Cinema: in anteprima nazionale a Firenze il capolavoro pacifista di Chaplin

Venerdì 8 all'Odeon e dal 12 allo Stensen

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
06 gennaio 2016 21:02
Cinema: in anteprima nazionale a Firenze il capolavoro pacifista di Chaplin

Il GRANDE DITTATORE (1940), il capolavoro pacifista di Charlie Chaplin torna in sala a Firenze, per l'occasione in unanuova versione restaurata originale con sottotitoli in italiano, grazie alla Cineteca di Bologna (unico ente autorizzato dalla famiglia Chaplin a conservare e restaurare l’enorme archivio del regista americano).

Venerdì 8 Gennaio (ore 21) ci sarà l'anteprima nazionale al Cinema Odeon, mentre da Martedì 12 Gennaio il film sarà poi in programmazione al Cinema Stensen (il titolo è stato selezionato anche come film per le scuole in occasione della Giornata della Memoria 2016).

4 giorni: sono quelli che separano le date di nascita di Charles Chaplin (16 aprile 1889) e Adolf Hitler (20 aprile dello stesso anno). Da un lato, l'attore più celebre del mondo, dall'altro lato, il dittatore che ha incarnato l'idea stessa del male nel mondo. “Mi ha rubato i baffetti”, sosteneva Chaplin. E proprio la coincidenza con quei baffetti così irriverenti sembra essere alla base del divieto di uscita nella Germania già nazista di Tempi moderni, indipendentemente da ogni pericolo “comunista” che il film avrebbe rappresentato. Ma è chiaro che i destini di Chaplin e Hitler si incrociano definitivamente quando Chaplin presenta al mondo, nel 1940, Il grande dittatore. Al mondo, ma non alla Germania, naturalmente, e nemmeno all’Italia: noi dovremo aspettare fino all'autunno del 1944.

Il grande dittatore ha una lunga gestazione, che affonda le radici nel progetto, rimasto irrealizzato, di un film su Napoleone, e superato dagli accadimenti politici in favore di un film su un altro dittatore, la cui ombra stava già oscurando l'Europa: Adolf Hitler. Ore di studio di immagini di Hitler hanno permesso a Chaplin di costruire il personaggio di Adenoid Hynkel, interpretato dallo stesso Chaplin, così come quello di Benzino Napaloni, questo il nome nella versione inglese del dittatore di casa nostra, un Benito Mussolini affidato all’interpretazione superba di Jack Oakie.

Chaplin si trova così nel doppio ruolo del dittatore tedesco e del suo classico “vagabondo”, pur con tutte le metamorfosi che il personaggio ha vissuto dalle origini, nell'ormai lontano 1914, ad ora, e che qui veste i panni di un barbiere ebreo: è a lui che il destino riserva l'impresa impossibile, quella di parlare al mondo. E sceglie di parlare di pace. Se il cinema di Chaplin non ci avesse riempito l'anima di sorrisi e lacrime fin dalle prime apparizioni di Charlot, potremmo forse dire che questo discorso sia il momento cardine della sua intera opera.

Un discorso preparato in solitudine per lungo tempo, durante la lavorazione del film: il 9 maggio 1939 Chaplin allontana i suoi collaboratori per scriverlo, mentre le riprese vengono effettuale un mese e mezzo dopo, tra il 24 e il 28 giugno. Seguendo cronologicamente le diverse redazioni della sceneggiatura, si ha la netta impressione che il finale sia tracciato nei suoi elementi essenziali e nelle sue motivazioni molto in anticipo rispetto al resto della storia, delineandosi progressivamente come una sorta di punto di fuga verso cui la narrazione, da un certo punto in poi, sembra tendere quasi naturalmente, per trovare il giusto registro e una nuova profondità. Un paradosso, in fondo, se si pensa che una delle accuse più frequenti rivolte al discorso finale fu proprio quella di aver violato l'unità stilistica e narrativa del film.

Ma il discorso finale del Dittatore non vede protagonista solo Chaplin: all'altro capo di un altoparlante, lo ascolta Paulette Goddard, magnifica co-protagonista del film, oltre che compagna nella vita, alla quale Chaplin riserva un'attenzione del tutto particolare e inedita nel suo approccio professionale: invece di mimare la parte che gli altri attori devono interpretare, il regista sceglie questa volta di dare indicazioni di regia, raccolte dalla segretaria di edizione, ed emerse con grande sorpresa dall’Archivio custodito dalla Cineteca di Bologna: “Bisogna raggiungere la poesia. Il realismo è soltanto un mezzo”.

L'uscita in sala del film rappresentò un evento mediatico senza precedenti: due giorni dopo la proiezione a New York del Grande dittatore (15 ottobre 1940), in Italia il Minculpop emanò la perentoria disposizione “17 ottobre 1940: ignorare la pellicola propagandistica dell'ebreo Chaplin” (sic), alludendo chiaramente - senza nominarlo - al film. È fin troppo ovvio che in Italia la proiezione di un film americano e antinazista come Il grande dittatore, che ridicolizzava non solo Hitler ma anche Mussolini, venisse vietata al pubblico.Il grande dittatore venne proiettato per la prima volta in Italia alla fine di ottobre 1944 a Roma e Firenze,e poi a Napoli e nelle altre città più importanti del Sud e solo dopo la Liberazione venne proiettato anche nel Nord Italia.

A IL GRANDE DITTATORE seguiranno nei prossimi mesi, sia all'Odeon che allo Stensen, altri appuntamenti con i grandi classici restaurati in prima visione: a febbraioNOSFERATU di Friedrich Wilhelm Murnau, a Marzo ROCCO E I SUOI FRATELLI di Luchino Visconti, ad Aprile ASCENSORE PER IL PATIBOLO di Louis Malle, a Maggio MOUCHETTE di Robert Bresson.

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