Sanremo visto da Firenze, il punto 'G' sul Festival

Gianni Greco, noto speaker radiofonico conosciuto semplicemente come ''G'', voce dell'etere toscano ha commentato per anni il Festival di Sanremo sollevando l'opinione popolare in concomitanza con la rassegna canora della riviera dei fiori

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
17 febbraio 2013 13:43
Sanremo visto da Firenze, il punto 'G' sul Festival

di Gianni Greco in arte ''G'' Ho ascoltato distrattamente le canzoni: non so perché, ma quest'anno, dopo una frequentazione totale dal 1951 in poi, il Festival mi attira meno del solito. Il periodo elettorale? L'abdicazione del Papa? La crisi montiana? La faccia da zelante funzionario dell'Armata Rossa di Fazio? Le scarse grazie della Littizzetto? I compensi esagerati di presentatori e ospiti? Il fatto che alla fine non vinca mai il più meritevole? Mah...

forse un po' tutto questo, forse un normale logorio festivaliero. Comunque un'idea me la sono fatta. Schifo? Abbastanza. Soprattutto dopo i primi risultati dovuti al voto popolare, che mettono agli ultimi posti quelli che un po' si salvano. Ma come, Maria Nazionale sopra Cristicchi? In cima gli orrendi Modà, superati solo da un Mengoni dalla voce splendida ma dalle brutte canzoni? E quella "Canzone Mononota" di Elio, certo non bella, ma perfetto simbolo del niente musicale italiano degli ultimi anni a metà classifica invece di essere al primo posto a sbeffeggiare tutte le inutili note altrui? Non c'è una canzone che mi emozioni, e alle canzoni cosa chiediamo? O emozioni, o ritmo, o divertimento, o anche significati. Niente. L'anno scorso dissi subito che una c'era, ed era quella dolce, struggente, coraggiosa canzone di Arisa che poi si è sentita tanto nell'aria, dopo.

Ma dovette cedere il passo alla vomitevole Emma. Quest'anno una "La notte" non c'è. Ci si arrampica su architetture musicali sforzate o palesemente scopiazzate. Caso esemplare quello di Maria Nazionale (ma chi ce l'ha fatta andare a Sanremo questa?), che in un certo punto si rifà addirittura a "My Way". E dico poco. Almeno copiassero roba meno conosciuta... Di poco rilievo anche personaggi da cui ci si aspettava di più, tipo Silvestri o Gazzè, che canta sempre la stessa canzone e riecheggia anche canzoni di altri.

Smorta nel suo snobismo Malika, inascoltabili i Marta sui Tubi, meglio gli Almamegretta. Bravino e un po' sopravvalutato il Gualazzi, rinchiuso in un ambito troppo distante dalla massa, buona voce ma antica come il brodo l'Annalisa, sicuramente buoni la Molinari e il Cincotti, tra i migliori, e Chiara Galiazzo avrebbe fatto meglio a tenersi per Sanremo la canzone "Due respiri" con cui ha vinto "X-Factor". Penso di averli nominati tutti. I miei favoriti: Elio primo come protesta musicale, Cristicchi secondo per il coraggio di parlare così soavemente della morte, Molinari e Cincotti terzi per la bravura tecnica e l'affiatamento.

Ma non andrà così. Se avessi voluto fare un pronostico avrei senz’altro messo al primo posto Mengoni, uno di cui mi dichiarai entusiasta e a cui avevo pronosticato una luminosa carriera già al suo primo apparire a “X-Factor”. Solo che era così bravo a cantare le canzoni degli altri quanto poi così scarso a scriverne di nuove per sé. L’importante comunque è che non abbiano vinto i Modà, sui quali non cambio idea. E non la cambio su nessun altro tra quelli che ho nominato. E di canzoni sarebbe meglio parlare, perché Sanremo è, o dovrebbe essere, il Festival della Canzone, ma si è trasformato da tempo in quello dei cantanti.

Infatti si dice che ha vinto il tale cantante, non la tale canzone. E sul palco alla fine non salgono gli autori, che restano nomi senza volto tra parentesi sotto il titolo, tranne l’interprete, quando figura tra di essi. Una vera ingiustizia (detto da uno che autore è, e difende la categoria, sennò chi lo fa?). Un Festival che a causa di una pesantissima campagna elettorale in corso ha avuto successo malgrado la mestizia del dimesso Fazio e gli eccessivi gestrini della pur brava Littizzetto, un po’ troppo compresa nella sua parte di brutto anatroccolo che non diventerà mai cigno.

Lo è già diventato da tempo il suo conto in banca, in compenso. Alcune "passerone ospiti non facenti" sono servite alla piccoletta da ottimo confronto per farsi furbescamente identificare nella sciatta casalinga senza pregi estetici di cui è infarcita l’Italia. E, a proposito, la torta sanremese era fortemente appesantita da frequente pubblicità, oltre che da un ricorrente Mike Bongiorno, la cui Fondazione per fare del bene chiede i soldi a noi (comodo). La quasi sovietica statua dell’allegro Mike è stata la ciliegina sulla torta farcita. La satira.

Crozza, contestato dai berlusconiani, ha sbagliato tutto ripetendo battute già sentite (poteva anche scriversene di nuove, per l’occasione), e Bisio, che in fin dei conti ne ha dette di più sode, è stato accolto con un certo gelo ma senza contrasti. Però la satira vera, quella pesante che fa male, non si è vista né sentita. Ma è Sanremo… Che altro? Molto ci sarebbe da dire, e se avessi ancora un microfono davanti alla bocca potrei andare avanti per ore. Ma ne vale la pena? E vale la pena oggi avere un microfono davanti alla bocca? Twitter, Facebook, la rete tutta, hanno dato a cani e porci la possibilità di esprimersi, e io, porco cane, ogni tanto lo faccio, specialmente, come in questo caso, quando me lo chiedono.

Notizie correlate
In evidenza