Trasfusioni: per non sbagliare, nome sulla sacca e camice rosso

Il nome del paziente cui il sangue è destinato scritto in chiaro sulla sacca. Chi opera la trasfusione sarà vestito di rosso per non essere distratto. Lazzeri (Più Toscana): “Marroni scopre l’acqua calda: in 3 mesi del 2006 sventati 220 scambi”

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
02 settembre 2013 17:06
Trasfusioni: per non sbagliare, nome sulla sacca e camice rosso

FIRENZE – Braccialetto identificativo, una casacca rossa che identifichi gli operatori impegnati nelle trasfusioni, il nome del paziente cui il sangue è destinato scritto in chiaro sulla sacca; e, in caso di errata trasfusione, l’utilizzo di una specifica terapia farmacologica. Le misure annunciate sabato dall’assessore al diritto alla salute Luigi Marroni per accrescere la sicurezza dei processi trasfusionali dopo l’incidente della settimana scorsa all’ospedale di Grosseto, dove un uomo è morto dopo una trasfusione destinata ad un altro paziente, sono ora contenute in una delibera, approvata stamani dalla giunta regionale.

In modo concordato con il Centro nazionale sangue, le novità contenute nella delibera contribuiranno ad apportare una serie di modifiche e integrazioni alle Linee guida nazionali per la sicurezza trasfusionale. Queste le novità più importanti della delibera:

- sarà potenziato l’uso del braccialetto identificativo del paziente, dispositivo già in parte in uso nelle aziende sanitarie toscane, che rappresenta un mezzo ulteriore nella procedura di identificazione; - sulla sacca di sangue, oltre al codice identificativo, dovrà essere scritto in chiaro anche il nome del paziente a cui la sacca è destinata; - sarà introdotto l’uso della “casacca o corpetto rosso”, che sarà indossata dagli operatori incaricati delle trasfusioni, in modo tale che questi possano essere facilmente e immediatamente individuati dai pazienti, e distinti dal resto del personale sanitario; questo permetterà anche di esentare l’operatore dall’eventuale obbligo di effettuare contemporaneamente altre attività e di impedire che venga distolto dalla procedura stessa di trasfusione; - la delibera dà mandato al Consiglio Sanitario Regionale di stendere, attraverso la condivisione con tutte le professionalità coinvolte in materia, un apposito protocollo clinico che preveda l’utilizzo della terapia farmacologica con Eculizumab, nei casi in cui si commetta comunque un errore trasfusionale e si produca una reazione da errata trasfusione.
«Il braccialetto identificativo? L’assessore Marroni ha scoperto l’acqua calda, nel 2006 infatti la Regione Toscana ha sperimentato con successo la misura in 5 Asl e 2 Aziende Ospedaliere Universitarie sventando 220 casi di errata identificazione di cui 30 durante trasfusioni di sangue.

Ci chiediamo perché fino a oggi questo strumento fosse stato escluso dai protocolli regionali di sicurezza». È la dichiarazione del consigliere regionale di Più Toscana e membro della IV commissione Sanità, Gian Luca Lazzeri, che fa il punto sulle misure annunciate per favorire l’identificazione dei pazienti in corsia dopo il drammatico caso di trasfusione errata verificatosi nell’Asl 9 di Grosseto. «Nel 2006 – sottolinea – le Asl di Firenze, Siena, Empoli, Grosseto, Arezzo e gli ospedali di Careggi e le Scotte in collaborazione con il Centro regionale toscano per la Gestione del Rischio clinico distribuirono nei loro reparti 68.120 braccialetti identificativi durante tre mesi di sperimentazione.

I risultati furono positivi: gli strumenti di rilevazione regionale registrarono 62 casi di errori sventati durante il trasferimento, 50 durante la somministrazione farmaci, 24 durante le procedure chirurgiche e 30 durante le trasfusioni, cioè il 33% del totale di errori che spesso possono risultare fatali. La domanda che sorge spontanea – prosegue – è come mai dopo un simile risultato l’adozione del braccialetto sia stata lasciata al libero arbitrio delle singole aziende sanitarie e non istituzionalizzata da una delibera della Giunta regionale.

Soprattutto vista l’estrema semplicità, economia della soluzione sperimentata ormai 7 anni fa che prevedeva la stampa su un bracciale di polipropilene bianco informazioni semplici a partire da nome, cognome e codice fiscale a tutela soprattutto della medicina emotrasfusionale dove il 67% degli errori è spesso legato alla trasfusione di emocomponenti sbagliati. Nonostante questo il sistema sanitario regionale non colse l’occasione per istituzionalizzare questa misura che rientra in questi giorni dalla finestra.

Ci occuperemo di monitorare la situazione delle singole aziende sanitarie per verificare dove l’esperienza del braccialetto sia proseguita anche dopo il termine della sperimentazione e in quali invece sia stata adottata ex novo».

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