L'Italia che non crede nei giovani

Tranquillizzatevi, questo non è il solito articolo sulla crisi, sui call-center, sulla gerontocrazia o lo sfruttamento dilagante. Parliamo infatti dell'abitudine tutta italiana di censurare quello che può far pensare i giovani.

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
21 dicembre 2012 11:16
L'Italia che non crede nei giovani

Tranquillizzatevi, questo non è il solito articolo sulla crisi, sui call-center, sulla gerontocrazia o lo sfruttamento dilagante. Parliamo infatti dell'abitudine tutta italiana di censurare quello che può far pensare i giovani. Sì, nuovamente di censura si parla... Un atto dettato dalla paura e dall'inadeguatezza di una classe dirigente che ha perso da tempo ogni contatto con la gioventù considerata (o resa) talmente priva di spirito critico da potersi fare influenzare da un film dì animazione, anche se firmato da un regista eccellente. E' il caso di "La bottega dei suicidi" di Patrice Leconte, presentato fuori concorso in anteprima al Festival di Cannes, che la "Commissione di revisione cinematografica" (bruttissimo nome che ricorda ancor peggiore periodo) avrebbe voluto vedere vietato ai minori di 18 anni con una motivazione a dir poco risibile:

«tratta il tema del suicidio con estrema leggerezza e facilità di esecuzione, come se fosse un atto ordinario o un servizio da vendere al dettaglio, creando il pericolo concreto di atti emulativi da parte di un pubblico più giovane, quali gli adolescenti che attraversano un'età critica» [...] «la rappresentazione sottoforma di cartone animato costituisce un veicolo che agevola il pubblico più giovane rispetto alla penetrazione di un messaggio così pericoloso»
Naturalmente il tentativo è durato meno di una giornata, probabimente spinto dal fatto che il distributore aveva deciso di ritirarlo dalle sale, ma resta l'amarezza di avere a che fare con una generazione di adulti che si sentono così colpevoli nei confronti dei loro figli, così consapevoli di non essere riusciti ad insegnare loro nemmeno una briciola di spirito critico da preferire che un film di animazione, in un periodo di crisi del cinema tra l'altro, possa essere vietato perché "potrebbe creare fenomeni emulativi". Non dovrebbero invece questi sedicenti adulti interrogarsi se veramente i giovani sono così suggestionabili e se la risposta è affermativa di chi è la colpa? Perché se veramente pensano che un film che affronta in modo tanto ironico e divertente un aspetto della società possa portare al suicidio la nostra gioventù vuol dire che il nostro modello educativo e di società si è rivelato del tutto fallimentare.

A meno che il motivo sia semplicemente che, ipocritamente come al solito, pensiamo che se non si parla di qualcosa questa non esiste. Quindi è meglio che i giovani passino le loro serate a guardare le evoluzioni di splendide e succinte fatine luccicanti, con unico scopo nella vita il matrimonio con un principe azzurro, che ad interrogarsi sulla società e magari esorcizzare con una liberatoria risata la paura per un futuro che sembra veramente senza alcuna speranza. sb

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