Il Don Giovanni di Filippo Timi

Da martedì 11 a domenica 16 febbraio 2014. Teatro Franco Parenti, Teatro Stabile dell’Umbria

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
07 febbraio 2014 15:16
Il Don Giovanni di Filippo Timi

Attesissimo ritorno alla Pergola per Filippo Timi, dopo lo straordinario record di incassi della scorsa stagione, con la ‘sua’ nuova riscrittura di un altro celebre classico Il Don Giovanni che segue i successi di Giuliett’ e Romeo e AMLETO². Né secondo Molière, né secondo Mozart. Semplicemente secondo Filippo Timi: il mito di Don Giovanni, nelle mani del più irriverente degli artisti italiani, diventa il prototipo di una umanità volubile, che ha fame di potere, che ama la mistificazione e l’autoinganno. “Amleto e Don Giovanni appartengono allo stesso percorso di ricerca – sottolinea Timi – dopo i tacchi a spillo, il bustino e il trucco della protagonista anni cinquanta di Favola, è nata la voglia di recitare un personaggio che fosse un ‘uomo uomo’ anche nel senso più brutale del termine.

E chi è più ottusamente maschile se non proprio Don Giovanni?” Ammalia e innamora ogni donna che incontra perché intuisce e percorre di ciascuna i desideri realizzando per ognuna la recita perfetta. Anche lui si innamora perdutamente ogni volta – “ma ogni volta la fuga è inevitabile perché il suo fine ultimo è riappacificarsi con l’immortalità”. Il suo rapporto con Donna Anna, Donna Elvira, e Zerlina è molto teatrale, proprio perché la sua arte è tutta teatrale. Donna Elvira è, forse, l’amore vero, quello che appartiene al passato, Donna Anna è l’amore ingannatore, e pertanto, violento, Zerlina è l’amore della seduzione, del desiderio di purezza.

Tutte hanno le loro storie, così come Don Giovanni ha la sua, proprio per questo non si sottrae all’essere se stesso. Timi non manca di evidenziare il lato oscuro del personaggio: “Ho cominciato a lavorare sul concetto del male, partendo dalla figura del diavolo, quando mi hanno invitato ad una conferenza con Dario Fo in occasione del Don Giovanni alla Scala. Studiando ho capito che Don Giovanni è il male per antonomasia, simbolo del male seducente”. Tutti i personaggi che si muovono sulla scena, interpretati da Umberto Petranca, Alexandre Styker, Marina Rocco, Elena Lietti, Lucia Mascino, Roberto Laureri, Matteo De Blasio, Fulvio Accogli, sono accesi dalle luci, di forte spettacolarità, disegnate da Gigi Saccomandi e ingabbiati negli straordinari costumi di Fabio Zambernardi.

”Secondo un critico dell’800 – racconta Timi – l’anima di Don Giovanni è il suo costume. Una provocazione, però significativa. Per questo ho curato molto i costumi. Ma non ho stravolto il senso dell’opera. Don Giovanni è e resterà il mito che preferisce morire piuttosto che pentirsi.” Il Don Giovanni di Timi sa già di dover morire; conosce la sua fine; deve semplicemente rincorrerla. Sa che è condannato ad estinguersi, che non potrà esimersi dal suo appuntamento con la morte.

Ha capito che la vita è ingiusta, giustificata solo dalla morte. Questa consapevolezza lo trattiene, non lo fa bruciare, benché desideri bruciare, essendo convinto che un desiderio morto non è più un desiderio. Il Don Giovanni è quindi una rilettura estetizzata e piena di contaminazioni musicali, dalle allucinazioni dei Pink Floyd all'Uomo Tigre, dal Leoncavallo de I Pagliacci a I migliori anni della nostra vita di Renato Zero. Sono incursioni che servono a rendere contemporaneo un mito. Un grande seduttore, per finta con Il Don Giovanni, e per davvero, con il suo personaggio, senza riserve di genere.

Da odiare o amare, snobbare o applaudire, Filippo Timi è molto più che un attore. E lui lo sa, questo è certo: “amo quando non capisci se in scena vedi l’uomo o il ruolo”. Note di regia Don Giovanni conosce la sua fine, è solo questione di rincorsa. Don Giovanni è l’umanità volubile e insaziabile, l’umanità finalmente priva di quelle morali colpevoli dell’assurdo destino verso cui stiamo precipitando. E la colpa non è certo della storia, o di tutti quei Cristi che c’hanno professato amore, ma la nostra: la fame di potere insita nell’uomo, nessuno escluso, la fame di resistere, di mistificare, di ingannarsi piuttosto che sopravvivere.

Meglio morire da idioti ma tutti insieme che svegliarsi e di colpo comprendere l’errore? Evidentemente si. Ma stavolta l’evidenza lascerà una firma sanguinaria, una firma così profonda da spazzare via l’intera umanità. Don Giovanni è un’intera Storia dell’umanità che muore. Finalmente, dopo la sua rincorsa, dopo millenni di fame, eccolo pagare il conto. Non c’è scampo: se neppure un’umanità sveglia e godereccia, fuori dalle regole e concentrata sul piacere come Don Giovanni, non può esimersi dal suo più importante appuntamento con la morte, allora, neppure noi possiamo più far finta di nulla. Solo schiavi delle proprie miserie e desideri più neri ci si riappacifica con la propria infanzia, e si è pronti a vivere la morte.

La vita è ingiusta, ecco che cos’è la vita, una farsa che si trasforma in tragedia. Vivo è solo ciò che muore, e solo amando si rischia davvero di toccare le vette gelide dell’estrema solitudine, e da lì sentire il canto delle sirene. Solo tradendo si raggiunge l’amore assoluto. Un desiderio morto non è più un desiderio. Don Giovanni non brucia mai veramente, desidera bruciare, promette l’inferno, la sua arte è teatrale, recita così bene la promessa che è impossibile non credergli o ancora meglio non desiderare credergli.

Donna Elvira è il passato, è la conquista difficile, la conquista di un tempo lento, l’amore vero, la prima donna, l’amore che ritorna a chiedere il compenso di una promessa già fatta. Donna Anna è l’amore ingannatore, violento, un errore semi-calcolato, è l’amore che libera dal vecchio incubo e rende la donna libera di scendere verso un incubo ancora più cosciente, è l’amore compulsivo, immediato, sbagliato per definizione. Zerlina è l’improvvisazione, la dialettica della seduzione, è l’amore invidioso, la voglia di portare via la donna al marito, il desiderio di ritrovare quella purezza semplice di sposare la figlia del farmacista. Ognuno ha la propria storia, io la mia, tu la tua, voi la vostra e Don Giovanni ha la sua.

Non l’ha scelto lui di nascere Mito, gli è capitato, e lui non si sottrae dall’essere se stesso. Ecco in cosa è grande. Non perché accetta la morte, deve per forza, come tutti. E’ grande perché accetta a pieno le conseguenze, inevitabili, dell’essere nient’altro che se stesso. Filippo Timi IL DON GIOVANNI VIVERE È UN ABUSO, MAI UN DIRITTO di e con Filippo Timi e con Umberto Petranca, Alexandre Styker, Marina Rocco, Elena Lietti, Lucia Mascino, Roberto Laureri Matteo De Blasio, Fulvio Accogli regia e scena Filippo Timi regista Assistente Fabio Cherstich luci Gigi Saccomandi suono Beppe Pellicciari costumi Fabio Zambernardi in collaborazione con Lawrence Steele Giovedì 13 febbraio, ore 18.00 Filippo Timi e gli attori della compagnia incontrano il pubblico.

Ingresso libero Info: www.teatrodellapergola.com Orario spettacoli: dal martedì al sabato: ore 20.45, domenica: ore 15.45. Lunedì riposo. Prezzi biglietti interi: Platea: € 30, Posto Palco: € 22, Galleria: € 15

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