C'era una volta Firenze: un gioco da ragazzi

"A passo Duomo", la pedonalizzazione ha aperto la strada, occorre capire come usarla

Antonio
Antonio Lenoci
27 luglio 2015 14:06
C'era una volta Firenze: un gioco da ragazzi

Con la chiusura di piazza Duomo Firenze ha aperto il ciclo delle pedonalizzazioni importanti: via Tornabuoni, piazza del Carmine, San Lorenzo, in programma anche il piazzale Michelangelo e Campo di Marte. Strade che si aprono e cittadini che camminano ancora ai bordi per abitudine o per timore: accade ad esempio dove c'è ancora il marciapiede e non a caso lo stesso Matteo Renzi, fautore dell' "A passo Duomo" avrebbe voluto eliminare i marciapiedi dalle vie pedonalizzate.C'è stato negli ultimi anni anche un ritorno all'uso delle piazze: Annigoni, San Jacopino, il Sodo ed altri spazi urbani sono stati sottoposti al parere dei cittadini, prima di essere ridisegnati dal Comune. Ma oggi sono usate, sono vissute?Se da una parte esiste il timore di vivere gli spazi aperti, dall'altra c'è chi punta il dito sul disinteresse, è il caso ad esempio di chi commenta in rete la presenza delle comunità sudamericane ed i colorati pic-nic alle Cascine, dimenticando che negli anni '70 i cittadini riempivano il Pratone con tavolini e tovaglie.Forse per guardare avanti occorre prima fare un ripasso.L'Architetto Giuseppe Poggi ha creato la città che conosciamo a suon di abbattimenti e ricostruzioni: i fiorentini ancora adesso si scontrano sui meriti da attribuire al noto architetto che ha creato il piazzale Michelangelo, accade in rete, al cospetto delle vecchie immagini del capoluogo toscano, accade su "Vecchia Firenze Mia" una community di oltre 23mila persone."Non riesco ad uscire" scrive qualcuno rapito dalle foto d'epoca, "Sono ore che sfoglio gli Album - è un altro commento - ho scoperto una pagina che non credevo esistesse" uno spazio virtuale in cui si confondono immagini antiche e ricordi d'infanzia, dove molte conferme posso essere date ancora dai nonni ed altre sono perse per sempre.Non c'erano macchine, c'era tanta polvere e quello che era il centro culturale e politico dell'Italia che stava crescendo, avrebbe conosciuto il Tranvai, per poi perderlo. 

Un appassionato di Firenze ci accompagna attraverso un viaggio nel tempo, Gianni Greco è lui l'autore della Pagina Facebook "Vecchia Firenze Mia" che ogni giorno aumenta il numero di contatti e di amici in tutto il mondo. La raccolta di immagini del capoluogo toscano si è arricchita nel corso del tempo grazie alla partecipazione di numerosi volontari e collezionisti che hanno digitalizzato il proprio materiale, a volte semplici ricordi di famiglia, e che fa ora parte di un vasto archivio on line.Innumerevoli i commenti che danno vita a vere e proprie discussioni sui luoghi persi nella memoria, sulle passeggiate, i giochi ed i personaggi noti quali il prete, il postino, il macellaio fino al calzolaio o il droghiere.

L'occasione è ghiotta anche per un gioco nel gioco ovvero "Trovare le differenze". Tra gli Album ne esiste uno che riscuote particolare successo, quello dedicato alla Firenze che non esiste più e che raccoglie strutture leggendarie come ad esempio il Parco divertimenti Tivoli al Poggio Imperiale, l'Alhambra a Porta alla Croce, la fontana del Mercato Centrale, le serre in ghisa di via di Novoli, il grande campo di via Pietrapiana dove ora sorge il Palazzo delle Poste, per non parlare del Campo di Marte che ad un ragazzo di oggi ricorderebbe le Cascine.

Ma Gianni Greco, che dopo anni di radio in Toscana, ha deciso di ricordare Firenze ai fiorentini, che città ha vissuto? "La mia città era situata tra le case del Pignone e San Frediano, tra l'Arno ed il Monte Uliveto. Vivevo tra via Pisana e via Benozzo Gozzoli che faceva buca e raccoglieva tutti i giovani della zona. Lungo via Pisana transitava il Tram, c'erano i binari ed era asfaltata, le vie traverse erano invece sterrate ed erano un mondo che oggi non esiste più: soprattutto non c'erano auto"."Passavamo il nostro tempo - prosegue Greco - giocando a ì cannuccio, o cerbottana, le munizioni erano pirulini fatti di carta arrotolata che portavamo alla cintura dei pantaloni, rigorosamente corti, anche d'inverno.

Formavamo squadre di ragazzi che si scontravano, ricordo che tutti volevano stare con Alfio perché era quello bravo. Un gioco più tranquillo era quello delle "chippe o cheppe", si mettevano una sull'altra alcune palline di coccio e poi con il "bocco", il pallino grosso, si tentava di buttarle giù: tra i tiri consentiti c'erano l'inzucco, da eseguire chinati, e l'occhiolino, in piedi sopra la chippa.

Ma la cosa più bella era buttarle giù, vincerle tutte ed annusarsele a casa. Sapevano di zolfo. Chi le vinceva non doveva più comprarle dal Sacrestani, dove si andava di nascosto poiché se dovevi comprarle voleva dire che non eri bravo. I tappini poi erano una vera passione: li prendevamo nei bar, dentro ci mettevamo le foto dei ciclisti preferiti e dopo aver disegnato la pista partiva la sfida a Giro d'Italia. Tappini che poi finivano sulle rotaie del Tram, con il peso li schiacciava e diventavano utili per un altro gioco: il muro.

Si tiravano i tappini schiacciati al muro e vinceva chi restava più vicino senza rimbalzare.Tra i giochi di sport andava forte l'atletica, dopo il calcio ed il ciclismo, per questo spesso correvamo o saltavamo tra via Pisana ed il viale Aleardi fin sopra al Monte, non c'erano recinzioni era tutto aperto. Sul Monte c'era una discesa tremenda che usavamo per lanciarci con i carrettini fatti con i cuscinetti a sfera".Non era uno "spazio dedicato", ma era comunque un luogo per tutti? "Era un grande spazio sociale il nostro: si andava all' Universale, dove poteva accadere di tutto sotto l'occhio attento della povera cassiera che una volta si ritrovò una lambretta che fece il giro della galleria, fino al Circo del Gratta che si fermava in piazza Pier Vettori, per non parlare delle pallonate tirate al Carmine, ignari della Cappella Brancacci, con le suore che non ci restituivano mai il pallone.

Persino piazza Tasso era qualcosa di incredibile, con gli ambulanti che arrivavano dal sud per vendere, lungo le vecchie mura, qualsiasi tipo di oggetto".Il verde è rimasto, e così le piazze. "Non è la stessa cosa: oggi esistono le aree attrezzate, mi fanno tristezza le aree attrezzate".Qual è la caratteristica che abbiamo perduto? "La cosa bella era stare assieme, quella grande amicizia che finiva solo quando qualcuno trovava la ragazza. Non dovevamo darci appuntamento, sapevamo che ci sarebbe stato sempre qualcuno ad aspettarci, anche senza dover usare il telefono: al tempo c'era il duplex, a parete costava meno, ed era a metà con il vicino di casa.

Inutile dire che anche le telefonate private finivano per essere condivise con tutti e così ti ritrovavi a chiamare la ragazzina mentre i genitori ti giravano attorno. Lei però la chiamavi, magari per andare al Bologna, dove si andava per fare forca, dove si faceva il gioco della bottiglia, poco prima di diventare grandi".Molti fiorentini hanno scoperto i pattini sulla pista del piazzale, dove oggi c'è il Luci. "Mi piacerebbe riscoprire assieme a chi ha vissuto quegli anni parte della nostra storia - spiega l'attuale titolare della struttura - era un punto di riferimento, un rifugio sicuro, qualcosa che a molti è servita anche per crescere.

Sono quei posti che non perderemo mai, legati ai nostri ricordi".

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