C’eravamo tanto amati... 45 anni dopo

Esce il 13 febbraio in tutte le sale italiane “Gli anni più belli”, l’ultimo film di Gabriele Muccino, con Pierfrancesco Favino, Claudio Santamaria, Kim Rossi Stuart e Micaela Ramazzotti

Elena
Elena Novelli
31 gennaio 2020 08:51

“Il tempo è circolare - ha affermato Muccino durante la conferenza stampa seguita all’anteprima romana del film “Gli anni più belli” - e la corsa sulle scale di Gemma, alias Micaela Ramazzotti, è il filo conduttore delle vite dei protagonisti”.

Anche il cinema è circolare, viene da dire dopo aver visto i tanti omaggi del regista a “C’eravamo tanto amati” di Scola, che a sua volta aveva omaggiato i registi del tempo inserendo scene famose dei loro film o addirittura loro stessi. Ci sono nel film di Muccino gli stessi profili dei personaggi di allora: un trio formato dall’intellettuale, dal cinico che ha successo e dal fallito; c’è la donna fatale, che genera triangoli, e che unisce e separa gli amici; c’è la vita, che è dura per tutti e non fa sconti a nessuno; e soprattutto c’è l’amicizia, che in questo film sembra non morire mai.

“Siamo cresciuti all’ombra dei grandi - ha spiegato il regista romano - noi non abbiamo avuto le grandi ideologie, collante delle precedenti generazioni, siamo cresciuti col complesso d’inferiorità, schiacciati dalla storia”. “E così a noi - ha proseguito - è rimasta l’amicizia, i sentimenti semplici e veri”.

E sui sentimenti e sull’amicizia è sicuramente questo dodicesimo film di un regista che sembra, ormai, aver raggiunto la maturità artistica, non solo per le storie che ripercorrono strade e temi già affrontati in passato, ma anche per i personaggi che ricordano col semplice nome, o col profilo psicologico, o con gli stessi attori, i suoi film precedenti. È una carriera quella di Muccino, che da enfant prodige del cinema italiano, l’ha visto sbarcare nel santuario di Hollywood, per poi tornare in patria alla ricerca di una maggiore libertà artistica.

“Fare film è aprire continui capitoli all’interno di una vita - ha dichiarato l’autore - in questi ventitré anni di carriera il cinema mi ha donato la possibilità di esprimere chi fossi, di raccontare come vedessi il mondo e di riconoscere la mia identità: in qualche modo mi ha salvato la vita, ho cercato di trovare la mia voce e il cinema me l’ha data”. “È stato un viaggio febbrile - ha confidato - iniziato subito dopo il liceo, illuminato dall’amore verso i Padri del nostro cinema, ai quali questo mio film porta tributo e omaggio”.

E oltre alle autocitazioni, come dicevamo, ci sono scene e riferimenti non solo a Scola, ma anche a Zavattini, Risi e Fellini. “Il mio film però è pacificatorio - ha spiegato Muccino - la vita va avanti e certi errori possono essere rammendati”. “Il finale è rasserenante e commovente - ha proseguito - volevo Pierfrancesco più amaro, invece lui mi ha portato più speranza nel domani: il suo personaggio ci dice che il futuro sarà migliore”.

“A differenza di ‘C’eravamo tanto amati’ in cui il gruppo di amici non si ricompone - ha dichiarato lo stesso Pierfrancesco Favino, presente in sala con le sue battute che hanno scaldato anche il pubblico un po’ freddino degli addetti ai lavori - qui il trio si ritrova, anche con la donna che tanto li ha fatti dannare”. “Noi che non abbiamo avuto il collante delle ideologie, come spiegava Gabriele Muccino, abbiamo trovato nell’amicizia una voce laica, abbiamo sentito la necessità dei rapporti umani come guida delle nostre esistenze - ha proseguito - dal naufragio delle loro vite, il gruppo di amici si ritrova nelle cose semplici, questa è una storia che riguarda tutti e in cui molti si identificheranno”.

“Il mio personaggio cerca la sua identità - ha raccontato Claudio Santamaria - è una persona smarrita, figlia di una generazione smarrita, che viene attratta da un movimento politico di pancia, in cui s’invoca l’onesta’ come panacea a tutti i problemi”. “Ma l’onesta’ non è sufficiente - ha riflettuto l’attore, forse disconoscendo sue passate e manifeste simpatie per il Movimento 5 Stelle - per governare serve la competenza, che il mio personaggio non ha”.

“Secondo i valori imperanti che ci obbligano al successo, pena l’emarginazione sociale - ha dichiarato Kim Rossi Stuart - anche il mio personaggio è un perdente, ma in questa sua visione non esasperata alla ricerca di una conferma, è l’unico che raggiunge la felicità”. “In un periodo in cui l’eroe non è più Batman che combatte il male, ma Joker vittimista che al male soccombe, il mio personaggio l’ho trovato molto positivo nella sua umiltà, e mi è piaciuto”.

In questo gioco di citazioni e somiglianze con “C’eravamo tanto amati”, Micaela Ramazzotti ricorda Stefania Sandrelli, senza nulla invidiare alla pur splendida attrice italiana.

“La Sandrelli aveva più orgoglio - ha suggerito la Ramazzotti - nella scena dell’incontro lei scappa, invece qui resta, perché ha subito così tante e tali deprivazioni affettive, che le basta un flirt per ritrovare se stessa”. “La mia Gemma è una disperata - ha rivelato - ha un vuoto interiore infinito, e sbaglia più degli altri perché è alla ricerca della felicità”. “Le eroine non mi piacciono - ha sussurrato - a me piace flirtare con personaggi vessati dalla vita”.

“Non so come sia Muccino rispetto ad altri registi - ha dichiarato Emma Marrone, vera rivelazione del film - non ho termini di paragone visto che non avevo mai recitato prima. È stato quel pazzo di Gabriele a convincermi, sempre comprensivo e garbato con tutti, educato e gentile: non mi sembra poco...”. “Io mi sentivo piccola in mezzo a questi titani - ha confessato - lui, e tutti, sono stati bravi a non farmi sentire inadeguata”. “Mi sono approcciata al personaggio di Anna di pancia - ha confidato - ho giocato a far la mamma, immaginato come mi sarei mossa col pancione, ho affrontato il parto”. “Lo rifarò - ha dichiarato - mi cimenterò nuovamente col cinema quando mi riproporranno qualcosa di interessante”.

C’è poi il ritorno di una ‘vecchia conoscenza’ di Gabriele Muccino: Nicoletta Romanov. “Ho fortemente voluto questa parte - ha ammesso - Gabriele aveva detto che forse aveva un personaggio per me, ed io l’ho costretto a farmi un provino, volevo lavorare con lui anche se avevo appena partorito, e gli ho detto: ‘Dammi 3 mesi’”.

“A Kim e a Micaela, invece, non ho fatto il provino - ha rivelato Muccino - i personaggi li ho scritti addosso a loro”.

Quelli che invece sono stati provinati, sono i fantastici ragazzi che interpretano i personaggi da giovani: Alma Noce-Gemma, Francesco Centorame-Giulio, Andrea Pittorino-Paolo, Matteo De Buono-Riccardo.

“Ho fatto ben 5 provini - ha raccontato il bravissimo Andrea Pittorino, già interprete di molte fiction e diversi film, che fa il personaggio di Kim Rossi Stuart da adolescente - ho fatto un grande lavoro su me stesso, e poi mi sono affidato a Gabriele”.

“All’inizio il film doveva chiamarsi ‘I migliori anni‘ - ha confidato Gabriele Muccino - ma poi è stato modificato in “Gli anni più belli”, perché Claudio Baglioni mi ha dato un inedito che dà quindi anche il titolo al film”. “ È una canzone bellissima, che sembra uscita dagli anni ‘80 ma è originale - ha spiegato il regista - anche Baglioni ha scontato il problema che ho vissuto io agli inizi: in Italia il pop era vissuto con diffidenza, nella musica come nel cinema, così come il lieto fine è visto con sospetto”.

E Muccino ci regala un film ‘pacificatorio’, come l’ha definito lui, aggiungendo che i migliori anni sono quelli che verranno.

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