Treno della memoria: faccia a faccia con la barbarie nazista

Stamani 600 studenti toscani hanno visitato il campo di concentramento di Auschwitz

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
29 gennaio 2013 17:35
Treno della memoria: faccia a faccia con la barbarie nazista

di Nicola Novelli CRACOVIA- Nel 2011 hanno visitano Auschwitz un milione e mezzo di persone, di queste poco più della metà studenti. In questi giorni la Regione Toscana, a proprie spese, ne ha portati in Polonia circa 600, provenienti dalle scuole e università di ciascuna provincia. Nel complesso un decimo di tutti gli italiani che ogni anno si recano nel più terribile campo di concentramento nazista. E' il frutto del progetto del Treno della Memoria, che per l'ottava edizione si ripete anche nel 2013. Ieri avevano visitato il campo di sterminio di Birkenau.

Stamani i ragazzi toscani hanno varcato tutti insieme il cancello principale di Auschwitz, quello sovrastato dalla famigerata scritta “Arbeit macht frei”. Erano in corteo, preceduti dal Gonfalone della Regione Toscana e dalle Chiarine del Comune di Firenze. Hanno attraversato il campo per raggiungere il monumento ai caduti, dove hanno deposto una corona di alloro. Nel corso della breve cerimonia hanno parlato l'animatore del Treno della Memoria, Ugo Caffaz, il presidente del Parlamento degli Studenti toscani, Andrea Cappelli, e il Consigliere Regionale Enzo Brogi. Poi, in piccoli gruppi, i giovani toscani sono stati accompagnati nella visita dalle guide del Panstwowe Muzeum di Auschwitz.

Un percorso tra i reperti rinvenuti, classificati e restaurati nel corso degli anni. Già nel 1947 il campo era stato aperto al pubblico per iniziativa di quella che sarebbe poi diventata una Fondazione. Vi si erano dedicati alcuni sopravvissuti, rimasti in convalescenza ad Auschwitz dopo la liberazione. Li coordinava uno studente di legge polacco, immediatamente consapevole del valore giudiziario e storico di quei materiali. I ragazzi venuti dalla Toscana, nei padiglioni trasformati in museo, hanno osservato le vetrine colme di barattoli di Zyclon B, il veleno con cui gli aguzzini gasavano i prigionieri, e poi le cataste di beni personali che i nazisti depredavano agli internati per reimmetterli nel circuito del commercio civile in Germania.

Cataste di occhiali, valigie, attrezzi da cucina e da bagno, abiti e scarpe, foto di famiglia fortunosamente conservatesi. E poi ancora nel reparto-carcere le celle di detenzione dei prigionieri in attesa di esecuzione, oppure i loculi di tortura dove venivano puniti i recalcitranti. Sino a scendere sotto terra, nei locali dove fu sperimentato con successo l'annientamento industriale della razza ebraica: 700 persone stipate in una sala senza finestre, in cui veniva calato il gas asfissiante che ne provocava la morte.

E accanto, con meticolosa malvagità, i forni crematori, per cancellare al più presto le tracce del misfatto. E' acceso il dibattito tra gli storici sullo snaturamento dei luoghi della Shoa, che con il passare del tempo si trasformano sempre più in musei, perdendo l'originalità determinata dal destino. Al Panstwowe Muzeum fanno di tutto per rispettare le cose e i luoghi, intesi soprattutto come sacrario delle centinaia di migliaia di donne, uomini e bambini trucidati. Ormai i visitatori sono forniti di audioguide, per rispettare il silenzio in questo enorme cimitero a cielo aperto.

Difficile affermare infatti che in qualunque angolo del campo non sia stato violentato, torturato, o ucciso qualcuno. La sacralità dei luoghi che in questi giorni di visita gli studenti toscani hanno saggiato e saputo onorare, a detta degli stessi operatori della Fondazione di Auschwitz, con attenzione e sensibilità. Come stamane quando è stato chiesto a tutti di rinunciare a scattare fotografie nelle sale contenenti le reliquie delle vittime. Prime fra tutte la vetrina che raccoglie sette tonnellate di capelli umani, una visione sconvolgente, dove anche il contegno adulto degli accompagnatori vacilla, difronte alla possibilità di misurare, sia pur vagamente, la sconvolgente enormità della barbarie nazista.

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