Cinesi a basso costo, dalla sicurezza sul lavoro alla concorrenza sleale

Reazioni dopo la trasmissione Report su Rai Tre. Ecco le cause della concorrenza sleale a danno degli artigiani onesti

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
22 dicembre 2014 16:46
Cinesi a basso costo, dalla sicurezza sul lavoro alla concorrenza sleale

 "Definire la Toscana una 'zona franca' è un insulto che respingo al mittente", lo ha detto il presidente della Toscana Enrico Rossi rispondendo alle domande dei giornalisti circa un servizio andato in onda ieri sera nell'ambito della trasmissione televisiva 'Report' su Rai 3. Rossi ha precisato che "non si può prendere un episodio ed esprimere un giudizio generalizzato senza considerare quello che si sta facendo, come Regione Toscana ma anche insieme alle imprese, imprese che sono molto sensibili ai temi della filiera. Noi i controlli a Prato li stiamo facendo seriamente. Costruiamo insieme alle aziende importanti della moda controlli della filiera che giudico molto utili per combattere il lavoro nero e l'evasione fiscale. Su questo è giusto denunciare le situazioni quando ci sono, ma anche dare la giusta dimensione della cosa e stare attenti a lanciare giudizi".

Una filiera di qualità, tracciabile, trasparente e sostenibile. Questo l'obiettivo del protocollo d'intesa per la legalità e qualificazione della pelletteria in Toscana che verrà firmato domani dal presidente della Regione Enrico Rossi e dai rappresentanti di Confindustria, Cna, Confartigianato e dai sindacati di settore. Un'alleanza inedita, che vede insieme istituzioni, imprenditori e organizzazioni sindacali e che punta alla ulteriore valorizzazione di un settore di punta per volume di esportazioni e qualità.

Niccolò Giannini, presidente dei Pellettieri di Confartigianato Firenze però attacca: “Purtroppo, Report dice il vero. Il sistema che manda a casa i dipendenti italiani sostituendoli con quelli di nazionalità cinese, assunti (solo sulla carta) part-time per lavorare invece il doppio, se non il triplo delle ore, è estremamente diffuso sul territorio fiorentino. Così come frequentissimo è il mancato rispetto, da parte delle imprese cinesi, delle più elementari norme sulla sicurezza sul lavoro (dagli ultimi controlli eseguiti dalla Regione Toscana risultano irregolari il 72% delle imprese cinesi finora controllate, in tutti i settori, nel comprensorio di Firenze, Prato e Pistoia).

Per non parlare poi della contraffazione, tanto che 5 delle province italiane più esposte a tale rischio in campo manifatturiero sono proprio toscane: Prato, che è la provincia più a rischio d’Italia, Firenze, che è la 3°, Arezzo, la 4°, Pistoia, la 5° e Pisa l’8°. Basta ed avanza per parlare di concorrenza sleale a danno degli artigiani onesti che pagano le tasse, garantiscono lavoro e sicurezza ai propri dipendenti ed esigono il giusto compenso orario”.

Il giusto compenso. Questo uno dei temi più spinosi di un comparto in cui almeno l’80% dei pellettieri lavora come conto terzista, direttamente o in secondo livello, per una grande griffe. “Dopo lunghe trattative avviate in Camera di Commercio tra le associazioni degli artigiani e quelle degli industriali, nel 2012, è stato concordato un costo di lavoro non inferiore a 0,32 centesimi/minuto. Ma il numero degli artigiani costretti a lavorare anche a 0,29 centesimi/minuto, pur di non perdere la fornitura, non è certo irrisorio. Così come le richieste da parte delle griffe di eseguire le commesse in minor tempo (con il che il costo orario si riduce ulteriormente). Oltre a questo, si rimarca il fatto che il costo minimo è solo un suggerimento, non un obbligo. Una specie di indicatore, sia per il contoterzista che per la griffe, della soglia di concorrenza sleale” aggiunge Giannini.

Per quanto riguarda la presunta corresponsabilità di Gucci? "Confartigianato non si pronuncia perché ha scelto di non far parte dell’accordo che lega la griffe ai sindacati del territorio e alle associazioni industriali ed artigiane. Fintanto che non verrà riconosciuto il ruolo centrale dell’artigianato e il giusto compenso economico per il lavoro di qualità non ci siederemo ad alcun tavolo” chiosa Giannini.

Le soluzioni per Confartigianato non passano solo dall’attività repressiva. “I controlli sono sacrosanti - spiega Giannini – ma devono essere affiancati da altre azioni. La definizione di un vero Made in Italy, per esempio, chiaro, preciso e non aggirabile dal punto di vista normativo come consente di fare la legislazione oggi vigente che, infatti, permette di effettuare l’80% della lavorazione all’estero (specie Bulgaria, Romania e Cina) per poi essere terminata in Italia ed essere marchiata come Made in Italy. Non deve essere una denominazione di cui ci si può appropriare con la localizzazione in Italia di tre sole fasi della lavorazione (imballaggio compreso), ma un indiscutibile attestato di alta qualità attribuibile solo con una produzione che si svolga internamente, dalla A alla Z, sul territorio italiano”.

L’associazione degli artigiani di Firenze chiede anche un maggior coinvolgimento delle amministrazioni comunali e della Regione, sia con un pressing sulle grandi firme per far sì che terminino di "strozzare un distretto della pelle conosciuto in tutto il mondo, sia con un sostegno reale alla pelletteria artigiana, per esempio nell’ambito della promozione in cui tendono invece a privilegiare i grandi nomi". A tale proposito Confartigianato si rammarica delle dichiarazioni pro multinazionali rilasciate oggi in merito al “caso Report” dai rappresentanti degli enti locali: “L’auspicio – conclude Giannini – è quello che torniamo a produrre per conto nostro, affrancandoci dalla condizione di operaio travestito, così da rilanciare anche i marchi locali”.“Il servizio mandato in onda da Report mi lascia perplessa per la mia esperienza da assessore al lavoro e amministratore della provincia di Firenze: Gucci ha sempre favorito il confronto con le aziende del territorio e con il sindacato” lo ha dichiarato l'on.

 Elisa Simoni. “La filiera della moda ha nella provincia di Firenze uno dei suoi centri principali con importanti sub-forniture per aziende non solo italiane. Come in altri territori del paese, anche nel nostro possono sorgere dei problemi. Ma Gucci, a differenza di altre aziende, è sempre stata pronta ad affrontarli: con i fornitori, i lavoratori, i sindacati e le istituzioni. Sono stati tra i promotori di un sistema di tracciabilità della filiera del prodotto" ha aggiunto. “Ho segnalato la problematicità di come venga gestita la filiera della moda anche alla commissione contraffazione della camera” conclude Simoni.

“Ci può sempre essere qualcosa che sfugge ai controlli. È giusto segnalarlo e riflettere su come migliorare il sistema di monitoraggio, magari creando un modello misto che integri il sistema gestito dalle aziende con controlli pubblici. Ma si deve fare grande attenzione a dare una visione equilibrata della questione perché il rischio è colpire chi sta facendo gli sforzi maggiori e mancare il cuore del problema. Senza parlare delle ricadute economiche negative che una pubblicità poco lusinghiera, immeritata, può attirare"

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