Giovani, in 180 fuori dai corsi professionali, a 16 anni già senza futuro?

Su 448 domande per accedere alla formazione professionale, accolte solo 268.

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
30 dicembre 2013 15:22
Giovani, in 180 fuori dai corsi professionali, a 16 anni già senza futuro?

In questi giorni sono uscite le "graduatorie" per accedere ai corsi di formazione professionale (biennio 2013/2015), rivolti a ragazze e ragazzi cosiddetti "drop out". Giovani cioè fra i 16 ed i 18 anni che, per vari motivi, sono rimasti esclusi dal percorso scolastico regolare e, attraverso la formazione professionale, vorrebbero riprendere un loro processo formativo. "Peccato che a fronte di 448 ragazzi presentatisi - avverte Leonardo Brunetti, consigliere provinciale del Pd - quelli ammessi sono stati 268.

180 (poco meno della metà) gli esclusi per mancanza di posti: e questo nonostante che, in Italia, l'istruzione non sia solo un dovere da assolvere ma, fino a prova contraria, anche un diritto sancito dalla legge". In questi giorni, dunque, di fronte ai tabelloni affissi nei Centri di Formazione, che scandiscono la loro esclusione, decine di giovani consumano il loro dramma e con loro il dramma delle loro famiglie. Un dramma vero "fatto di urla e disperazione". Dopo gli esodati dal lavoro di "forneriana memoria, adesso siamo costretti ad assistere anche agli esodati dall'istruzione e dalla formazione": 57 esclusi dal settore “cucina”, 36 da “meccanica auto”, 27 da “cura della persona”, 26 da “sala bar” ed altri ancora in profili diversi.

Per molti, dice Brunetti, "la fine dell'ultima speranza. Il rischio di sprofondare nella rinuncia al proprio futuro: né lavoro, né studio, né ricerca di uno dei due". Perché tutto ciò? La diminuzione di risorse ha determinato "l'apertura, nella provincia di Firenze, di soli 15 corsi di formazione a fronte dei 28 attivati lo scorso anno. Circa la metà rispetto ad una offerta che già precedentemente si era dimostrata appena sufficiente a dare risposta a tutti". E, questo, nonostante il bisogno di nuove opportunità educative sia in continua crescita.

La Toscana infatti in questo ambito è meno "felix" di quanto si possa credere e si colloca nella fascia alta delle Regioni in quanto a dispersione scolastica. Si parla del 18,6% (dato Istat 2011/12) di ragazzi che non portano a termine l'obbligo scolastico. Tutto ciò appare "ancor più incomprensibile per la presenza in Italia di un mercato del lavoro che, in non poche occasioni, stenta a trovare addetti relativamente a particolari profili professionali e che comunque mantiene una certa capacità di assorbimento in vari settori: dalla meccanica all'elettronica, dall'alberghiero alla cura della persona." Un dato che viene confermato dal numero di febbraio di quest'anno dell'Osservatorio Economico di Confartigianato che stimava in circa 140.000 i posti disponibili in Italia e non coperti per la carenza di addetti con le relative qualifiche professionali.

Il senso di sgomento aumenta poi quando si va a tracciare un confronto fra i sistemi educativi dei diversi Paesi europei e si scopre che proprio sull'eccellenza e la diffusione dei percorsi di formazione professionale si è incardinato il successo dell'economia tedesca (ma non solo) dove la metà dei giovani frequenta corsi di formazione professionale. Tre giorni in azienda e due nell'aula. Senza escludere poi la possibilità di riprendere il percorso scolastico "tradizionale" (Università compresa).

Le responsabilità di questa ennesima “Waterloo” all'italiana sono tante e diffuse fra le varie Istituzioni ed Enti. Scuole comprese. Il ricercarle però avrà un senso non solo e non tanto per “scovare il colpevole" ma piuttosto, spiega Brunetti, per capire quali le risposte e le soluzioni possibili anche radicalmente diverse. Oggi, però, c'è una emergenza a cui far fronte, e, per questo, è necessario trovare nuovi fondi ed aprire nuovi corsi. Una risposta che "in primis" dovrà giungere dalla Regione Toscana.

Subito dopo "c'è da augurarsi che tutte le istituzioni interessate possano ritrovarsi per riprogrammare la formazione nella nostra regione ponendo attenzione all'utilità del Paese e dei giovani e non, come purtroppo in questi anni troppo spesso è accaduto, a chi la formazione l'ha gestita (siano queste strutture private o pubbliche)". Visto che sempre più frequentemente ed in tanti ambiti la formazione professionale viene citata come una leva fondamentale per far ripartire l'economia "è bene che la politica dopo le parole passi rapidamente ad azioni concrete.

A partire dal dare risposta a quei giovani, ed a quelle famiglie che in questi giorni vediamo nei Centri di Formazione sgomenti di fronte all'esclusione da quella che per tanti era una 'ultima' opportunità".

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