Da Stella a 5 Stelle: gli sfidanti di Dario Nardella

Perché la continuità amministrativa del PD fiorentino è garantita dagli avversari politici

Nicola
Nicola Novelli
21 aprile 2014 23:00
Da Stella a 5 Stelle: gli sfidanti di Dario Nardella

Da 20 anni a questa parte sembra quasi che nessuno abbia mai creduto davvero di poter espugnare il Comune di Firenze, una delle roccaforti del Partito Democratico. Anzi, più volte c'è chi ha giurato che la continuità amministrativa del Pd a Palazzo Vecchio fosse il frutto di un accordo sottobanco tra destra e sinistra a livello nazionale. Come giustificare altrimenti la debolezza dei candidati alla poltrona di sindaco espressi nell'arco di due decenni dal centro-destra? La Procura della Repubblica è arrivata persino a indagare certi accordi economici trasversali sui cantieri delle principali opere pubbliche cittadine e anche nel caso della fulminea conquista di piazza della Signoria da parte di Matteo Renzi qualcuno gridò al complotto di “truppe cammellate” da Denis Verdini.

Sta di fatto che, nei mesi scorsi, nell'incertezza prospettica dell'allora nuovo segretario PD, futuro Presidente del consiglio, la candidatura dall'alto del vicesindaco Dario Nardella sembrò un atto d'imperio che non avrebbe trovato conferma nel voto elettorale. Si chiesero le primarie, che però il candidato renziano ha vinto a mani basse. Come poteva essere altrimenti? Bastava rileggersi i risultati delle primarie per la segretaria nazionale di dicembre 2013, a loro volta conferma dei risultati toscani delle primarie per la premiership del 2012.

Dunque, sgominata l'opposizione interna al partito, Nardella si è guardato intorno in vista delle elezioni comunali. E che ha trovato? Le opposizioni di destra e di sinistra che si dividevano producendo candidature multiple, come mai era accaduto negli ultimi 20 anni. Può anche darsi che la frammentazione del voto conduca Nardella al ballottaggio. Ma dopo, al secondo turno cosa ci si può immaginare che accada?

La destra si presenta al voto con tre candidati sindaco. All'atto pratico l'esito non sarà molto diverso da quello riportato con le candidature di indipendenti nelle tornate comunali passate. Dei tre precedenti candidati unitari della destra fiorentina, Scaramuzzi, Valentino e Galli, soltanto l'ex calciatore ha saputo concludere un'intera consiliatura sedendo nello stesso versante del salone dei Dugento. Un merito che avrebbe potuto essere premiato con la ricandidatura, vista l'indecisione che ha regnato nei mesi scorsi a destra.

Invece i partiti del dentro-destra hanno preferito candidati di bandiera, che paiono tradire non solo la convinzione della sconfitta, ma pure l'impossibilità di sostenere un serio confronto dialettico sui programmi di governo durante la campagna elettorale. Così, la coincidenza il 25 maggio della consultazione comunale con quella per il Parlamento Europeo, pare aver convinto che l'effetto trascinamento nazionale potrebbe almeno indurre molti elettori indecisi a ribattere la croce per coerenza sullo stesso lato di entrambe le schede.

Aggrappati alla buona stella! Anche se al momento, date le vicissitudini giudiziarie dei vertici di Forza Italia, l'effetto trascinamento nazionale sembrerebbe tendere al ribasso piuttosto alla riscossa.

Approfondimenti

E a sinistra del PD? Non hanno voluto essere da meno. Altre tre candidature a sindaco a causa di una inconciliabilità delle liste, difficile da spiegare persino al proprio elettorato. Anche qui la rinuncia a candidare la migliore consigliera comunale dello schieramento, Ornella De Zordo, che addirittura si è ritirata. E sopratutto il persistere in una strategia comunicativa perdente, quella della demonizzazione di Matteo Renzi, tratteggiato quale novello Berlusconi, che non è servita a nulla contro l'ex Cavaliere, figuriamoci contro il primo ministro più giovane della storia repubblicana.

Perché l'Italia degli anni della crisi ha subito una repentina trasformazione sociale, manifestatasi in tutta evidenza nelle ripetute primarie del PD, da cui l'ultimo partito di massa esce trasformato in modo epocale. Allora continuare a ritrarre Renzi e il suo presunto epigono Nardella, come nemici della classe operaia e attentatori delle garanzie sindacali è illusorio e frustrante, quando ormai la maggioranza dell'elettorato fiorentino è fatto da piccoli imprenditori, lavoratori autonomi, atipici e precari, cioè gente che il becco di una garanzia non l'ha mai avuto e mai l'avrà. Dunque i sindacalisti fiorentini non assomigliano per nulla alle Labor Unions in lotta contro Margaret Thatcher, né, trent'anni dopo gli autisti dell'ATAF, le maschere del Maggio Musicale, o i dipendenti di Palazzo Vecchio hanno nulla a che spartire con gli scioperanti delle miniere di Cortonwood.

Di tale confusione trarranno giovamento da un lato Dario Nardella, che infatti in campagna elettorale guarda già con determinazione ai temi guida dei prossimi anni, il reperimento delle risorse per finanziare i progetti urbanistici, e la prospettiva della città metropolitina, dall'altro Cinque Stelle. Il movimento di Beppe Grillo, nonostante la cocente delusione a livello parlamentare dove il primo anno di legislatura è stato sprecato dal fondatore nel controllo ferreo del centinaio di eletti nelle file grilline, potrebbe giovarsi della frammentazione delle candidature a destra e sinistra, risultando agli occhi di tanto elettorato deluso, o avverso al PD, l'unica alternativa allo strapotere renziano. Cinque Stelle costringerà al ballottaggio il candidato sindaco Dario Nardella? Vedremo, ma dopo?

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