Il progetto “Dark Horse”

Intervista all’arch. Massimo Lastrucci, curatore dell’iniziativa culturale, per conto della Fondazione Architetti Firenze, che vede la scultura di Maurice Nio al Liceo Artistico di Porta Romana, al centro di un progetto più vasto.

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
23 giugno 2013 09:57
Il progetto “Dark Horse”

Il 21 giugno scorso, nella sede del Liceo Artistico di Porta Romana e Sesto Fiorentino, all’interno della splendida Gipsoteca, è stata inaugurata la grande scultura “Dark Horse” dell’architetto olandese Maurice Nio che segna l’inizio di una proposta, volta a recuperare e valorizzare spazi e luoghi cittadini. L'architetto Massimo Lastrucci è il curatore del progetto per conto della Fondazione Architetti Fiorentini, fondata alla fine del 2012 dall' Ordine degli Architetti di Firenze, con sede nella Palazzina Reale della Stazione di Firenze. Architetto Lastrucci può spiegare la scelta del nome “Dark Horse” per questa iniziativa? Nasce dal titolo della scultura di Maurice Nio o è legato ad altri significati? “Nella lingua inglese Dark Horse è un idioma che ha un significato particolare.

“He’s a dark horse”, non significa che la persona a cui ci riferiamo è un cavallo scuro, ma che la persona ci sta nascondendo un segreto: più specificatamente un segreto fortemente positivo riguardo se stesso. La Fondazione Architetti Firenze ha raccolto simbolicamente questo significato e quello dell’opera di Maurice Nio per rilanciare un progetto esteso alla Città. L’opera di Nio racconta il dolore. Il dolore di Maria che assume in se il dolore del figlio. Che non è esattamente solo il suo dolore perché è qualcosa di più di solo e semplicemente suo figlio.

Simbolicamente è il Figlio. Il suo dolore è il Dolore”. Può approfondire questo tema del dolore? “L’unico modo di vincere il dolore è manifestarlo. Renderlo esplicito, condiviso. Come opportunità di riscatto alla vita, alla rigenerazione, alla trasformazione vitale. Quando vi è scambio, trasmissione di emozioni vi è sempre gioia e vita, mai dolore. Il dolore della città è simile. Calvino nelle sue Città invisibili con grande intuizione aveva dato nome di donna a tutte le sue città immaginarie e fantastiche.

In realtà esse riassumevano gli aspetti visibili e percepibili di una sola città che non può essere espressa e capita in tutta la sua complessità. Anche in questo senso la complessità è donna. La città è madre perché ti permette di esistere come cittadino, è amante perché ti affascina, ti seduce, ti ammalia, ti innamora. Compagna di vita in un legame che non può essere così facilmente rimosso senza rimuovere una parte consistente di te stesso”. E per quanto riguarda Firenze? “Alla Città contemporanea consolidatasi sul modello dell’immagine, del consumo, della rendita si chiede di essere sempre e comunque compiacente, di esprimere bellezza e prosperità, mai dolore.

La Città rimane quindi un processo chiuso, muto, senza partecipazione, senza trasmissione di emozione e quindi senza vita, senza crescita. La Città è bloccata nella sua immagine compiacente, seducente. Sa farsi amare ma non è capace di amare perché l’amore come ogni altra emozione per esistere ha bisogno di trasmissione, di scambio. Senza il dolore e il suo superamento non si è capaci di amare e quindi ci è negata l’ebbrezza della gioia. Senza possibilità di circolazione delle emozioni nessun spazio della Città ha la connotazione di spazio pubblico al di là della sua connotazione giuridica.

E quindi di fatto non è, né può essere, un Bene Comune”. Come è possibile intervenire? “Per esserlo di nuovo, o per diventarlo davvero, occorre un evento che ci renda esplicita questa consapevolezza. Un Dark Horse. Una sorpresa inaspettata che crei un momento di crescita, di riscatto alla vita. Alla fine il vero Dark Horse siamo noi stessi, è la (ri)scoperta delle nostre potenzialità. La Città deve avere il coraggio di esprimere anche il proprio dolore. Ogni singolo luogo di sofferenza può essere in tal modo un’opportunità di rigenerazione, un potenziale Dark Horse.

Nel senso che custodisce una sorpresa positiva inaspettata, non preventivata, né preventivabile. Perché si riveli occorre soprattutto condivisione e logica sistemica”. dark_horse1 Il progetto prevede l’inizio, 21 giugno 2013, con la presentazione della scultura “Dark Horse” nella Gipsoteca del Liceo Artistico di Porta Romana e una data conclusiva, il 21 giugno 2014. “Dalla sua radice etimologica il solstizio è il giorno in cui appare in una condizione di stasi, di apparente mancanza di movimento.

Il giorno dell’anno in cui il sole sembra fermarsi nel cielo. È una situazione decisamente metaforica della nostra situazione attuale. Tutto quello che finora ci ha dato calore e sicurezza sembra essersi fermato. Ma in realtà non si è mai mosso, siamo noi che da sempre gli giriamo intorno, siamo noi l’energia che distribuisce il calore. Noi dobbiamo ripartire, non il sole fermo sul cielo. Fondazione Architetti Firenze propone, più che un evento, un processo che si è aperto il 21 giugno, solstizio d’estate, con la presentazione dell’installazione “Dark Horse” di Maurice Nio, nella Gipsoteca del Liceo Artistico di Porta Romana e Sesto fiorentino, e continuerà il 21 settembre con la comunicazione ufficiale del processo e la mappatura dei luoghi e poi il 21 dicembre, con l’inizio reale del processo Dark Horse, nei luoghi sofferenti della città. Il 21 giugno 2014, in una ideale circolarità, ci sarà la chiusura del ciclo con presentazione degli esiti, sia degli workshop attivati all’interno della scuola, che di quelli estesi alla città”. Un anticipo del progetto conclusivo? “La rivelazione del Dark Horse nei singoli luoghi dovrà avere il metodo della condivisione ed il processo dovrà essere attivato da una sorpresa, da una provocazione artistica capace di attivare consapevolezza diffusa e trasversale.

Il processo riuscirà solo se il vero Dark Horse alla fine sarà ogni singolo cittadino coinvolto. Come vera espressione dell’energia. Come vero Bene Comune”. Cecilia Chiavistelli dark_horse4 Foto di Sabrina Fabbri http://www.isa.firenze.it

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