Livorno: chiedere a un regista tutto quello che vuoi

Francesco Bruni ha inaugurato "La bella estate" a Villa Maria, rassegna di incontri sui mestieri del cinema

Elena
Elena Novelli
21 agosto 2020 13:59
Livorno: chiedere a un regista tutto quello che vuoi
Fotografie di Benedetta Bindi

LIVORNO- Giovedì 20 agosto, nell’elegante scenario di Villa Maria a Livorno, il regista e sceneggiatore Francesco Bruni ha dato il via alla Rassegna di incontri sui mestieri del cinema, promossa dalla Biblioteca Labronica, e dedicata ai talk con i protagonisti della settima arte. Visto il successo dell’edizione precedente, e la particolare situazione di tutte le figure professionali in questo drammatico periodo di pandemia, è stato bello ed importante avere un segnale positivo e di continuità dalle istituzioni.

Il primo incontro si è svolto alla presenza dell’efficace assessore alla cultura Simone Lenzi, anch’egli sceneggiatore e scrittore oltre che musicista, che con iniziative e mostre ha risvegliato e movimentato la città, portandola ai primi posti della scena culturale toscana.

Il regista livornese è stato intervistato dal giornalista Michele Innocenti, che con domande precise e da ‘addetto ai lavori’ ci ha portato a scoprire i segreti di chi il cinema lo fa e lo vive, anche da spettatore appassionato.

“Lo streaming? No, soffro - ha chiarito subito Bruni al pubblico che chiedeva cosa pensasse delle nuove modalità di fruizione - il mercato si evolve e la rete è più democratica, tutti possono arrivarci lo so. Anch’io vedo film in tv e sul computer, lo faccio con i miei figli, ma la sala è un’altra cosa, la sua magia è insostituibile, anche quella di una sala parrocchiale. Col mio terzo film ‘Tutto quello che vuoi’, ho girato il mondo, da Los Angeles alla Cina, all’Azerbaigian. Ma ho presenziato anche proiezioni nelle parrocchie, ho dormito negli ostelli e mangiato dal prete di Torre Boldone, e sono state le esperienze più belle”.

Per ‘Tutto quello che vuoi’, i cui versi sono per l’appunto dell’assessore Simone Lenzi, il regista Giuliano Montaldo ha avuto il David come miglior attore non protagonista, ha ricordato l’intervistatore Michele Innocenti.

“Quando ero sceneggiatore ci tenevo di più a vincere i David - ha confidato Bruni - andando avanti gli attribuisco meno importanza. I premi hanno meccanismi perfettibili, le giurie non vedono tutti i film, spesso trascurano le piccole distribuzioni. Ma con Giuliano è stata una scommessa, perché tutti mi sconsigliavano, da Ettore Scola a Paolo Virzi’, la moglie mi ha detto: “È un cane”. Ma io ci ho lavorato, così come ho fatto con l’attore rivelazione Andrea Carpenzano.

Adoro dirigere gli attori, io vengo dal teatro, che facevo da giovane a Livorno col collega e amico Paolo Virzì. Il fulcro, lo spettacolo del cinema sono loro, li ammiro, ed io me li coccolo. Nel mio ultimo film - ‘Cosa sarà’, scelto per la chiusura della quindicesima edizione della Festa del Cinema di Roma - Kim Rossi Stuart ha fatto cose che non mi scorderò mai, ha messo impegno, fatica fisica. In Italia ci sono attori meravigliosi”.

“Ma in ‘Tutto quello che vuoi’ c’è un terzo personaggio: Trastevere - ha rivelato il regista - un quartiere che ho cercato di mostrare nei suoi angoli più nascosti, e che si disvela di pari passo col procedere della storia e della conoscenza degli altri due protagonisti: il vecchio poeta e il giovane sprovveduto”.

“La tematica dello scontro generazionale era propria già del tuo primo film ‘Scialla! (Stai sereno”) - ha suggerito Innocenti.

“L’incontro-scontro tra generazioni m’interessa molto - ha confermato Bruni -

mi appassiona il rapporto tra insegnante e alunno, così come tra genitori e figli, che si ritrova anche in ‘Noi 4’. InSciallac’è molto del rapporto tra me e mio figlio Arturo - noto trapper della scena romana, che ha interpretato un ruolo importante ed ha pesato negli incassi col suo pubblico di fan, corso in sala a vedere ‘Tutto quello che vuoi’.

‘Scialla’ è stato un grande successo - ha ammesso - e sulla spinta di quel successo mi sono detto ora faccio un filmone, la storia di una famiglia disgregata e disfunzionale: questo è ‘Noi quattro’, il mio film più complicato”. “Non ho centrato il bersaglio, ma sono comunque orgoglioso del mio piccolo insuccesso - ha detto con una buona dose di umorismo che nei suoi film non manca mai, e che è sicuramente nel dna di tutti i Livornesi - mi ero ispirato a “Una separazione” e a “Un giorno di ordinaria follia”, mi era venuta voglia di esplorare, e invece mi sono complicato la vita.

Il montatore, Marco Spoletini, è impazzito, perché i film con tante storie che s’intrecciano e con tanti personaggi, sono i più difficili, diciamo che mi sono fatto lo sgambetto da solo. Per fortuna esiste il montaggio, dove si taglia, si ristabilisce un ordine. Quando c’è qualcosa di troppo, quando un attore ‘scaccola’, il montatore dice: con questo non ce famo niente e lo damo ar gatto. Allora lo devi seguire, perché sta facendo il tuo bene, sta facendo del bene al cinema.

Ed ecco l’importanza dei collaboratori, come il direttore di produzione, o l’aiuto regista, che si fa un mazzo totale, è la tua interfaccia, deve stoppare i malumori, ma fare anche il piano produzione, non dorme mai, è il sergente di Full metal Jacket’. Poi c’è il direttore della fotografia, altra figura fondamentale, e l’operatore che si porta il peso sulle spalle, lavora col corpo”.

“Nell’ultimo film in uscita ad ottobre, ‘Cosa sarà’, c’è una sola macchina - ha spiegato - mentre di solito si gira con almeno due o tre, è più facile, non hai problemi di continuità”. “Sono stato incoraggiato dal direttore della fotografia, ho fatto molti movimenti di macchina che non avevo mai fatto, abbiamo dovuto illuminare in maniera più diffusa gli interni. Il quarto è un’evoluzione degli altri tre film, c’è molta camera a mano, carrellate”. “È stata un’odissea - ha rivelato - ma non per girarlo. Doveva chiamarsi ‘Andrà tutto bene’ ma il Covid, che ne ha ritardato l’uscita, ha bruciato il titolo”.

La pellicola, che verrà presentata alla Festa del Cinema di Roma ad ottobre, è stata girata in parte a Livorno. “La pioggia no ci ha dato tregua - si è rammaricato Bruni - ma ci sono scene bellissime”.

E non ne dubitiamo, visto che quando gli viene chiesto chi sono i suoi modelli “Dio - ha risposto citando Woody Allen - a qualcuno dovrò pure ispirarmi...”. E scopriamo così che il suo ‘maestro’ è proprio il regista di Manhattan, con le sue inquadrature fisse e i campi lunghi. I suoi modelli italiani, oltre a Virzì, Gianni di Gregorio, Gianni Zanasi e Roan Johnson. “Paolo Virzì, è stato il mio maestro: lui era già diplomato mentre io facevo il Centro Sperimentale, mi disse vieni a Roma, ci son le attrici...è stato Lucignolo - ha riso - gli sono profondamente debitore.

Il film di Paolo più bello che ho fatto da sceneggiatore è ‘Il capitale umano’. È geniale, anche se libro è molto bello, noi lo abbiamo rovesciato. Nell’approccio alla regia mi hanno poi condizionato Monicelli, Scola, Risi: la commedia all’italiana più amara. Tra gli stranieri Altman, Ken Loach. Tra gli sceneggiatori che più ammiro c’è Furio Scarpelli”.

“Essere passato alla regia mi ha fatto valutare diversamente i registi, e mi ha rovinato il gusto nel vedere i film - ha scherzato - sono diventato più critico, e lo rovino a chi li guarda con me, come mia moglie - l’attrice Raffaella Lebboroni, interprete di molti film e sceneggiati tv. “Mi sono fissato sul paesaggio, in un film recente ho notato pini marittimi in Alto Adige...o i movimenti sbagliati delle comparse, ho acquisito un occhio diverso e più attento”.

C’è un margine d’improvvisazione? Chiedono dal pubblico. “No, ci sono molte letture sul testo a tavolino, tante prove - ha chiarito - anche suggerimenti, e li inserisco in sceneggiatura. L’improvvisazione può accadere, ma è rara: una volta abbiamo montato una scena con uno scivolone non preventivato, a cui erano seguite molte risate. Dovetti dare lo stop, ma abbiamo salvato la caduta, escluso le risate e montato rumori in audio”.

Attendiamo con ansia il nuovo film, e teniamo stretti gli insegnamenti, le confidenze e le risate che ci siamo fatti in questa piacevolissima chiacchierata con Francesco Bruni.

Il 4 settembre, sempre alle ore 18.30, si parlerà di come cambia il lavoro dell'attore dal cinema alla serie tv, e della differenza tra l'interpretare un personaggio di un film che termina la sua esistenza nel tempo della durata del film, rispetto ad un personaggio che cresce e invecchia negli anni insieme all'attore e cambia con lui, come nelle serie tv. I protagonisti di questo incontro saranno tre attori toscani, che si muovono fra teatro, cinema e serie tv: si tratta di Paolo Cioni, Guglielmo Favilla e Daniele Marmi, provenienti direttamente dal set de “I delitti del Barlume”. Si sono appena concluse, infatti, le riprese dell'ottava serie ambientata a Marciana Marina, e ispirata ai romanzi dello scrittore toscano Marco Malvaldi, con la regia di Roan Johnson.

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