Livorno: chiesto nuovamente il riconoscimento dell'area di crisi

Approvata in consiglio regionale una mozione per la Syn-Tech di Massa. A Firenze l’incontro di 600 delegati Cisl toscani con Raffaele Bonanni. SEL vicina ai lavoratori Colacem di Pelago

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
26 febbraio 2014 22:32
Livorno: chiesto nuovamente il riconoscimento dell'area di crisi

FIRENZE- Il riconoscimento di area di crisi industriale complessa del polo produttivo della componentistica automotive di Livorno e Collesalvetti è stato nuovamente chiesto dalla giunta regionale che, nell'ultima seduta, ha approvato una delibera proposta dall'assessore alle attività produttive Gianfranco Simoncini. Cambia la normativa La riproposizione della richiesta, dovuta al cambio della normativa nazionale, parte come noto dalla considerazione che si tratta di un'area da tempo colpita da recessione economica e perdita di posti di lavoro, che per dimensione ed importanza delle imprese è da considerarsi non solo di rilevanza regionale, ma anche nazionale.

Siamo in presenza di una prevalenza di grande impresa e di gruppi multinazionali, una forte dipendenza dai mercati mondiali dominati da pochi grandi produttori a livello internazionale, un significativo indotto e necessità di processi di riconversione, il tutto concentrato su uno spazio geografico limitato. Il riconoscimento di area di crisi complessa, così come previsto dalla normativa nazionale, è presupposto essenziale per rendere efficaci i progetti di riqualificazione e riconversione industriale che, peraltro, la Regione ha già messo in campo.

"La richiesta – spiega l'assessore Simoncini - deriva dalle difficoltà molto pesanti che l'area Livorno-Collesalvetti sta vivendo in relazione alla crisi dell'automotive, il più rappresentativo, in termini di addetti, all'interno del settore manifatturiero nel territorio. La crisi del settore della componentistica va di pari passo alla congiuntura sfavorevole del mercato dell'auto ed è andata a riflettersi sull'interno sistema produttivo livornese, incidendo negativamente su un tessuto già strutturalmente debole.

Le crisi aziendali negli ultimi cinque anni, hanno coinvolto soprattutto medie e grandi imprese. Si sono presi molti posti di lavoro e migliaia di lavoratori sono stati e sono in cassa integrazione. Le difficoltà hanno colpito le aziende principali e l'indotto e, al momento, sono ancora deboli i segnali di ripresa". Livorno strategica Come evidenziato dal corposo dossier allegato e che motiva la richiesta da parte della Regione, l'area di Livorno resta, dal punto di vista industriale, un'area strategica perchè, nonostante la crisi e la perdita di posti di lavoro (oltre 800 posti di lavoro persi dal 2008 alla metà del 2012, oltre 6 milioni di ore di Cassa integrazione straordinaria autorizzate nel 2012) e imprese (-0,6% nello stesso periodo), il principale polo industriale della toscana costiera con una forte presenza di industria pesante, metalmeccanica e cantieristica.

L'incidenza economica di Livorno va però oltre la sua stessa area e ne travalica il peso demografico e produttivo, rispetto all'intera regione: la forte apertura all'esterno infatti, il ruolo del porto e delle infrastrutture logistiche ed energetiche, ne fanno un territorio strategico per l'economia dell'intera Toscana, di cui rappresenta circa il 7% del totale delle esportazioni. Il Progetto di riconversione Il riconoscimento di area di crisi complessa potrebbe attivare sul territorio risorse nazionali per progetti di reindustrializzazione e riconversione produttiva.

Nel dossier, si delineano, con la proposta di massima dei contenuti del Progetto di riconversione e riqualificazione industriale, fra l'altro quattro linee di intervento, punti salienti della strategia regionale per il rilancio dello sviluppo economico e produttivo di Livorno: per favorire la riqualificazione dei siti produttivi e di integrazione con le infrastrutture del polo logistico; per trattenere ed attrarre investimenti produttivi nel settore automotive e in quelli ad esso collegati; per favorire l'integrazione produttiva manifatturiera, sfruttando le competenze presenti sul territorio e sviluppandone di nuove; per sostenere miglioramenti a livello di sistema, cioè favorendo l'integrazione trasversale fra i vari livelli. E’ stata approvata oggi, in consiglio regionale, una mozione che chiede di seguire e monitorare la vicenda dei 43 lavoratori della Syn - Tech, messi in cassa integrazione dall’estate 2012 in seguito alla chiusura dello stabilimento di Massa.

La mozione, presentata dal consigliere regionale Paolo Marini (Fds- Verdi), presidente della commissione regionale per l’emergenza occupazionale, è sottoscritta dai membri della commissione e anche dai consiglieri regionali Loris Rossetti (Pd) e Jacopo Ferri (Forza Italia). Si chiede alla Giunta regionale di attivarsi presso il governo e il Ministero per lo Sviluppo Economico per convocare un tavolo nazionale di confronto sullo stabilimento di Massa, si chiede anche l’impegno alla Regione nel rispettare l’accordo per individuare possibili acquirenti che vogliano utilizzare la fabbrica di Massa a scopo produttivo e a riferire in modo costante al consiglio regionale sul futuro dei lavoratori.

Dalla chiusura dello stabilimento risultano inutilizzati 27mila metri quadri di area industriale, con capannoni dotati di pannelli fotovoltaici in grado di far fronte al fabbisogno energetico del sito produttivo. A fine agosto cesseranno gli ammortizzatori sociali e 43 degli ex addetti Syn - Tech saranno privi di tutele. “Sinistra Ecologia e Libertà è vicina ai lavoratori della Colacem di Pelago, ennesimo colpo inferto ad un territorio, la Valdisieve, già duramente provato dalla crisi e in piena emergenza occupazionale.

I 48 addetti della Colacem si aggiungono alla quarantina di persone che hanno perso il lavoro in questi ultime settimane, nelle aziende Nord Light e Hmv, alle altrettante che fino a due anni fa lavoravano alla Brunelleschi o alla Carton, e a chissà a quante altre che invece erano impiegate in aziende più piccole che hanno chiuso i battenti senza suscitare alcun clamore”. Lo affermano in una nota il coordinamento provinciale fiorentino di Sinistra Ecologia e Libertà e il circolo SEL della Valdisieve.

“La decisione - proseguono - del gruppo Colacem di chiudere definitivamente il cementificio di San Francesco è l’epilogo annunciato di un rimpallo di responsabilità fra i due maggiori gruppi italiani del settore, Italcementi e Colacem, con il primo che ha di fatto lasciato al secondo il compito ingrato di porre fine all’attività di un impianto che, nel bene o nel male, è stato per quasi un secolo uno dei cuori pulsanti del sistema manifatturiero del comprensorio della Valdisieve. Oggi si chiude, ma fino a ieri si è fatto poco o niente per ammodernare gli impianti o per ridurre l’impatto ambientale delle emissioni di polveri sottili sui centri abitati a ridosso dello stabilimento.

Che si parli di acciaio o di eternit, di Taranto o di Casale Monferrato, il libro nero dell’imprenditoria italiana continua a riempirsi di storie tutte uguali l’una all’altra”. “Quella che oggi serve - si legge ancora nella nota - è una politica industriale che consenta di attrarre sul territorio aziende in grado di valorizzare al meglio le eccellenze esistenti e di innovare, offrendo una prospettiva alle centinaia di persone in difficoltà. Oltre a questo, occorre puntare sul patrimonio agroforestale del comprensorio, che è il vero asset su cui scommettere per gli anni a venire.

Questo è il primo impegno che tutte le amministrazioni comunali della Valdisieve, in procinto di essere rinnovate fra maggio e giugno, devono prendere con la cittadinanza. SEL è pronta a fare la sua parte, a tutti i livelli e in tutte le sedi, nei Comuni come in Parlamento, affinché dalla buona politica arrivino le risposte forti necessarie per trovare una via d'uscita dalla crisi”. “L’accordo sulla rappresentanza è importante perché da certezza sulle relazioni industriali a chi vuole venire a investire in Toscana, cosa di cui abbiamo estremo bisogno.

Non succederà più un ‘caso Fiat’. Gli accordi sottoscritti col 50% +1 hanno validità per tutti e si applicano.” Così il segretario generale della Cisl Toscana, Riccardo Cerza, ha spiegato il valore dell’accordo su rappresentanza e rappresentatività siglato da Cgil, Cisl e Uil nazionali. Cerza ha aperto i lavori dell’assembla, in programma stamani al Palaffari di Firenze, in cui il segretario nazionale Cisl Raffaele Bonanni ha incontrato circa 600 tra quadri e delegati Cisl di Rsu e Rsa di tutta la Toscana.

L’incontro si inserisce nella campagna avviata dalla Cisl per far conoscere ai lavoratori contenuti ed effetti dell’intesa sottoscritta il 10 gennaio scorso e che vedrà in Toscana almeno un migliaio di assemblee e incontri sui luoghi di lavoro e nel territorio. “Questa intesa –ha aggiunto il segretario toscano della Cisl- aiuta l’economia e la creazione di posti di lavoro, perché può contribuire ad attrarre quegli investitori finora spaventati dalla ‘rissosità’ delle nostre relazioni sindacali.

Finalmente non ci sarà più nessuno che può rimettere in discussione gli accordi dopo che sono stati sottoscritti e validati dalla maggioranza dei lavoratori. Finalmente abbiamo delle regole condivise da Cgil, Cisl e Uil su cui siamo tutti d’accordo. L’unico disaccordo viene dalla Fiom, ma se ne facciano una ragione, perché questa è la democrazia: la maggioranza decide.” “Quest’accordo –ha sottolineato Cerza- è importante anche perché dà certezza di chi siamo, con la certificazione delle nostre rappresentanze in azienda.

Chi dice che noi non rappresentiamo più nessuno sarà smentito dai numeri, perché l’iscrizione al sindacato sarà trasparente e certificata. A chi mette in discussione la nostra rappresentatività ricordiamo che l’iscrizione al sindacato è libera, che come ci si iscrive liberamente (e alla Cisl lo hanno fatto 4 milioni e mezzo di persone), liberamente ci si può cancellare e che alle elezioni per le Rsu partecipa in media l’80% degli aventi diritto. Percentuali cioè che nelle elezioni politiche e amministrative non si raggiungono più da anni.”

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