Stefan, Rifondazione: ''Da 4 mesi senza stipendio''

La situazione nei negozi di Borgo San Lorenzo, Scarperia e Sesto Fiorentino è diventata insostenibile. Altre ditte vivono un momento disastroso. Capannoni vuoti, cancelli chiusi, questa è la Toscana che non riparte.

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
11 marzo 2013 13:57
Stefan, Rifondazione: ''Da 4 mesi senza stipendio''

Ancora "soprusi, intimidazioni e violazioni" dei diritti alle lavoratrici di Stefan. L’azienda da oltre 4 mesi, avvertono i consiglieri di Rifondazione comunista Andrea Calò e Lorenzo Verdi, non pagherebbe le mensilità per i dipendenti dei negozi aperti di Borgo San Lorenzo e di ben 7 mensilità per quelli dei negozi di Sesto Fiorentino e Scarperia che sono stati chiusi, "mentre sono in atto epurazioni e tentativi di sequestro dei badge. Continua la protesta e le mobilitazioni dei lavoratori contro l’insostenibile precarietà, le ingiustizie sociali, la repressione e le espulsioni". Rifondazione comunista nell’esprimere la piena solidarietà ai dipendenti, chiede con una domanda d'attualità che tutte le Amministrazioni Locali – Provincia di Firenze e Comuni – contrastino "senza alcun indugio comportamenti illegittimi e irresponsabili da parte della proprietà.

Stefan deve pagare gli stipendi e cessare ogni condotta repressiva nei confronti dei lavoratori. Non è più tollerabile la lunga sequela di ingiustizie e di illegalità". Di seguito il testo della domanda d'attualità presentata da Rifondazione in Provincia di Firenze. "Continua la mobilitazione delle lavoratrici di Stefan, 315 in tutta la Toscana, la maggior parte donne, a difesa dei diritti e del lavoro. E’ stato scelto l’8 marzo per evidenziare come la situazione sia diventata insostenibile a causa di vere e proprie violazioni da parte dell’azienda: “… oltre ai mancati pagamenti di 4 mensilità per i dipendenti dei negozi aperti Borgo S.

Lorenzo e di ben 7 mensilità per quelli dei negozi di Sesto F.no e Scarperia che sono stati chiusi, martedì scorso l' azienda ha tentato di attuare delle vere e proprie epurazioni….”. Lungo è l’elenco dei soprusi presentato dalla Filcams Cgil e perpretato dalla Spa ai danni dei lavoratori “…A fronte della richiesta di alcuni dipendenti di usufruire della mobilità volontaria, come previsto dall'accordo sottoscritto il 30 ottobre 2012 presso il Ministero del Lavoro di Roma, il personale degli uffici amministrativi ha telefonato a 9 dipendenti, comunicando loro che erano stati licenziati e intimandogli di non presentarsi al lavoro il giorno seguente; inoltre è stato espressamente ordinato ai responsabili di turno di confiscare i loro badge….”, è notizia di queste ore che episodi di questo tipo hanno interessato il negozio Stefan di Borgo San Lorenzo dove una lavoratrice non è stata fatta neppure entrare perché “licenziata” anche se non è mai arrivata alcuna notizia ufficiale da parte dell’azienda, mentre anche inm quel negozio si è registrato il triste episodio della confisca dei badge. Molte lavoratrici hanno subito il blocco la mobilità volontaria per 4 mesi, mentre Stefan ha rifiutato sia la conciliazione ( un incentivo di 100 euro in cambio della non opposizione al licenziamento) sia la programmazione di un calendario dei pagamenti per saldare mensilità arretrate e tfr, una vera e propria insolvenza salariale e contributiva inaccettabile. Allo stato attuale l'azienda si trova in stato di pre-concordato, avendo presentato domanda di concordato preventivo il 20 novembre 2012 presso il Tribunale di Prato, dal 20 novembre l' azienda gode di 120 gg.

di blocco dei pagamenti e delle ingiunzioni, con il solo obbligo della rendicontazione mensile: doveva sospendere tutti i pagamenti precedenti alla domanda di concordato, finanziando soltanto le procedure minime per la prosecuzione dell' attività. Inoltre la Spa versa in uno stato di grave deficit a causa del forte indebitamento verso vari soggetti e non solo verso i dipendenti, cresciuto negli anni anche a causa di multe e vertenze: i 120 gg. di blocco sono solo serviti ad aumentare i debiti, nonostante il risparmio fatto sulla pelle dei dipendenti. Le lavoratrici di Borgo San Lorenzo sono indietro di circa quattro mensilità, mentre quelle del negozio di Scarperia, chiuso a luglio, non percepiscono niente da oltre sette mesi.

Tutte lamentano il fatto di essere schiacciate dal senso di ingiustizia poiché prevalgono leggi che tutelano gli interessi economici rispetto alle necessità di tutela delle persone. Durissimo è il giudizio della Filcams Cgil “…una gestione competente avrebbe potuto attenuare i danni a carico dei creditori, anche avvantaggiandosi degli ammortizzatori sociali accordati; invece l' amministratore unico Giuseppe Videtta ha deciso di smettere di pagare gli stipendi ai colleghi dei negozi chiusi (tra l'altro senza preavviso e al di fuori di un piano di gestione aziendale),proseguendo a singhiozzo i pagamenti delle mensilità arretrate ai dipendenti dei negozi aperti e dicendo di essere in questo autorizzato "dal Giudice"…”. Gravi sono le responsabilità delle gestioni fallimentari da parte della proprietà che con discutibili piani imprenditoriali sta cercando di “sanare” perdite e sbilanci economici attraverso la chiusura delle filiali, licenziamenti e sottrazioni di diritti contrattuali.

Di fronte ad una ecatombe sociale occorre contrastare a tutti i livelli questa modalità irresponsabile solo giocata sulla pelle dei lavoratori. Gli scriventi Consiglieri provinciali di Rifondazione Comunista nell’esprimere solidarietà ai lavoratori e lavoratrici di Stefan per la chiusura delle molte attività e la conseguente precarizzazione occupazionale, nel ritenere grave quanto sta accadendo alle lavoratrici- mancanza di retribuzione, rispetto dei diritti, epurazioni, intimidazioni – e a fronte delle reiterate illegittimità compiute sulla loro pelle chiedono al Presidente della Provincia di Firenze e all’Assessore competente di riferire sulla vicenda, sulle inadempienze denunciate dal sindacato in materia di diritti (stipendi, arretrati, ferie, permessi e tfr) , contratto e occupazione e sui motivi per i quali l’azienda continua ad essere palesemente insolvente nonché scorretta anche sul piano delle procedure e obblighi normativi. Altresì chiediamo di sapere se a fronte delle palesi illegittimità di Stefan Spa l’Amministrazione Provinciale è stata investita della controversia da parte delle organizzazioni sindacali e cosa intende fare unitamente ai Comuni per ripristinare un atteggiamento corretto e rispettoso verso i lavoratori, le loro prerogative e diritti". E' sempre più drammatica la situazione degli ex lavoratori di Isi, la fabbrica di pannelli solari che doveva nascere nello stabilimento ex Electrolux di Scandicci e "che invece è miseramente fallita tre anni fa".

I consiglieri provinciali di Rifondazione comunista Andrea Calò e Lorenzo Verdi rilevano che "i lavoratori, in cassa integrazione, lanciano un nuovo appello alle Istituzioni affinché siano onorati tutti gli impegni assunti in materia di lavoro, occupazione, sostegno ai salari e redditi". "E' sempre più drammatica la situazione degli ex lavoratori di Isi, la fabbrica di pannelli solari che doveva nascere nello stabilimento ex Electrolux di Scandicci e che invece è miseramente fallita tre anni fa .

Su 370 soltanto 30 hanno trovato un lavoro sicuro. Gli altri sono in cassa integrazione (che scade a marzo 2013 ). Qualche speranza si era accesa dopo la prima asta, vinta nell'ottobre 2011 dalla Easy Green. Ma poi la società non versò in tempo i 12,5 milioni con cui si era aggiudicata la fabbrica, e l'assegnazione fu revocata. E la seconda asta, nell'estate 2012, andò deserta. Così come non si è visto ombra di pretendenti alla terza asta sulla ex ISI. Ma insieme ai pretendenti sono sparite anche le istituzioni La sensazione di molti lavoratori e anche dei rappresentanti sindacali è che dopo l'ennesima asta andata deserta, si attenda che arrivi la mobilità per buona parte dei lavoratori, anche se per 150 di loro, ciò non sarà possibile ovvero non avranno il sussidio di mobilità perché sono rimasti a gestire il lavoro di fine Electrolux e quindi non hanno fatto a tempo a maturare sei mesi in Isi: 150 lavoratori fregati due volte.

Sembra così che il fallimento alla fine riguardi solo il capannone e la linea di produzione che è rimasta dentro. Comunque si tratta di una vera e propria catastrofe sociale, un calvario vissuto tra delusioni, prese in giro e errate valutazioni politiche e istituzionali - la Fiom Cgil parla di superficialità".hanno tutti abbandonato la nave, tutti i progetti di reindustrializzazione che sono finiti nel nulla. Quelli che c'erano hanno lasciato dopo aver spremuto fino all'ultimo contributo per la reindustrializzazione.

L'azienda fallita, il capannone con le utenze tagliate, e niente più..". La cassa integrazione "..ha dichiarato Alessandro Beccastrini, sindacalista della Fim-Cisl - è ormai l'unico sostegno per questo lavoratori. E per il resto non abbiamo più notizie né dalla Regione, né dagli imprenditori della cordata, Sebastiano Gattorno in primis, che si erano detti disponibili a proseguire nella reindustrializzazione. Una vicenda pazzesca, i lavoratori hanno ormai perso ogni speranza, c'è sempre più stanca, dopo tanti anni di nulla, di promesse mancate, di bugie.". Sono i lavoratori che chiedono ancora una volta di non essere dimenticati, reclamando visibilità serietà coerenza da parte di tutti i loro interlocutori svaniti come neve al sole.

Anche se c'è forte preoccupazione a fronte dell'insostenibile precarietà gli operai vogliono uscire dall'isolamento e dal silenzio che è calato sulla vicenda, anzi molti temono che la strategia sia quella di far addormentare la vertenza, perché si dimentichi. Un obiettivo che in tanti non vogliono sia raggiunto, ecco perché lanciano un nuovo appello alle istituzioni e soprattutto al tavolo regionale affinchè si possa scongiurare l'irreparabile. Gli scriventi Consiglieri Provinciali di Rifondazione Comunista a fronte di quanto sta accadendo ai lavoratori della ex ISI di Scandicci dimenticati da istituzioni e imprenditori e in cassa integrazione da tre anni, in relazione all'ennesimo appello lanciato dalle organizzazioni sindacali al tavolo istituzionale regionale affinchè siano onorati tutti gli impegni assunti in materia di lavoro, occupazione, sostegno ai salari e redditi chiedono al Presidente della Provincia di Firenze e all'Assessore competenete di riferire sulla vicenda che riguarda la mancata reindustrializzazione della ex ISI, della situazione relativa agli ammortizzatori sociali, e di tutti i progetti di ripresa delle attività industriali che erano stati annunciati. Altresì chiediamo di sapere tutti gli sviluppi inerenti la vertenza e soprattutto il lavoro svolto in questio ultimi tempi dal tavoli istituzionale regionale, del quale fa parte anche la Provincia di Firenze. Infine chiediamo di sapere quali altre iniziative, a seguito del fallimento della terza asta, intendono adottare la Regione Toscana, la Provincia di Firenze, il Comune di Scandicci a sostegno dei lavoratori ex ISI e se è in previsione un nuovo incontro tra le parti". “La Toscana e la Garfagnana in particolare non possono permettersi una crisi delle proporzioni di quella che si è aperta alla Kme di Fornaci di Barga.

È urgente una risposta forte delle istituzioni e, per questo, la commissione Emergenza occupazionale del Consiglio regionale si adopererà per sollecitare l’apertura di un tavolo nazionale presso il ministero dello Sviluppo economico”. Lo ha dichiarato il presidente della Commissione regionale, Paolo Marini (Fds), a margine dell’incontro con le Rsu dello stabilimento Kme di Fornaci di Barga, dove la proprietà ha annunciato 142 esuberi (102 operai e 40 impiegati) e la volontà di chiudere uno dei forni fusori.

Lo stabilimento di Fornaci di Barga, dove ha sede il Centro ricerche e sviluppo per l’Italia, produce laminati industriali e per l’edilizia e cavi d’isolamento minerali. “Con le Rsu”, ha aggiunto Marini, “abbiamo condiviso i punti fermi della vertenza: la necessità di mantenere aperto il forno fusorio, la necessità di scongiurare conseguenze per i livelli occupazionali e la disponibilità a trattrare per giungere ad un accordo che soddisfi entrambe le parti”. Per la vicepresidente della Commissione Marina Staccioli (Misto), “in una zona come quella della media valle Garfagnana anche perdere un solo posto di lavoro sarebbe intollerabile, la vallata è già attraversata da molteplici situazioni di crisi”.

Inoltre, “è necessario salvaguardare un’eccellenza toscana, perché è irragionevole pensare che chiuda l’unico sito italiano per la produzione di rame a vantaggio degli stabilimenti tedeschi. È arrivato il momento di puntare i piedi per difendere il sistema toscano”. Il consigliere regionale Salvadore Bartolomei (Pdl) ha definito l’incontro con le Rsu “sereno” e ha dichiarato di “aver riscontrato, da parte delle organizzazioni sindacali, un atteggiamento di disponibilità, ragionevolezza e un certo pragmatismo”.

Bartolomei ha parlato di “situazione delicata”, perché una crisi alla Kme aprirebbe “una ferita profonda nel tessuto sociale ed economico nella media valle della Garfagnana e, più in generale, in lucchesia e in Toscana e le istituzioni e la politica devono adoperarsi per favorire una soluzione positiva”.

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