Campi Bisenzio: i lavoratori Sittel in sciopero per il ritardo nel pagamento degli stipendi

La tempestività sarà fondamentale per salvare i 400 posti di lavoro di Inso e SOF. Ripartenza Bekaert, presentato ai sindaci il Piano di Steelcoop Valdarno. La vertenza ex Ilva di Taranto riguarda anche la Sanac di Massa. Rossi chiede a Patuanelli di favorire l'ingresso di Cassa depositi e prestiti nel capitale di JSW. Interrogazione di Stella (FI): "Gravissimo che la maggior parte pratiche CIG trasmesse da Regione il 30 aprile"

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
17 maggio 2020 20:43
Campi Bisenzio: i lavoratori Sittel in sciopero per il ritardo nel pagamento degli stipendi

Il ritardo nei pagamenti degli stipendi continua ad incrementare e così, mercoledì scorso, i coordinatori sindacali nazionali hanno confermato lo stato di agitazione a sostegno della vertenza Sittel con la proclamazione di 40 ore di sciopero da articolare sui cantieri territoriali. Nella sede operativa di Campi Bisenzio, a fronte dello sciopero proclamato dalla Fiom di Firenze a partire dalle 14 di venerdì, l'azienda ha imposto per la prima volta ai lavoratori di lasciare in cantiere i mezzi abitualmente usati per spostarsi dall'abitazione al luogo gli interventi durante l'attività giornaliera. I lavoratori hanno riportato i veicoli lasciando però le chiavi all'Assessore del Comune di Campi Bisenzio Riccardo Nucciotti, recatosi presso il cantiere perché, commenta Angelini della Fiom: “Abbiamo ormai perso completamente la fiducia verso una dirigenza che continua a rimandare il pagamento delle spettanze.”

“Chiediamo a gran voce l’intervento delle istituzioni, della Regione Toscana, del Ministero dello Sviluppo Economico e dei Commissari Straordinari affinché sia messa in campo qualunque possibile azione al fine di salvaguardare queste due realtà così importanti e strategiche per la sanità pubblica italiana.” Questo l'appello delle organizzazioni sindacali e della RSU, riuniti oggi in assemblea per discutere dell'incontro di aggiornamento della situazione di Inso Spa in amministrazione straordinaria e SOF Spa, svoltasi ieri alla presenza dei Commissari Straordinari di Inso, dei vertici aziendali delle due società e delle organizzazioni sindacali coinvolte assieme alle RSU. L’incontro, convocato con urgenza da parte dei Commissari Straordinari, aveva il primario scopo di aggiornare le parti sociali delle risultanze della fase di offerte vincolanti d’acquisto delle due aziende, che ha avuto termine lunedì scorso.

Purtroppo, nonostante i messaggi incoraggianti degli ultimi mesi, il risultato della procedura di vendita si è risolto è un nulla di fatto, avendo raccolto un’unica offerta che non rispettava i requisiti minimi di accettabilità previsti dal bando. I Commissari riportano di aver tempestivamente posto la questione sul tavolo del Ministero dello Sviluppo Economico, assieme a possibili opzioni ed alternative, volte a tutelare la continuità e la tenuta occupazionale di queste aziende di primaria importanza per il tessuto economico e sociale del territorio e nazionale. Inso e SOF vantano infatti importanti progetti su scala internazionale nel settore della sanità, che in questo periodo di crisi sanitaria globale riveste un’enorme importanza e dovrebbe essere elemento propulsivo e valorizzante della procedura. Inso è un General Contractor nella costruzione ed allestimento di ospedali in tutto il mondo e SOF è specializzata soprattutto in manutenzioni ospedaliere. Il connubio delle due aziende ha portato ad importanti risultati in molti rilevanti progetti ed è certamente una sinergia produttiva che ben poche altre realtà possono vantare. Per svariati motivi il programma di vendita ha visto numerosi rinvii, da febbraio a marzo, poi ad aprile e infine, a causa della pandemia, a maggio.

Sono stati numerosi i primi cittadini della Città metropolitana di Firenze e del Valdarno fiorentino e aretino che hanno partecipato mercoledì 13 maggio sera alla call conference organizzata da Steelcoop Valdarno, la cooperativa costituita da un gruppo di lavoratori ex Bekaert con il supporto tecnico di Legacoop Toscana, per presentare il proprio progetto di ripartenza del sito produttivo di Figline Valdarno.

“Ringraziamo tutti i sindaci del territorio per la partecipazione alla call conference e per aver ascoltato la nostra proposta - afferma il presidente della cooperativa Steelcoop Valdarno Daniele Righi - Ci hanno fatto piacere in particolare le parole del sindaco di Firenze e presidente della Città metropolitana Dario Nardella, che ha espresso considerazione per il percorso di workers buyout intrapreso dalla nostra cooperativa, impegnandosi per riportare all’attenzione del Ministero il valore del nostro progetto”.

Come ha illustrato mercoledì sera il Dott. Gianni Tarozzi, il professionista cui Legacoop Toscana ha dato mandato di seguire il percorso della cooperativa, il Piano punta ad attuare la reindustrializzazione del polo industriale preservando competenze tecniche, impatto economico sul territorio, occupazione e innovazione. Ruota attorno alla salvaguardia della centralità del polo produttivo di Figline Valdarno, dove far ripartire la produzione industriale di hose wire, attività a cui affiancare servizi di supporto alle attività produttive del comparto del Valdarno e prevede il riassorbimento di tutti i lavoratori attualmente in forze.

Giovedì il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, ha inviato una lettera al ministro dello sviluppo economico, Stefano Patuanelli, in cui gli chiede di adoperarsi per favorire l'ingresso della Cassa Depositi e Prestiti nel capitale sociale di JSW Steel Italy di Piombino. Dopo aver richiamato la storia dell'arrivo del gruppo indiano a Piombino, sottolineando come siamo di fronte al secondo polo siderurgico italiano che dà oggi lavoro a 1.800 dipendenti diretti, che con altre imprese e l'indotto arrivano a circa 5.000 su una popolazione di 34.000 abitanti, e che da mesi sono in corso contatti ed incontri presso lo stesso Ministero per lo sviluppo economico, il presidente Rossi afferma che “la fase di una gestione “ordinaria” del rilancio siderurgico di Piombino non è più sufficiente, e si pone invece il tema di una scelta di interesse nazionale e di politica industriale”. “In questa prospettiva – prosegue Rossi - sono a chiederle di valutare e favorire un ingresso temporaneo della Cassa Depositi e Prestiti nel capitale sociale di JSW Steel Italy Piombino, ad esempio con una partecipazione di minoranza, o altra soluzione come le modalità di intervento associate al “patrimonio destinato”, di cui all’art.

30 del DL Rilancio, per imprese con oltre €50 milioni di fatturato”. Dopo aver evidenziato come il gruppo indiano guidato da Sajjan Jindal, ha già investito 330 milioni di euro tra acquisizione, capitale circolante, investimenti iniziali e copertura di perdite dal 2018 ad oggi, mantenendo l’occupazione anche grazie agli ammortizzatori sociali, oggi alla crisi del mercato dell’acciaio si è aggiunta la pandemia con il rischio di reali problemi di liquidità, insufficienza nella domanda, costi fissi elevati (ad esempio per l'energia), e quindi una gestione aziendale che rischia di entrare in crisi ancor prima di arrivare alla fase degli investimenti. Da qui, ricorda ancora il presidente Rossi, la richiesta di ordinativi incrementali da parte di RFI, con possibili quote di domanda riservate nelle gare pubbliche, come risulta avvenga anche in altri paesi europei, nonché un aiuto straordinario nell’accesso al credito e per garanzie sull’export (es.

Sace). “Aggiungo – ricorda Rossi - che il gruppo indiano JSW e la Cassa Depositi e Prestiti sono già stati partner nella gara sull’Ilva di Taranto e che, pertanto, mi risulterebbe che Mr. Jindal non sarebbe contrario ad una partnership pubblica temporanea al fine di strutturare i rapporti con il mondo finanziario ed avviare gli investimenti. In sostanza, abbiamo ancora la possibilità di prevenire anziché rincorrere l’involuzione di una crisi industriale e, a causa dell’emergenza covid-19, sappiamo ora di dover ragionare anche in termini di messa in sicurezza delle infrastrutture strategiche come il trasporto pubblico locale su ferro e la stessa alta velocità ferroviaria che, senza le rotaie da 108 metri prodotte a Piombino, dovrebbero per forza approvvigionarsi dall’estero mettendo in conto - per il futuro - anche blocchi nei flussi logistici, eventuali ulteriori dazi, guerre sui prezzi a scapito della qualità e sicurezza di un prodotto di interesse pubblico per la mobilità di persone e merci, tra l’altro ambientalmente sostenibile”. Il presidente Rossi chiede quindi al ministro Patuanelli di “considerare una “soluzione straordinaria” su Piombino, dovuta alle “condizioni straordinarie” venutesi a creare con la pandemia, e per tempo”. La lettera inviata al Mise si chiude quindi con una considerazione prima politica e poi personale: “Come Regione Toscana negli ultimi cinque anni abbiamo già investito a vario titolo qualcosa come 150 milioni di euro nell’area industriale complessa di Piombino, dapprima per l’ammodernamento del porto (anche grazie all’azione del Commissario ai lavori portuali che mi è stata affidata) e poi con altri investimenti infrastrutturali ed ambientalli ancora in divenire.

Per tutto quanto sopra richiamato, certo di aver fatto tutto il possibile ed anche oltre alle ordinarie funzioni di un Presidente di Regione, le dico francamente che – giunto al termine del mio secondo mandato in Toscana – non sono disponibile ad assistere ad un declino del polo industriale di Piombino. Mi auguro che anche lei, proprio perché sensibile ad altre situazioni siderurgiche, come ad esempio a Trieste, voglia assumere la guida di un colpo di reni politico-istituzionale, non più procrastinabile, per il bene di una forza lavoro ancora specializzata e motivata, di una comunità locale che non ha mai smesso di volere un rilancio industriale sostenibile, della Toscana, ma mi permetta anche dell’Italia, che non può permettersi di abbandonare un altro segmento produttivo che - una mano pubblica - può invece aiutare nella transizione”.

"E’ necessario accedere i riflettori sulla vertenza Ex Ilva e sulle prospettive industriali dello stabilimento di Taranto che riguardano a caduta anche il gruppo Sanac. -dichiara Nicola Del Vecchio, segretario generale Filctem Cgil Massa Carrara- Nonostante siano arrivati gli ordini di materiale refrattario da Taranto fino a dicembre ci risulta in atto un vero e proprio braccio di ferro tra l’amministrazione straordinaria e Arcellor Mittal a causa del mancato pagamento delle commesse da inizio anno.

Il rischio è che Sanac blocchi le spedizioni verso Taranto e visto che la produzione deriva per circa il 60% dagli ordinativi provenienti da Arcellor Mittal siamo molto preoccupati. Quello che si legge dalle cronache nazionali è che l’ex Ilva è allo sbando, lunedì i sindacati dei metalmeccanici hanno proclamato sciopero nello stabilimento di Genova e anche a Taranto le acque sono agitate dopo che l’azienda ha rimesso in cassa integrazione più di mille dipendenti, che si aggiungeranno ai 3.000 già in Cig, nonostante nei giorni scorsi fossero rientrati a lavoro.

Senza contare che nelle lettere arrivate agli operai, diversamente delle precedenti, non è indicata la possibilità di rientro in fabbrica. Certo c’è l’impatto del Coronavirus ma non solo, infatti nel primo trimestre del 2020, periodo non ancora soggetto all’impatto pandemico, Arcellor Mittal ha registrato una perdita netta di 1,12 miliardi di dollari, riducendo del 22,6% il proprio fatturato. Il rischio è che si possa palesare un abbandono della presenza in Italia del colosso siderurgico, tutto infatti sembra paventare una lucida strategia per preparare il proprio disimpegno.

Per questo è fondamentale che il Governo si attivi quanto prima al fine di rendere operativi gli obiettivi contenuti nell’intesa di marzo che prevede la possibilità di realizzazione di una partnership pubblico privata con l’ingresso di Invitalia nel capitale societario. Se entro novembre non si dovesse concretizzare quest’operazione il rischio è che con il pagamento della penale da mezzo miliardo Arcellor Mittal possa recedere dal contratto.

Al momento non c’è traccia del piano industriale che dovrebbe portare ad una trasformazione della produzione in veste piu’ ecologica dello stabilimento e le prospettive legate al settore siderurgico a livello globale preoccupano. Per questo Filctem Cgil si è già attivata a livello nazionale per un confronto con gli altri 3 stabilimenti e per sollecitare il Ministero. Chiediamo alla società certezze sulle prossime settimane di lavoro. In questo periodo abbiamo sempre garantito la produzione nonostante le difficoltà derivanti dalla emergenza sanitaria, non vorremmo trovarci nelle prossime settimane a gestire situazioni di crisi".

"Trovo gravissimo il fatto che la parte più consistente delle pratiche di Cassa integrazione sono state trasmesse dalla Regione Toscana dal 27 aprile e sono pervenuti all'Inps dal 30 aprile in poi. Ci sono 190 mila toscani e relative famiglie che aspettano di avere i soldi che consentiranno loro di andare avanti. Vogliamo sapere dalla Regione il perché di questi ritardi". Lo chiede il vicepresidente del Consiglio regionale della Toscana, Marco Stella (Forza Italia), che ha presentato un'interrogazione sulla vicenda. "Finora sono stati pagati in Toscana solo 5000 lavoratori per circa 2600 decreti -sottolinea Stella- E questo perché, come hanno spiegato i vertici regionali dell'Inps, a loro sono arrivate le pratiche dalla Regione Toscana solo il 30 aprile.

E' indecente questo modo di fare, e Palazzo Sacrati Strozzi deve spiegare le ragioni di questo colpevole ritardo. Non si scherza con la vita delle persone, ci sono decine di migliaia di famiglie che contano su quel denaro per tirare avanti, la situazione economica e sociale si sta aggravando".

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