Fondazione Lazzareschi: ultimi giorni per la mostra su Andy Warhol

Ottanta opere per descrivere l’itinerario artistico del padre della pop art.

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
24 gennaio 2012 14:50
Fondazione Lazzareschi: ultimi giorni per la mostra su Andy Warhol

Andy Warhol (Pittsburgh, 1928 - New York, 1987), uno degli artisti contemporanei più conosciuti e riconosciuti al di fuori del circuito dell’arte, riesce ad attirare visitatori anche in un contesto decentrato come Porcari (Lucca), dove ha luogo la mostra dedicata all’artista americano, ultima in linea cronologica delle altre promosse dall’agenzia Pubbliwork in città come Messina e Taormina (2011), Viterbo (2010-2011) e Perugia (2009). Quelle in mostra nei luminosi ma non molto ampi spazi della sede della Fondazione Lazzareschi sono in tutto ottanta opere, provenienti principalmente dalla collezione Art Motors di Milano e da altre collezioni private.

L’allestimento del Palazzo di Vetro prevede, nella prima sala, l’esposizione dei soggetti più noti, come le celebri serigrafie raffiguranti i ritratti di Marilyn Monroe e di Mao Tse-Tung, le immagini dei Flowers e delle leggendarie scatolette di zuppa Campbell’s. Queste riproduzioni in serie, ormai diventate immagini-simbolo della pop art americana, costituiscono il corpus principale della mostra. Al piano superiore e a quello inferiore del palazzo sono esposte tuttavia anche opere un po’ meno conosciute o esemplari unici, come un autoritratto dell’artista, i ritratti di Joseph Beuys e di Enzo Cucchi, Reigning Queens e One Dollar. Il piano inferiore ospita anche alcune copie della rivista Interview, creata nel 1969 dall’artista americano con la collaborazione di John Wilcock e Gerard Malanga, oltre alle copertine di tre dischi in vinile firmate da Warhol: l’immancabile The Velvet Underground and Nico, dei Velvet Underground, con la celebre banana gialla e nera dipinta dall’artista, Silk Electric di Diana Ross e Sticky Fingers dei Rolling Stones.

Massimamente eclettico, assolutamente sperimentatore, Warhol, che affermava di voler diventare, nella produzione artistica, una “macchina”, si è interessato, oltre che alla pittura e alla scultura, alla pubblicità (che per tutta la vita ha fuso con l’arte), alla moda, alla musica, alla scrittura sperimentale e al cinema indipendente. Manca, nell’insieme delle opere raccolte a Lucca, proprio quest’ultima parte della sua produzione artistica: il lungo video che viene proiettato nella sala al piano superiore del palazzo non è dedicato a Warhol, né fa riferimento ai molti lungometraggi girati o prodotti dall’artista, ma racconta la vita e le opere di un altro grande americano, Keith Haring.

Tale mancanza sembra sia dovuta alla difficile reperibilità di filmati sulla vita di Warhol adatti a un pubblico di minori di quattordici anni. Tra le altre imprese che Warhol ha portato a termine nel trentennio della sua attività artistica, l’ultima, ma certo non meno importante, è stata quella di imporre e sfruttare la propria immagine in un mondo di immagini-merce: la sua celebrità è, ancora oggi, veicolo ideale per la riuscita di operazioni di mercato e il suo nome è abbondantemente “ben vendibile”.

Ma di ciò non si può certo incolpare gli organizzatori della mostra di Porcari: in fondo, l’arte di Warhol era “pop” perché popolare, alla portata di tutti. Lo stesso artista nel 1967 affermava: “Non penso che l’arte debba essere riservata a pochi eletti. Credo che dovrebbe riguardare la massa del popolo americano”. di Giulia Bucci

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