Bobo alla Dogaia

Concerto in carcere

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
13 maggio 2015 15:16
Bobo alla Dogaia

Una rivoluzione in carcere: così Antonella Basile, responsabile degli educatori de La Dogaia di Prato ha definito il concerto di Bobo Rondelli, che si è svolto ieri sera, all'interno della Casa Circondariale maschile di Prato, alla presenza del pubblico e di alcuni detenuti. E si è concluso con un'enorme 'festa reggae', dove Bobo ha anche lasciato il palco a due giovani detenuti di colore che aveva chiamato a cantare con lui a metà concerto: “C'è questa fratellanza nei miei confronti, per cui qui dentro mi guardano e dicono: ' questo mi sembra di averlo già visto...'”.

“In questa sala di solito si gioca a pallacanestro, si fa teatro...si fanno tante cose, ma una cosa così non l'avevo mai vista, e credo che a questi ragazzi faccia davvero bene!” dichiara Basile a fine serata.

Già nel pomeriggio, nel concerto riservato solo ai detenuti, Bobo li aveva invitati a cantare e a ballare, racconta Diego, il ragazzo con i lunghi capelli rasta che sembrava nato sul palco.

“Ditemi perché quando sono venuti loro due, che in effetti ballavano un pochino meglio di noi, vi siete alzati tutti a ballare, e quando suoniamo noi state a sedere?” ha scherzato Bobo.

Qualche pezzo del suo nuovo disco, “Come i Carnevali”, uscito il 17 marzo, qualche canzone 'di repertorio' (ha aperto con il “Cielo è di tutti”, “in questo caso il cielo a scacchi” ha detto), e tanto d'altro: da Johnny Cash a Pietro Ciampi, da “Johnny be good” a Fred Buscaglione di “Guarda che luna” (“un amico mio crede che l'abbia scritta io, e che sia veramente bravo, e io ce lo lascio credere”). Un bel mix pulp (non a caso ha suonato anche il motivo di “Pulp Fiction”) fra la parodia di Star Trek le battute dissacranti sulla chiesa, sul matrimonio (“12 anni di vita matrimoniale equivale agli arresti domicialiari”), l'armonica di “Un uomo da marciapiede”.

Se nelle parole del direttore, queste iniziative (già in dicembre la Dogaia aveva ospitato Peppe Voltarelli) servono a gettare un ponte fra il carcere e la città, a illustrare anche l'aspetto riabilitativo del carcere (i corsi di teatro organizzati da Teatro Metropopolare ad esempio), il concerto di ieri sera ha permesso ancora di più di toccare con mano la straordinaria vitalità di alcune di queste persone che vivono recluse.

“Ma se invece di venire io a sonà, ci fate venì le tope a ballare, non sarebbe meglio per questi ragazzi?” provoca di continuo Bobo, e alla fine provoca quello di cui forse c'è più bisogno: la libertà di una festa.

Carolina Mancini

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