazionale Journal of Human Evolution JHE. (“The Neanderthal in the karst: First dating, morphometric, and paleogenetic data on the fossil skeleton from Altamura- Italy” JHE). Nel 2009 un progetto condotto da un gruppo interdisciplinare, coordinato da David Caramelli, associato di Antropologia presso l’Università di Firenze e da Giorgio Manzi dell’Ateneo “La Sapienza” di Roma, in collaborazione con le autorità locali e la Soprintendenza Archeologia della Puglia, ha avviato un nuovo ciclo di ricerche – ora pubblicate su JHE - secondo cui lo scheletro fossile di Altamura, tuttora imprigionato in formazioni calcitiche, presenta caratteristiche morfologiche e paleogenetiche che lo identificano come appartenente alla specie Homo neanderthalensis.

La stessa ricerca lo colloca cronologicamente in un intervallo finale del Pleistocene Medio compreso tra 172 e 130 mila anni, dunque in una fase antica dell'esistenza di questa specie umana estinta. Attraverso l’uso di metodologie innovative e tecnologicamente avanzate, il gruppo di ricerca ha potuto prelevare dalla grotta (in condizioni di massima sicurezza e assoluta sterilità) una parte di osso umano rappresentato da un frammento di scapola, relativo alla porzione della spalla. Sebbene rappresenti solo una piccola parte dello scheletro, che resta tuttora imprigionato nella grotta, le informazioni che esso ha potuto rivelare sono di estrema importanza scientifica.

Tanto la morfologia della superficie articolare quanto l’analisi del DNA estratto dall’osso, hanno infatti confermato che l’Uomo di Altamura era un Neanderthal, la specie vissuta in tutta Europa tra almeno 200 mila e circa 40 mila anni fa. Le datazioni eseguite sul campione e su vari frammenti di stalattiti con la tecnica dell’Uranio-Torio hanno indicato che il sistema carsico di Lamalunga ha iniziato a essere attivo prima di 189 mila anni fa e che le formazioni calcitiche stratificatesi sulle rocce e sullo scheletro umano hanno iniziato a deporsi fra 172 e 130 mila anni fa, nel pieno della penultima glaciazione quaternaria.

Per quanto esistano in Europa e nel Vicino oriente diversi campioni fossili riferibili a Homo neanderthalensis, nessuno può eguagliare per grado di completezza e stato di conservazione il reperto pugliese. “I risultati dell’analisi paleogenetica – ha affermato David Caramelli, protagonista della ricerca con il suo team del Dipartimento fiorentino di Biologia e , in particolare, con la ricercatrice Martina Lari - hanno registrato la presenza di DNA endogeno, anche se altamente frammentato.

Questi primi dati genetici permettono, fra l'altro, di considerare lo scheletro di Altamura come il più antico Neanderthal da cui siano state estratte porzioni di materiale genetico (mtDNA) e dunque un ottimo candidato per analisi genomiche di grande interesse”.

L’Uomo di Altamura

L’Uomo di Altamura fu scoperto da un gruppo di speleologi del CARS (gruppo speleologico di Altamura) che portarono alla conoscenza della comunità scientifica, insieme ai ricercatori dell'Università di Bari, un autentico tesoro paleontologico, un uomo preistorico precipitato in un pozzo naturale dove morì di stenti. Le gocce di calcare negli anni hanno ricoperto e protetto fino ai giorni nostri i resti umani, ritrovati alla fine di un'angusta galleria. Le parti dello scheletro sono distribuite su un'area allungata e ristretta e ricoperte da un rivestimento calcareo che spesso assume l'aspetto di formazioni coralliformi. Il cranio appare rovesciato e parzialmente inclinato a sinistra, dove è ben visibile buona parte della faccia, le orbite e parte del cranio neurale.

Il cavallo è un animale furbo che capisce e segue le indicazioni dell’uomo, ma solo quando gli conviene. E’ questo il risultato di uno studio condotto dei ricercatori del dipartimento di Scienze Veterinarie dell’Università di Pisa che per la prima volta ha dimostrato che i cavalli, contrariamente a quanto sinora documentato dalla letteratura scientifica, possiedono capacità cognitive evolute e memoria a breve termine. I risultati della ricerca, svolta da Paolo Baragli e Claudio Sighieri dell’Ateneo pisano in collaborazione con Paola Lovrovich dell’Italian Horse Protection Association, sono stati pubblicati sull’ultimo numero della rivista internazionale “Applied Animal Behaviour Science”. La ricerca è partita da un test condotto su 24 cavalli divisi in due gruppi.

In entrambi i casi gli animali avevano di fronte tre secchi uguali e capovolti e dovevano indovinare sotto quale si nascondesse un pezzo di carota. Ma in un caso dovevano trovare la carota senza alcuna indicazione o aiuto, mentre nell'altro potevano vedere la persona che si avvicinava al secchio, nascondeva la carota e poi se ne andava. “Nel corso della prova i cavalli – ha spiegato Paolo Baragli - hanno dimostrato di saper cambiare la propria strategia di ricerca per raggiungere il loro obiettivo, cioè la carota, nel più breve tempo possibile, a prescindere anche dagli indizi forniti dall’uomo”. In altre parole, i cavalli del gruppo che vedevano la persona nascondere la carota all’inizio sfruttavano questa indicazione ed erano più precisi, cioè andavano verso il secchio giusto, ma impiegavano più tempo.

Con il succedersi delle prove gli animali hanno cambiato strategia e sono diventati meno precisi ma più veloci, capovolgendo anche tutti i secchi, sicuri comunque di trovare la carota. “I risultati di questo test dimostrano che i cavalli sono in grado di comprendere e di usare il significato cognitivo delle indicazioni umane per compiere le proprie scelte – ha concluso Paolo Baragli – ma sono anche in grado di cambiare la propria strategia nel momento in cui si rendono conto che l’informazione ottenuta non è fondamentale per raggiungere l'obiettivo, soprattutto se può essere conquistato più velocemente in altro modo.

E tutto ciò avviene in un arco di tempo, cioè la durata dei test, molto breve ad indicare il fatto che i cavalli possiedono sofisticate capacità di trovare rapidamente soluzioni diverse ad uno stesso problema, basandosi sull'esperienza fatta”.

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