Commercio, Toscana costretta a liberalizzare tutto

La Regione aveva applicato norme di salvaguardia, i giudici hanno cancellato tutto

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
17 giugno 2014 16:30
Commercio, Toscana costretta a liberalizzare tutto

La Corte Costituzionale con la Sentenza 165/14, dichiara illegittime alcune disposizioni della Regione Toscana in materia di commercio perché ritenute contrastanti con il principio di concorrenza, materia di competenza esclusiva dello Stato.Una bocciatura sollecitata dal Governo che aveva presentato ricorso per “invasione di campo”. Secondo i giudici le norme  rendevano più difficile l’apertura, ampliamento e trasferimento di grandi strutture commerciali perché imponevano all’impresa oneri come l’analisi dei flussi veicolari e delle infrastrutture, la produzione di energia da fonti rinnovabili, i progetti per limitare la produzione di rifiuti, la valutazione degli effetti acustici.Questa produzione di documenti è ritenuta un ostacolo alla concorrenza perché le imprese che intendono esercitare in Toscana sono svantaggiate rispetto a quelle operanti in regioni limitrofe e a quelle già da tempo attive nella stessa Toscana.Secondo la Corte, le Regioni devono rispettare gli articoli 31 della legge 214/11 e 1 della legge 27/12 e qualora ritengano, come previsto dalle suddette norme, di «contemperare la liberalizzazione del commercio» con le esigenze di «una maggiore tutela della salute, del lavoro, dell’ambiente e dei beni culturali» devono fissare regole che non rendano più onerosa l’attività rispetto agli operatori del settore di altre regioni o già operanti nella regione.Bocciata la norma che fissava una distanza minima tra gli esercizi che fanno parte di una «struttura di vendita in forma aggregata» che è un tipologia commerciale prevista in Toscana.

Il parametro della distanza non è previsto dalla legge italiana ed è vietato dalla direttiva Servizi europea.Illegittima è anche la disposizione che impone che le merci vendute negli outlet rechino «il solo prezzo finale di vendita, tranne che nelle ipotesi di vendita straordinaria e promozionale». Per la Regione si trattava di una disposizione che tutelava il consumatore perché evitava «una concorrenza sleale nei confronti degli esercizi tradizionali» dato che solo gli outlet possono effettuare vendite promozionali tutto l’anno.

Per la Corte questo è un obbligo che limita la libertà nella comunicazione dei prezzi di vendita; qualora si riscontrasse però un beneficio per il consumatore la questione dovrebbe essere regolata dallo Stato, trattandosi di materia di diritto civile. Dichiarate illegittime anche due norme in tema di distribuzione di carburanti.È contraria all’obbiettivo della liberalizzazione la norma che consente di aprire un impianto nelle aree montane e insulari dotato solo di self-service, senza la presenza del gestore, «a condizione che ne sia garantita una adeguata sorveglianza secondo le modalità stabilite dal Comune».

Per la Corte si tratta di una imposizione di maggiori oneri in violazione del principio di parità concorrenziale.È contrario alla legge 111/11, articolo 28, che regola il settore, l’obbligo, durante l’apertura, del funzionamento contestuale della modalità «servito» e della modalità self-service.

"Prendo atto rispettosamente di questa sentenza che non giunge del tutto inaspettata, ma penso che dia un colpo duro ad un modello armonico di convivenza, perseguito in Toscana, tra le piccole strutture commerciali di vicinato e imprese medio/grandi" così l'assessora regionale al commercio, Sara Nocentini, commentando la decisione della Corte Costituzionale che ha bocciato alcune disposizioni contenute nelle leggi regionali sul commercio 52/2012 e 13/2013 perché in contrasto con il principio di concorrenza, materia esclusiva dello Stato.

"La totale liberalizzazione indebolirà un equilibrio fortemente ricercato, consentendo innanzitutto orari di apertura senza controllo nella grande distribuzione - aggiunge Nocentini - per questo convocheremo i sindacati e le associazioni di categoria; con queste ultime avevamo già un appuntamento per il prossimo 27 giugno e inseriremo immediatamente questo tema all'ordine del giorno. Si tratta di comprendere le possibili conseguenze di questa decisione sul tessuto sociale e lavorativo dei territori, e pensare ad una soluzione non più normativa, ma legata a forme di patto sociale a salvaguardia dei diritti di tutti e di un equilibrato modello di sviluppo per i nostri territori. Allo stesso tempo, ci attiveremo, anche di concerto con le altre Regioni, sul governo nazionale perché riesamini la questione".

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