Firenze: il razzismo che non si può dire

Quali altre circostanze, dopo i due episodi di questi giorni a così breve distanza, possono convincere i più a denunciare un clima di pregiudizio razziale?

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
14 dicembre 2011 23:43
Firenze: il razzismo che non si può dire

di Nicola Novelli Direttore di Nove da Firenze Nella sua definizione più semplice il razzismo è la convinzione preconcetta e scientificamente errata che la specie umana sia suddivisa in "razze" biologicamente distinte, caratterizzate da diverse capacità intellettive. L'ideologia determina una gerarchia di valore secondo cui una "razza" viene definita superiore, un'altra inferiore. Ieri a Firenze si è verificato un eccidio di natura razzista? Gianluca Casseri, l'assassino, non era un soggetto seguito dai servizi socio-sanitari, come nel caso dell'attentatore milanese di Berlusconi.

Invece era attivo con una pubblicistica che trovava spazio in siti internet legati ad associazioni e ambienti dell'estrema destra politica. Disponeva di un porto d'armi e ieri ha fatto fuoco su innocenti con una pistola di grosso calibro. Da alcune settimane si era trasferito a Firenze, una città che gli ha offerto uno scenario di morte più agevole rispetto ad altre città toscane, per la presenza di una numerosa comunità di africani, per i molti spazi pubblici all'aperto e la possibilità di muoversi in auto da un quartiere all'altro.

Da rilevare che ieri era giorno di mercato non solo in piazza Dalmazia, ma ad esempio anche alle Cascine, uno degli appuntamenti commerciali più frequentati. Altra coincidenza, inquietante, la concomitanza dell'azione omicida con la grande manifestazione per i diritti umani organizzata dalla Regione Toscana al Nelson Mandela Forum e partecipata da migliaia di studenti. Una coincidenza che fa rabbrividire per le similitudini sfiorate con la strage di Oslo di qualche mese fa. Tutti questi elementi non fanno pensare ad uno squilibrato, ma all'azione determinata di un soggetto che aveva premeditato il suo gravissimo atto.

Parafrasando Leonardo Sciascia, passiamo ora al contesto. Ieri pomeriggio, quando ancora la tragedia non aveva raggiunto il suo culmine, le redazioni dei giornali, anche la nostra, sono state raggiunte da alcuni comunicati stampa, indirizzati da esponenti del centro destra, con i quali, in maniera sommaria dei fatti di piazza Dalmazia si dava un'intepretazione preconcetta. Facciamo nomi e cognomi: già alle ore 14:00 Guido Castelnuovo Tedesco, consigliere del PdL al Quartiere 5, dichiarava pubblicamente: «Il mercato rionale di piazza Dalmazia è da tempo interessato da extracomunitari, che lo presidiano in modo sospetto, facendo concorrenza ai commercianti e contribuendo ad alimentare il degrado urbano che interessa la piazza ed il rione di Rifredi.

Da anni gli esercenti lamentano che il giorno i senegalesi fanno da padroni, mentre la notte i nomadi lo sfruttano come dormitorio». Gli faceva eco il consigliere regionale del Pdl, Giovanni Donzelli: «E’ evidente che sono miseramente falliti tutti i tentativi di integrazione portati avanti dalla politica delle ‘porte aperte a tutti’ praticata dalla sinistra negli ultimi decenni a Firenze e in Toscana. Così, mentre alle spalle della Leopolda, tanto cara a Renzi, centinaia di irregolari vivono in condizioni di illegalità e malessere, la stessa piazza Dalmazia, teatro del regolamento di conti di oggi con tanto di sparatoria, la notte si trasforma in un giaciglio di disperati.

Intanto, a poche centinaia di metri, continua l’occupazione abusiva di Poggio Secco con decine e decine di irregolari che non vengono né censiti né controllati, ma che in alcuni casi ottengono la residenza negli stabili occupati illegalmente». Improvvide conclusioni causate da esigenze di visibilità politica? Oppure apologia di reato e istigazione di massa a delinquere? I lettori di Nove da Firenze sono in grado di giudicare da soli. Come si commentano facilmente gli interventi di altri esponenti del centro destra che, presi in contropiede dal dipanarsi degli eventi si sono arrampicati sugli specchi per reinterpretare i fatti in una chiave giustificabile alla propria ideologia. In un incredibile ribaltamento di responsabilità l'europarlamentare della Lega Nord Toscana, Claudio Morganti, sottolineva nel tardo pomeriggio, quando ormai la dinamica dei fatti era ricostruita con chiarezza: «non vorrei che le vittime svolgessero la propria attività presso i mercati, vendendo merce abusiva.

Se così fosse, i maggiori responsabili di quanto successo sarebbero coloro che non hanno impedito ai senegalesi di vendere abusivamente la loro merce. È inutile che Renzi dichiari il lutto cittadino, o insceni un dispiacere finto quando chi doveva controllare non l'ha fatto. Una tragedia simile si sarebbe potuta fermare se qualcuno avesse svolto il proprio dovere». Il commercio abusivo in Padania sarà punibile con la pena di morte? Ma in piazza del Mercato è stato colpito un immigrato regolare, dipendente regolarmente assunto di un'attività commerciale, con un figlio nato in Italia, che frequenta la scuola pubblica pur non avendo ancora diritto alla cittadinanza, causa una legislazione conservatrice e divergente dalle comparabili normative dei paesi civili. Eppure anche oggi, a mente fredda, qualcuno a Firenze si domanda se la nostra sia una comunità razzista.

Domandiamo: dopo i fatti di Torino e Firenze a così breve distanza, quali altre circostanze possano convincere i più a denunciare un clima di razzismo? L'Italia non è ancora totalmente razzista? Lo è in maniera moderata? Qual'è la soglia oltre la quale il pregiudizio ideologico non sarà più tollerabile? Cos'altro deve accadere? Qualcuno crede che nella Germania di Hitler tutti gli abitanti fossero nazisti ferventi? Qualcuno pensa che la Sicilia sia popolata soltanto da mafiosi? Basta che una piccola percentuale della popolazione afferisca a pratiche criminali organizzate per dichiarare una regione mafiosa.

Basta che una fetta maggiore esprima atteggiamenti e azioni antidemocratiche e razziste per far piombare un paese in uno scenario totalitario. Vogliamo verificare empiricamente quale sia la nostra soglia limite? O abbiamo sufficienti anticorpi di democrazia per fermare prima questa degenerazione sociale?

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