Confcommercio: “Addio cenone vecchio stile”

Toscani pessimisti per l'anno che verrà in un sondaggio di Coldiretti. Il Presidente di AIA Federalberghi, Francesco Bechi: “La pressione fiscale affossa il rilancio. Nell’ultimo anno la tassa sui rifiuti è aumentata del 9%”

Redazione Nove da Firenze
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28 dicembre 2013 22:51
Confcommercio: “Addio cenone vecchio stile”

Per 3 toscani su 10 il 2014 sarà peggiore dell’anno che sta per concludersi. Ottimisti solo 4 su 10. A dirlo è un sondaggio di Coldiretti Toscana secondo cui complessivamente il 60% dei toscani è pessimista e pensa che l’anno nuovo sarà ancora un periodo di tribolazione, incertezza e poca serenità. Colpa della crisi, delle tensioni sociali sempre più marcate e di una prospettiva economica ridotta dall’emorragia occupazionale che nel terzo trimestre si è attestato in Toscana intorno al 7,6% (128mila disoccupati) edove il 28,9% dei giovani tra 15-24 anni non ha un lavoro.

Andando più nel dettaglio del sondaggio il 25% è convinto che il 2014 non offra prospettive incoraggianti, e che quindi, sia negativo al pari del 2013. Il 15% vive addirittura alla giornata cercando di non pensare troppo a quello che il futuro gli riserverà. Il 2014 non sarà ne peggiore ne migliore per il 20%. Per Coldiretti Toscana il lavoro e la tutela del vero Made in Tuscany agroalimentare dovranno essere priorità nell’agenda 2014. E proprio dalla battaglia in difesa del falso cibo la Toscana potrebbe dare risposte importanti e decise al tema della disoccupazione e alla crisi di prospettive che attanagliano ormai quasi la metà dei nostri concittadini.

“L’agricoltura e l’agroalimentare rappresentano oggi il 3,5% del Pil con un valore di circa 3miliardi di euro dando lavoro a circa 66mila persone; – spiega Tulio Marcelli, Presidente Coldiretti Toscana – Fenomeni come italian sounding, contraffazioni, sofisticazioni e tarocchi sono una zavorra alla crescita di questo settore nella nostra regione e nel nostro paese”. Solo la finta Toscana ci costa 30mila posti di lavoro e 6miliardi di fatturato mancati l’anno. “I margini di crescita sono enormi e potrebbero assicurare una risposta in termini economici, occupazionali e di sviluppo alla regione a patto che si metta latutela e la trasparenza in cima alla lista delle priorità.

Tutelando i nostri prodotti daremo – conclude Marcelli - anche una risposta alla crisi di lavoro della nostra regione”. Addio (o quasi) al cenone nei ristoranti. San Silvestro a tavola si festeggia sempre più col menu alla carta. È questa la novità imposta dalla crisi. Al ristorante si va esclusivamente per mangiare e non per brindare al nuovo anno. Sì, perché la festa è fuori, in piazza. Quindi, sono sempre meno i locali che organizzano veglioni da 100 euro in su. La stragrande maggioranza si limita a presentare il menu alla carta.

Risultato? Di media si spenderanno 50-60 euro a testa. I più opteranno per un primo, un secondo e un dolce. Oppure un antipasto, un secondo e un dolce. E le cene in ristoranti di classe? Sono perlopiù regalate da parenti e amici, che in questo modo vogliono donare un’emozione, un’esperienza irripetibile. Ad esempio, il 31 dicembre al Kome, sushi and bbq restaurant, il 50% dei clienti si presenterà perché ha avuto in regalo la cena. Lo conferma uno dei titolari, nonché vicepresidente nazionale Fipe-Confcommercio, Aldo Cursano: “La crisi sta modificando profondamente le abitudini.

Per il 31 si aspettano i last minute e si confrontano le offerte su internet. Prima della crisi, i locali erano in overbooking già a novembre. Adesso, invece, tutto si decide all’ultimo tuffo”. Se per il pranzo di Natale molti locali hanno preferito chiudere, non sarà così per San Silvestro. “Alla fine, soprattutto grazie ai turisti che sono tornati ad affollare il capodanno fiorentino grazie alle proposte in piazza, riempiremo i locali – dice Cursano -. Ma i ristoratori per circoscrivere il rischio ripiegheranno sul menu alla carta.

Che consente di scegliere e di pagare solo quello che si consuma”. Niente più cene lunghissime, insomma. I più giovani optano addirittura per lo street food: un panino, una birra e via tutti insieme in giro per il centro. Sennò, l’alternativa più in voga “è rappresentata dalle feste che offrono buffet a 25 euro”. “Prevediamo una spesa media ridotta del 10-15% - conferma Andrea Angelini, presidente Fipe-Confcommercio Firenze -. I fiorentini che sceglieranno il ristorante saranno meno del 10%.

Lavoreremo soprattutto coi turisti e con chi viene dalle altre città. Un cenone può costare da 50 a oltre 100 euro”. Tendenze particolari? “Nessuna. Confermati i piatti della tradizione come le lenticchie e il cappone. Molti turisti chiedono invece la bistecca”. Nel complesso, per San Silvestro 20mila persone si siederanno ai tavoli dei ristoranti fiorentini. Premiati dall’estero, affossati dall’Italia. Le strutture ricettive lanciano un grido d’allarme, di cui si fa interprete il presidente di AIA Federalberghi Firenze, Francesco Bechi: “Lavoriamo su tutti i fronti per cercare di aumentare il numero delle presenze, facendoci promozione da soli sui mercati internazionali, puntando a qualificare sempre più l’offerta e comprimendo le tariffe, ma per quanto facciamo non si riesce a far quadrare i conti.

Se gli arrivi dall’estero ci danno una certa soddisfazione, poiché malgrado la crisi si nota un incremento, i turisti italiani sono pressoché scomparsi. Ma la grande delusione che arriva dal nostro Paese non è quella di un calo delle presenze dovuto a una crisi di cui gli italiani sono incolpevoli. Bensì dai provvedimenti del Governo che continua ad inasprire la tassazione e sta affossando ogni velleità di rilancio. Gli oneri fiscali si fanno ogni anno più gravosi, a fronte di prezzi che restano bassi per motivi di concorrenza internazionale e spese di gestione sempre più elevate, e tutto ciò riduce costantemente i nostri margini di redditività.

Tanto che in certi momenti dell’anno è più conveniente chiudere per ridurre i costi che restare aperti ad attendere il cliente. Basti pensare che solo dal 2012 al 2013 la tassa sui rifiuti per noi è aumentata di quasi il 9%, con un aggravio più considerevole per le strutture dotate di ristorante. Un carico fiscale insostenibile, che rischia di impoverire l’offerta ricettiva in quanto le imprese non sono più in grado di sostenere gli oneri necessari per far fronte alle normali esigenze di ammodernamento e di riqualificazione, che sono per noi una costante se vogliamo restare competitivi”.

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