Quando il corpo è delle altre

Giù le mani dal corpo delle donne, recitava uno storico slogan femminista, rivendicando il diritto di disporre di sé senza ingerenze di sorta

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
28 febbraio 2012 15:25
Quando il corpo è delle altre

Melbookstore Seeber, via de' Cerretani 16r - Mercoledi 29 febbraio, ore 17.45 Presentazione del libro di Michela Fusaschi (docente di Antropologia culturale e sociale presso l'Università di Roma Tre) Insieme all’autrice saranno presenti Monica Toraldo di Francia (Università di Firenze,docente di Bioetica, membro del Comitato nazionale di Bioetica), Rossana Trifiletti (Università di Firenze, docente di Politica sociale e Sociologia della famiglia) e Brunella Casalini (Università di Firenze, docente di Filosofia politica). Giù le mani dal corpo delle donne, recitava uno storico slogan femminista, rivendicando il diritto di disporre di sé senza ingerenze di sorta.

Un'istanza a cui sembra dar voce l'Organizzazione mondiale della sanità, quando vieta le cosiddette mutilazioni genitali femminili (Mgf), ancora praticate in altri universi socioculturali, in particolare – ma non solo – in Africa. Mentre tali pratiche suscitano indignazione, non viene sanzionata la chirurgia estatica intima, che in Occidente assume un rilievo via via crescente, spesso in assenza di una significativa letteratura medica che ne esamini la criticità. Il corpo non si tocca, ma lo si può impunemente ritoccare.

Se la violenza di clitoridectomia, escissione e infibulazione risulta inaccettabile, l'imenoplastica e le varie forme di ringiovanimento vaginale operate dal bisturi o dal laser appaiono invece consapevoli esercizi di autodeterminazione. Già, perché il corpo oltraggiato è sempre quello delle Altre, sottolinea Michela Fusaschi in un saggio che non fa sconti alla nostra miopia travestita da retorica umanitaria. Dalla prospettiva transculturale in cui Fusaschi si colloca, si vede con chiarezza quanto l'integrità del corpo femminile sia giudicata a seconda dell'immaginario di riferimento: il nostro, ipertecnologico, ritiene una brutale prevaricazione solo ciò che accade in contesti dichiarati «arretrati».

Così non riesce neppure a supporre che esistano, in quei contesti, manipolazioni non mutilanti, come dimostrano le dinamiche rwandesi di costruzione dell'identità di genere. E soprattutto non coglie la menzogna dei propri, compiaciuti buoni sentimenti. Michela Fusaschi insegna Antropologia culturale e sociale all’Università di Roma Tre. Da anni svolge attività di ricerca nell'Africa sub-sahariana. È autrice di Corporalmente corretto. Note di antropologia (2008) e curatrice di Rwanda.

Etnografie del post-genocidio (2009). Presso Bollati Boringhieri ha pubblicato Hutu-Tutsi. Alle radici del genocidio rwandese (2000, Premio Iglesias) e I segni sul corpo. Per un’antropologia delle modificazioni dei genitali femminili (2003, Premio Amelia Rosselli, sessione speciale sui diritti umani delle donne).

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