Cristicchi e Riondino raccontano il bandito Bobini

Il 29 aprile, Simone Cristicchi, per la prima volta sul palco del Teatro di Rifredi, chiuderà la Stagione del Cuore e, insieme a David Riondino, ci racconterà in ottava rima la storia e le imprese del bandito Federigo Bobini detto “Gnicche”

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
18 aprile 2011 20:09
Cristicchi e Riondino raccontano il bandito Bobini

Firenze - Venerdì 29 aprile, Simone Cristicchi, per la prima volta sul palco del Teatro di Rifredi, chiuderà la Stagione del Cuore e, insieme a David Riondino, ci racconterà in ottava rima la storia e le imprese del bandito Federigo Bobini detto “Gnicche”: un nostrano “Robin Hood”, un personaggio eccentrico e provocatore, furfante viziato e prepotente con poco voglia di lavorare, amante dell'osteria, galante e gentile con le donne, grande ballerino, che fece parlare di sé non solo per i suoi furti ed omicidi ma anche per il suo stravagante comportamento.

Giovanni Fantoni da Ponte Buriano, cantastorie e “poeta contadino”, ne narrò le gesta in ottave nel 1871, anno in cui il brigante cadde vittima di un agguato dei gendarmi. Certo fu un personaggio assolutamente discutibile ma, come tutti i banditi di fine '800, non dissimile dai vari Domenico Tiburzi detto il re di Montauto o Stefano Pelloni il Passator cortese del Pascoli, anche affascinante e intrigante e non c'è aretino che non si sia fatto, fin dall'infanzia, un'idea romantica di Gnicche.

La sua ferocia e la determinazione dei furti e degli omicidi passavano in seconda linea, diventavano addirittura irrilevanti perché "rubava ai ricchi per dare ai poveri". Lo spettacolo ricrea il clima del tempo, dove un violento bandito e “grassatore” poteva diventare, nell’immaginario popolare e in virtù della sua lotta contro il potere costituito, simbolo di libertà e di indipendenza. Fino a non molti decenni fa, nelle campagna dell'aretino, Lo Gnicche era ancora figura popolarissima e le sue gesta si sentivano cantare da qualche popolano e dai contadini mentre attendevano alla cura dei campi.

Le nuove generazioni poco o nulla sanno di questo personaggio che insieme a tanti altri fa parte della più schietta tradizione popolare e contadina della nostra Regione.

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