Crociate, pellegrinaggi e cortei, i viaggi avventurosi del Medioevo

Attraverso il tema del viaggio, il Medioevo leggendario, mistico e avventuroso di nobili, pellegrini, mercanti e crociati. La mostra, che apre le celebrazioni per i 150 anni del Museo Nazionale del Bargello, è visitabile fino al 21 giugno 2015. Tutte le informazioni su orari e biglietti al sito www.unannoadarte.it.

19 marzo 2015 17:33
Crociate, pellegrinaggi e cortei, i viaggi avventurosi del Medioevo
Il ritorno del crociato - Lorena XII Secolo

FIRENZE – In una società contemporanea dominata dal mito della velocità, dell’omologazione globale, della tecnologia, e disabituata a soffermare l’occhio sulla bellezza della realtà circostante, può destare meraviglia una mostra che apre il sipario dell’affascinante prospettiva di secoli passati, di contrade e Paesi remoti con i loro paesaggi all’epoca ancora incontaminati. La tematica del viaggio è al centro della mostra Il Medioevo in viaggio, organizzata con la collaborazione di quattro importanti musei europei appartenenti al Réseau des Musées d’Art Médiéval: il Musée de Cluny di Parigi, il Museum Schnütgen di Colonia, il Museu Episcopal di Vic e il Museo Nazionale del Bargello.

Curata da Benedetta Chiesi, Ilaria Ciseri e Beatrice Paolozzi Strozzi, attraverso la dimensione degli spostamenti dell’epoca, la mostra fa luce sulla comunanza di quella cultura medievale sulla quale si basa, in gran parte, l’Europa moderna. Oltre cento le opere d’arte in esposizione, fra pitture e sculture a tema, miniature, manufatti in avorio, mappe geografiche, astrolabi, altaroli, reliquiari e oggetti d’uso quotidiano, del periodo compreso fra il Mille e il XV Secolo, ovvero dalla fine delle invasioni barbariche dell’Alto Medioevo, fino alle soglie del Rinascimento; secoli che videro l’Europa attraversata da profondi cambiamenti economici e sociali, dall’economia curtense di mera sussistenza, ai commerci su larga scala dei grandi mercanti, dalla servitù della gleba alla nascita del ceto artigiano prima e borghese poi, dai Secoli bui dominati dalla paura dell’inferno, alla riscoperta dell’Età Classica e del primato dell’uomo nell’universo.

All’epoca, il mondo dell’uomo comune era molto più ristretto di quanto lo sia oggi; la grande maggioranza dell’umanità nasceva e moriva nel podere che coltivava per conto del feudatario, vassallo o valvassino che fosse, e soltanto gli scrupoli religiosi fornivano per spostarsi dalla propria casa. In età medievale, a partire, dal Mille, il pellegrinaggio verso Roma, Santiago, o la Terra Santa, era la forma più diffusa di viaggio.

Viaggio che aveva tutte le caratteristiche dell’avventura verso l’ignoto, sia per la scarsa conoscenza dei luoghi che si andavano ad attraversare, sia per il cattivo stato delle strade, sia per la presenza di briganti e tagliagole, che esigevano forti pedaggi da chi attraversasse le terre della loro “giurisdizione”. A ciò si aggiunga il freddo, il rischio di contrarre malattie, la scarsità di cibo. Al punto che molti pellegrini, prima di partire, facevano testamento.

A dare un’idea di come fosse il mondo geografico dell’epoca, la prima affascinante sezione, che include uno splendido globo celeste in rame, bronzo e argento, su cui sono incise le costellazioni della volta celeste, utili per calcolare le rotte servendosi dei movimenti delle stelle attorno alla Terra. Il Portolano del 1440, su pergamena, è una mappa che riporta, in scala e in modo abbastanza fedele, le terre allora conosciute, con i dettagli delle coste e dei porti ivi ubicati.

Nella mappa in mostra, si riconosce l’Europa, e la regione del Maghreb, mentre a Ovest, oltre le Colonne d’Ercole, si riconoscono le Azzorre e le Canarie. Pregevole una mappa della Penisola italiana, tratta dalla Geografia di Tolomeo, eseguita a Firenze dal cartografo tedesco Enrico Martello fra io 1480 e il 1496. Vi si ammira la fedeltà con cui è riprodotto il sistema montuoso - alpino e appenninico -, e ancora i laghi, il delta del Po, oltre alla mappatura dei principali centri abitati.

A far uso di mappe, astrolabi e portolani, raramente erano i pellegrini, il cui scopo principale di viaggio era la salvezza dell’anima, rendendo omaggio ai luoghi santi della cristianità. Il viaggio inteso come forma di ascesi, privazioni e sofferenze, che portava alla purificazione dell’anima dai peccati commessi. Un viaggio intrapreso con rozzi calzari e un bastone quale unico equipaggiamento, oltre alla bisaccia per contenere il poco cibo, le reliquie, e le medaglie dei santuari visitati. Oggetti che, a distanza di secoli, non mancano di suscitare stupore e una certa qual commozione, accanto alle rappresentazioni dei pellegrini tratte da manoscritti coevi, dipinti, codici, e statuette.

La religione è stata occasione di viaggio anche in altro senso, poiché le Crociate portarono in Terra Santa decine di migliaia di soldati, buona parte di essi semplici popolani arruolatisi per fede, o avventurieri in cerca di una cinquina, oltre ai cavalieri di ventura, e ai nobili che guidavano quell’esercito leggendario. Una spada del Quattrocento, accanto a una cotta di maglia, fa bella mostra di sé a suggerire quale fosse l’equipaggiamento dei Crociati, viaggiatori ben diversi dagli umili pellegrini “armati” di bastoni e calzari; un equipaggiamento militare che aveva raffinato complemento, per quei pochi che potevano permettersi un cavallo, gli oggetti a esso destinati: morsi, staffe, sproni, in ferro battuto e bronzo dorato.

Ben più del pellegrinaggio, le Crociate mettevano a rischio la vita di chi si arruolava per combatterle, e pochi furono, in proporzione, coloro che fecero ritorno in patria. A questo proposito, la scultura di anonimo della fine del XII Secolo, raffigura una donna nell’atto di abbracciare un uomo, presumiamo il marito, in divisa di Crociato, tornato dalla guerra dopo anni di lontananza. Secondo la tradizione, si tratterebbe del Conte Hugo di Vaudémont.

Con la fine delle invasioni barbariche e il ritorno di una relativa tranquillità sulle antiche rotte carovaniere, dal 1200 ripresero vigore i viaggi commerciali, sostenuti anche da un’economia in espansione che non era più quella curtense dell’Alto Medioevo. A far scuola, fu il Milione di Marco Polo, che rivelò all’Occidente le meraviglie della Cina, e la mostra propone al pubblico la versione trecentesca che il fiorentino Amelio Bonaguisi trascrisse mentre era podestà di Cerreto Guidi, sul finire del Trecento. Usi e costumi di un popolo lontano, anzi lontanissimo, vennero per la prima volta descritti in modo approfondito e abbastanza fedele. Accanto al prezioso manoscritto, tessere mercantili, scarselle, monete, cofanetti e lettere di cambio, strumenti della finanza dell’epoca con cui un Francesco Datini poteva muovere capitali in tutta Europa.

È a quei viaggiatori dei tempi lontani - pellegrini, crociati o mercanti che fossero -, che dobbiamo l’arresto del processo di chiusura dell’Europa su sé stessa. Infatti, quei viaggi erano occasione d’incontro fra culture diverse, quella Occidentale cristiana e quella Orientale musulmana, e generarono quegli scambi che, soprattutto in Europa, contribuirono al progresso scientifico; fu dagli Arabi infatti, che mercanti e Crociati riportarono l’uso di radersi, scoprirono le fiabe delle Mille e una notte, impararono l’algebra e l’astronomia, e riportarono in patria un bagaglio di conoscenze che gettò ampia luce su quei Secoli bui.

La mostra si chiude con una scenografica sezione dedicata agli spostamenti delle corti reali e nobili, in occasione di matrimoni, ambascerie politiche, presa di possesso di nuovi territori conquistati. Imponenti cortei di palafrenieri, araldi, soldati, composti da sfarzose carrozze e portantine. Le numerose masserizie al seguito dei potenti, erano contenute in numerosi cassoni di legno foderati di cuoio, poi dipinto e dorato. Questi antesignani della moderna valigeria, contenevano vesti, armi, candelieri, gioielli, carte da gioco e pezzi degli scacchi, nonché il necessario per la devozione privata, ovvero altaroli, reliquiari, immagini religiose. Un modo di viaggiare ben diverso da quello di mercanti e pellegrini, che ribadiva, attraverso i segni del potere, le profonde differenze fra le classi sociali che allignavano in quei secoli lontani.

Questa piccola ma bella mostra, riporta per un istante con la mente a un’epoca ormai leggendaria, dove il tempo scorreva molto più lentamente di oggi, e anche il viaggio seguiva particolari ritmi, dovuti alla possibilità di spostarsi soltanto a piedi o a cavallo. Per questo, un viaggio diveniva un’esperienza di vera comunione con il territorio che si attraversava, beninteso se si riusciva a scampare i pericoli che esso riservava.

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