Le aziende toscane chiuderanno i bilanci con margini operativi negativi

Unioncamere Toscana: "Pesano sulle imprese toscane la compressione dei margini e l’incremento del costo del credito"

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
31 gennaio 2013 14:18
Le aziende toscane chiuderanno i bilanci con margini operativi negativi

Firenze, 31 gennaio 2013 – Dopo che il 2011 si è chiuso con una sostanziale stagnazione dei ricavi (+0,3% rispetto al 2010) ed una leggera contrazione del valore aggiunto (-0,9%), le stime preliminari relative ai bilanci delle società di capitale evidenziano, con riferimento al 2012, un nuovo più brusco rallentamento nei percorsi di sviluppo delle imprese toscane. Sulla base delle simulazioni effettuate, sono infatti destinate ad aumentare significativamente le aziende che chiuderanno i bilanci dell’anno appena trascorso con margini operativi negativi (il 20,0% del campione di imprese manifatturiere prese in esame, erano l’8,8% nel 2011), ulteriormente penalizzate da una gestione finanziaria che nel corso dell’anno si è fatta sempre più problematica (il peso degli oneri finanziari, rispetto al fatturato, viene stimato nel 2012 pari all’1,20% dopo lo 0,97% del 2011 e lo 0,81% del 2010). Nel complesso, i dati riferiti all’universo dei bilanci disponibili nell’ultimo quinquennio per le società di capitale con fatturato superiore ai 100.000 euro evidenziano non solo il mancato recupero delle perdite subite nella fase recessiva più acuta (-6,4% i ricavi 2011 e -12,2% il valore aggiunto rispetto al 2007) ma una situazione di sostanziale indebolimento della competitività complessiva del sistema, legata ad nuovo significativo ampliamento del divario tra ritmi di sviluppo di vendite e margini, tra loro sempre meno correlati in conseguenza delle prudenti politiche di prezzo adottate dalle imprese.

Lo rende noto l’Osservatorio Bilanci delle Società di Capitale in Toscana, presentato questa mattina presso la sede di Unioncamere Toscana. L’ANALISI SUI BILANCI CONSUNTIVI DEL 2011 Redditività operativa Se a livello di redditività operativa le società di capitali toscane registrano nel 2011 un lieve incremento (un ulteriore decimo di punto, passando dal 4,99% al 5,09%), questo si configura soprattutto come conseguenza dell’alleggerimento della struttura operativa. L’andamento della spesa in conto capitale (Capex) rimane su livelli molto bassi e sostanzialmente costanti nell’ultimo triennio; l’incremento dell’1,3% rispetto al 2010 denota un’attività volta pressoché esclusivamente allo sfruttamento della capacità produttiva presente in azienda, ancora strutturalmente in eccesso. Permangono comunque forti criticità nell’evoluzione del rapporto tra margini operativi netti e fatturato: nel 2011 rispetto al 2007 la marginalità sulle vendite si è infatti ridotta di 1,2 punti percentuali, per l’effetto combinato del crollo della domanda e della persistenza di capacità produttiva in eccesso.

Tale riduzione è stata in ogni caso contenuta nell’ultimo anno da politiche di contenimento dei prezzi, dalla compressione dei costi di struttura e di ammortamento degli impianti, e dal sostegno della Cassa Integrazione Guadagni al costo del lavoro, con un picco nei livelli di utilizzo nella seconda metà del 2011 anche attraverso la componente in deroga. Situazione patrimoniale e finanziaria Nel 2011 le società di capitali continuano a vivere una situazione di nuove criticità sul mercato del credito, dovuta anche agli incrementi nei tassi di interesse, che condizionano negativamente il contributo della gestione finanziaria all’equilibrio generale delle imprese.

Dal punto di vista dell’autonomia patrimoniale, il rapporto tra capitale netto e totale delle fonti di finanziamento per il complesso delle società di capitali toscane registra nel 2011 un miglioramento (18%) attestandosi tuttavia su livelli assoluti che restano ancora particolarmente bassi. L’incremento di un punto percentuale nell’autonomia patrimoniale – rispetto al periodo più grave della crisi – appare legato, più che ad incrementi nei livelli di capitalizzazione delle imprese, a riduzioni dello stock di debito, intervenute nonostante i livelli di fatturato si siano mantenuti costanti rispetto all’anno precedente.

La sostanziale staticità di ricavi e il contenimento dei margini nel 2011 non determinano comunque miglioramenti nella liquidità potenziale generata dalla gestione operativa, che rimane ancora su livelli nettamente inferiori al 2008. L’unico effetto visibile è quello della crescita dei tassi di interesse che determina un deciso peggioramento nella capacità dei margini operativi lordi di coprire gli oneri finanziari e – dunque – un incremento dei livelli di rischiosità dell’intero sistema. Redditività netta Il 2011 vede inoltre un lieve peggioramento nella redditività netta delle società di capitali toscane, rispetto ad un 2010 in cui le politiche di contenimento dei tassi e la crescita dei ricavi di vendita avevano consentito un buon miglioramento.

I nuovi incrementi nei tassi di interesse bancari determinano una crescita del peso degli oneri finanziari sul fatturato complessivo delle imprese che sale a 1,01 euro ogni 100 di fatturato. Contestualmente prosegue nel 2011 la tendenza in crescita del peso delle imposte sul fatturato delle imprese toscane (+0,8 punti percentuali a parità sostanziale di fatturato). L’effetto combinato di questi fattori determina la riduzione di un decimo di punto della redditività netta delle società di capitali toscane: l’incidenza dell’utile netto sui ricavi delle vendite si porta così a 0,58 centesimi per ogni 100 euro di fatturato, in linea con il 2008. Le condizioni finanziarie Un approfondimento sulle condizioni finanziarie delle società di capitali toscane, condotto sui soli bilanci in forma ordinaria (oltre 3.000 unità), evidenzia come nel 2011 sia continuato, seppur lievemente, il rafforzamento patrimoniale delle imprese.

Tuttavia, la crisi di liquidità si acuisce. I margini operativi, infatti, tornano a diminuire (-0,8%), attestandosi poco sopra il 5,5% del fatturato. Ciò viene controbilanciato, almeno in parte, da una riduzione del fabbisogno corrente (-3,3%), anche grazie a un più ampio ricorso a operazioni di smobilizzo di crediti commerciali. Questo fatto trova conferma in un crescente livello di indebitamento a breve correlato al finanziamento del capitale circolante (+5,3%). Una crescita del debito a breve fa inevitabilmente aumentare la quota di fatturato destinata agli oneri finanziari, che cresce di ben il 13%.

La principale causa di tale lievitazione del peso del debito è, però, da riscontrare in un costo del denaro che dopo anni torna a salire sensibilmente. Se questa è la fotografia generale, le imprese più piccole sembra riescano a rispondere meglio a contenere i danni grazie a una più attenta gestione del capitale circolante, anche se risultano più penalizzate da un costo del denaro maggiore rispetto alle grandi. Spostando l’analisi sui settori economici, l’agricoltura, da sempre la più capitalizzata, continua ad apparire ancor più solida (il livello di capitale di rischio rispetto ai debiti finanziari sfora il 60%).

Nell’industria, invece, crescono le tensioni di liquidità, soprattutto a causa di un maggior ricorso al debito, che, abbinato a tassi in crescita, affaticano la gestione finanziaria di molte imprese. Ben il 40% delle imprese che opera in questo macrosettore non riesce a ritrarre dalle vendite un flusso di cassa in grado di coprire gli oneri finanziari. LE PREVISIONI SUI CONTI ECONOMICI 2012 DELLE IMPRESE MANIFATTURIERE Le indagini congiunturali realizzate da Unioncamere Toscana registrano per i primi nove mesi del 2012 una netta contrazione del fatturato delle imprese manifatturiere, che in un contesto di mancata discesa del livello dei prezzi delle materie prime – soprattutto energetiche – produce, secondo le simulazioni del modello previsivo dei conti economici 2012, un ulteriore generalizzato peggioramento nei margini operativi lordi delle imprese manifatturiere toscane.

Dopo la remunerazione del personale, ben il 20% del sistema starebbe chiudendo il 2012 con margini operativi lordi negativi (quota che sfiorerebbe il 40% al netto degli interventi della Cassa Integrazione Guadagni a sostegno dell’occupazione regionale). La nuova e drastica contrazione prevista nei margini sulle vendite si riflette in un altrettanto drastica riduzione dell’indicatore di autofinanziamento della gestione operativa: la previsione per i conti economici 2012 segnala infatti come – per effetto della gestione operativa – si generino meno di 4 euro di liquidità a disposizione per l’azienda ogni 100 di fatturato, contro i 7,3 del 2011.

Non solo, nel 2012 si stima sia più gravoso anche il peso della gestione finanziaria, dovuto all’accentuarsi dell’incertezza sui mercati finanziari ed ai problemi di liquidità affrontati dagli istituti bancari. Le condizioni di marginalità decrescente ed il peso crescente del costo del debito rispetto al fatturato sono gli elementi che si prevede contribuiscano all’ulteriore peggioramento del quadro della solvibilità delle imprese manifatturiere nell’anno appena concluso. La quota di imprese con autofinanziamento operativo lordo superiore agli oneri finanziari si stima diminuisca bruscamente, portandosi sui livelli più bassi dell’ultimo quinquennio: secondo le previsioni, nel 2012 oltre un quarto (il 27,5%) del campione di imprese manifatturiere analizzate evidenzia difficoltà nel coprire il rimborso degli oneri finanziari sui prestiti con i propri flussi di cassa operativi. Jacopo Alberti, commissario provinciale di Firenze della Lega Nord e candidato al Senato dietro Giulio Tremonti, interviene criticando in modo aspro il ruolo delle banche e le politiche della sinistra per il rilancio del Paese: «La liquidità è da tempo uno dei principali problemi delle nostre imprese.

Le responsabilità sono molteplici, a cominciare dalle grandi banche che non fanno più il loro mestiere, lasciando a se stesse migliaia di piccole imprese e le loro famiglie. Sarebbe l’ora di dire basta con la roulette russa della speculazione finanziaria. Altra responsabilità è di questa sinistra che vorrebbe aumentare la pressione fiscale fino a livelli disumani, non capendo che questo non porta a più entrate per lo Stato ma lo spingerebbe direttamente al fallimento totale. Mi sembra che anche il Prof.

Monti non abbia le idee ben chiare sulla gravità del problema, forse perché con il suo stipendio di senatore a vita gli permette di non conoscere la parola crisi e la parola rischio, ben evidente invece a chi fa impresa. La Lega è l’unico Movimento che propone soluzioni chiare: trattenersi il 75% delle nostre tasse sul nostro territorio, detassare le imprese dei giovani al di sotto dei 35 anni ed abbattere gli elevati, quanto insostenibili, costi dello Stato.»

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