Covid, Cgil-Cisl-Uil: sul lavoro in sicurezza evitare discriminazioni tra lavoratori

In Toscana per chi tornerà al lavoro distanza di sicurezza di 1,8 metri; per chi già lavorava solo un metro. Calosi: “Prima le persone. Il virus sarà sconfitto da chi lavora”. Lega: "Garantire la protezione, far ripartire le attività". Potere al Popolo!: "Confindustria ci ricatta, o la borsa, o la vita"

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
14 aprile 2020 14:59
Covid, Cgil-Cisl-Uil: sul lavoro in sicurezza evitare discriminazioni tra lavoratori

Firenze 14.04.2020- In questo momento quello di cui abbiamo meno bisogno è ulteriore confusione tra indicazioni, norme, decreti, ordinanze a livello nazionale, regionale o locale. I cittadini e i lavoratori vivono una fase di profonda difficoltà e hanno bisogno di certezze. In questo senso l’ultima Ordinanza del presidente della Regione Toscana, “Ulteriori misure per le attività commerciali per il contrasto ed il contenimento sul territorio regionale della diffusione del virus COVID-19” crea confusione e disparità di trattamento tra lavoratori e attività, tra quelle già aperte e quelle per cui si prevede la riapertura.

Nel testo infatti si prevede per le attività che potranno riaprire l’obbligo della distanza interpersonale di almeno 1,8 metri; ciò però è in contrasto con la norma prevista dal Decreto nazionale vigente, che parla di 1 metro e che resta in vigore per quanti già lavoravano. E’ di tutta evidenza l’assurdità di una distanza di sicurezza differente tra i lavoratori.

Per evitare confusione e discriminazioni tra lavoratori, le segreterie di Cgil, Cisl e Uil della Toscana chiedono pertanto una riunione specifica, per affrontare la questione sicurezza nel suo complesso, vista la situazione creatasi.

La Fiom Cgil di Firenze chiede che il tempo che ci separa dalla cosiddetta «fase due», quindi dalla riapertura delle attività metalmeccaniche, sia impiegato per garantire in ogni azienda condizioni di sicurezza a tutela dei lavoratori. Per questo chiama tutti i cittadini, Sindaci e istituzioni dell'area metropolitana, associazioni datoriali, forze politiche e società civile, a firmare un appello e attivarsi per una vigilanza sanitaria continua.

Per il Segretario Generale della Fiom Cgil territoriale, Daniele Calosi, si deve “ripartire dalla sicurezza. Prima le persone. Il virus sarà sconfitto da chi lavora e dal lavoro collettivo che insieme metteremo in campo. Data anche l'intenzione, annunciata dal Presidente Rossi, di avviare dal 27 aprile le prime riaperture di aziende che operano nell’ambito dell’export, metalmeccanica d’eccellenza e moda, per il loro valore in termini di Pil regionale, pensiamo che sia utile far presente quali sono, per Fiom Cgil, i provvedimenti essenziali a garantire la sicurezza.”

L' “Appello pubblico - Per la salute e la sicurezza, Prima le persone”, (a cui è già possibile aderire su change.org) propone di costruire a livello provinciale un protocollo contenente linee guida da introdurre nei luoghi di lavoro metalmeccanici per salvaguardare la salute dei lavoratori, la salute pubblica e il reddito.

Nello specifico richiede alcune azioni a carico dei datori di lavoro come la sanificazione degli ambienti, la divulgazione delle misure da applicare e la costituzione, ove non ancora presenti, dei Comitati per l’applicazione e la verifica delle regole del protocollo di regolamentazione. Alla ripresa delle attività si richiede inoltre l'effettuazione di test sierologici e tamponi ai lavoratori metalmeccanici che impegnati nella manutenzione degli impianti nei presidi sanitari e ospedalieri, di aggiornare il Documento di Valutazione dei Rischi e integrare il Piano di emergenza, prevedere pulizie periodiche dei luoghi e delle attrezzature di lavoro e di aree comuni come mense, servizi igienici, spogliatoi, sale mediche o magazzini. Tra le misure già attivate prima del lockdown l'appello conferma la necessità di rendere disponibili di detergenti e gel igienizzanti, far rispettare la distanza di 2 metri, prevedere, nel rispetto della privacy, il controllo della temperatura corporea, fornire mascherine anche per il tragitto casa lavoro ed eventuali Dispositivi di Protezione Individuale per attività specifiche, continuare ad adottare il lavoro agile, prevedere accorgimenti per il distanziamento sociale nei reparti e negli spostamenti tra reparti (per esempio pause, turnazioni specifiche, ingresso e uscita dei lavoratori). Alle istituzioni si chiede l'impegno a garantire la sanificazione e l’incremento dei mezzi pubblici, al fine di evitare affollamenti a bordo, di far valutare tali azioni con una consulenza medico scientifica e di vigilare sull’applicazione. Nel frattempo per le attività già operanti, autorizzate dalla Prefettura, è necessario intensificare i controlli per verificare il rispetto delle norme sanitarie e se sono stati costituiti i comitati aziendali.

"Dobbiamo puntare su un grande piano produzione di massa di dispositivi di protezione individuale: guanti, mascherine, igienizzanti". Per troppo tempo, sostengono i consiglieri metropolitani leghisti nel Centrodestra per il cambiamento Alessandro Scipioni e Filippo La Grassa "si è ritardato su questo, non approntando riserve nei mesi precedenti l'arrivo del Covid 19 in Italia e non pianificando una produzione importante immediata per non bloccare il paese. Dobbiamo tornare subito a far crescere il Paese".

La clausura "non è più sostenibile e non risolve il problema alla radice. Senza un vaccino, terminata la serrata, potrebbero ricominciare i contagi". Dobbiamo risolvere i problemi, non girare intorno alle scelte necessarie". A Firenze ed in provincia, come in tutta Italia "abbiamo bisogno di ripartire. Non possiamo rischiare un totale collasso della nostra economia locale e nazionale. Dobbiamo tornare alla normalità il più possibile. Per i dispositivi di protezione individuali, ci vuole una rigorosa vigilanza a favore di prezzi bassissimi.

In questa fase è un imperativo morale delle istituzioni evitare speculazioni di ogni genere. Si deve uscire di casa solo con i dispositivi di protezione e tornare il prima possibile alla normalità". Il tessuto economico-sociale "va salvaguardato. In questo momento tante attività vivono una fase di incertezza drammatica e la nostra preoccupazione va verso settori come quello turistico, alberghiero, della ristorazione, di bar e tutto ciò che vi è connesso. Settori che probabilmente saranno in sofferenza comunque".

Confindustria Toscana mette le bandiere delle sue sedi a mezz'asta inscenando il lutto per la chiusura aziendale contro il contagio.

"Per chi è morto? Per medici e infermieri costretti a lavorare in condizioni tali da essere potenziale vittima e veicolo del virus? -domandano da Potere al Popolo!- No. Il lutto Confindustria lo ha messo per la perdita di profitto, di soldi, non di persone. In barba a qualsiasi tutela della vita umana, come avvenuto in provincia di Bergamo, dove il contagio ha trovato un veicolo nelle fabbriche aperte. I padroni non sono nuovi a questo. In quanto lavoratori e lavoratrici sappiamo bene come non vengano rispettate le norme di sicurezza nei luoghi di lavoro durante periodi di normale amministrazione.

In questo momento è solo più evidente, come purtroppo già dimostrato in più parti d'Italia, dove addirittura si licenzia (sempre in Toscana, nel Mugello) chi denuncia la mancanza di dpi. Nella condizione di disagio sociale nel quale sta piombando sempre di più questo paese, non ci possiamo far ricattare da Confindustria. Non è accettabile che si costringano migliaia di lavoratori a tornare a lavoro per gli interessi di una minoranza anche e soprattutto considerando il ritardo cronico nell'esecuzione di tamponi in una fase ancora critica per l'emergenza sanitaria e l'assenza di protocolli specifici per la sicurezza per ogni singola azienda. Ai lavoratori, di fronte alla minaccia di chiusura delle aziende, non rimane che scegliere: o la borsa o la vita.

Noi non vogliamo essere costretti a questa scelta! Chiediamo che lo Stato garantisca delle misure sociali e un reddito di emergenza che aiuti chi non lavora, chi non arrivava a fine mese prima dell'emergenza ed ora è a terra, chi era ed è precario, chi non ha una casa, a tutti coloro che sono arrivati all'appuntamento col virus in una condizione difficile. Chiediamo che, una volta finita l'emergenza, si lavori per non lasciare indietro nessuno, perché non vi sia più precarietà e miseria.

Si lavori in questa direzione, invece di costringerci a morire di più, a subire di più".

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