Corte Costituzionale e Parlamento ai ferri corti

L'art.3 commi 8 e 9 D.Lgs. 23/2011, messo alla porta dalla Consulta, rientra dalla finestra della politica

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
24 maggio 2014 07:04
Corte Costituzionale e Parlamento ai ferri corti

Due anni e mezzo di iter procedurale per la rimessione alla Corte Costituzionale di alcune ordinanze di Tribunali italiani, rinvii, costituzioni di parti in giudizio, camera di consiglio e sentenza finale…. tutto vanificato in pochissime ore da un emendamento al DL 47/2014 ficcato con fare marpionesco all’ultimo momento, tra l’ignoranza e l’indifferenza generale dei nostri parlamentari, in un provvedimento legislativo che non c’entrava nulla perchè parlava di Expo 2015, cedolare secca e occupazioni abusive di stabili.

E’ di tutta evidenza che siamo ormai allo scontro frontale tra chi usa la politica per sopraffare gli altri e per aggirare i dettati della Corte Costituzionale e i giudici stessi della Consulta, ormai ridotta ad un farraginoso ed obsoleto marchingegno, inascoltato e deriso da parlamentari e faccendieri.

A fronte degli ampollosi paludamenti dei giudici costituzionali che preludone a severe statuizioni, puntualmente disattese, vi sono le giacche-cravatte e tailleur dei nostri parlamentari , meno solenni, ma infinitamente più efficaci e penetranti.

Fanno tenerezza le tardive affermazioni di alcune associazioni di piccoli proprietari, secondo cui non si possono “accettare ulteriori vessazioni manifestatamente contrarie ai principi intangibili della Costituzione Italiana”…

Sarebbe pur vero che il giudicato costituzionale non può essere violato da alcuno e che esiste una copiosa giurisprudenza costituzionale secondo la quale, perché vi sia violazione del giudicato costituzionale, è necessario che una norma ripristini o preservi l'efficacia di una norma già dichiarata incostituzionale. In particolare, nel chiarire la portata del primo comma dell'art. 136 Cost., la Corte ha precisato che il rigore del citato precetto costituzionale impone al legislatore di "accettare la immediata cessazione dell'efficacia giuridica della norma illegittima", anziché "prolungarne la vita" … e che “le decisioni di accoglimento hanno per destinatario il legislatore stesso, al quale è quindi precluso non solo il disporre che la norma dichiarata incostituzionale conservi la propria efficacia, bensì il perseguire e raggiungere, "anche se indirettamente", esiti corrispondenti a quelli già ritenuti lesivi della Costituzione” (sentenze n.

223 del 1983, n. 73 del 1963 e n. 88 del 1966).

Sotto questo profilo mi sento di rivolgere un appello al giudice costituzionale Grossi, già relatore nelle procedure che hanno portato alla emanazione della sentenza n.50/2014 e relatore in alcune ordinanze ancora pendenti presso la Corte Costituzionale che hanno ad oggetto l’ex art.3 commi 8 e 9 del D.lgs 23/2011.

La Corte, oltre che garante della nostra Carta Costituzionale, è, prima di tutto giudice essa stessa e, come tale, può , in alcuni casi anche d’ufficio, autorimettersi la questione di costituzionalità di una norma.

Il DL 47/2014, convertito in legge dal nostro Parlamento, oltre a violare il dettato costituzionale ex art. 136 Cost., ha di fatto resuscitato gli effetti di una norma già dichiarata incostituzionale sotto il profilo dell’eccesso di delega (art 3 commi 8 e 9 D Lgs 23/2011)

Ritengo a questo punto che la Corte, avendo la nuova norma fatti salvi gli effetti di una norma giudicata incostituzionale, ne possa ben dichiarare la illegittimità costituzionale, sia per la violazione del giudicato costituzionale, sia sotto gli altri profili, in un primo tempo non valutati perchè assorbiti dal vizio più grave dell’eccesso di delega.

Giudice Grossi vogliamo dare una dimostrazione ai nostri giacca e cravatta che la Costituzione non è solo una teoria della quale prendersi impunemente gioco?

Avv. Paolo Cotronei

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