La storia del Porcellino: icona fiorentina conosciuta in tutto il mondo

Nel volume a cura di Antonella Nesi la statua bronzea di Piero Tacca

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
07 aprile 2011 15:29
La storia del Porcellino: icona fiorentina conosciuta in tutto il mondo

Firenze, 7 aprile 2011– Con buona pace di Bibbia e Corano la figura del maiale, animale allevato fin dall’antichità e celebrato per le sue carni prelibate, ha sempre attratto simpatia, se non pura venerazione (“O porco mio gentil, porco dabbene, fra tutti gli animal superlativo… tu non hai in te niente di cattivo”, scriveva il Lasca nel ‘500). Il suo cugino selvatico, il cinghiale, ne ha ereditato l’aura positiva: questo è forse uno dei motivi per cui il celebre “Porcellino” di Firenze (proprio la scultura di un cinghiale seduto) è visto di così buon auspicio.

Visitatori da tutto il mondo fanno la fila per toccare il suo naso, e non si contano le monetine lasciate cadere dalla sua bocca in una grata sottostante sperando nel favore della fortuna. E molti non sanno che quella posta accanto al Mercato Nuovo è, da qualche anno, soltanto una copia della scultura bronzea realizzata da Piero Tacca intorno al 1633. La storia di quella statua, da poco restaurata, è raccontata nel volume a cura di Antonella Nesi Il Porcellino di Piero Tacca (pp.

80, euro 12,00), con le presentazioni di Franco Scaramuzzi, Cristina Acidini, Elena Pianea e i saggi di Marina Clauser, Elena Della Schiava, Maria Donata Mazzoni, Chiara Nepi e Antonella Nesi. Il libro uscirà a maggio per i tipi dell’editrice fiorentina Polistampa, che ha in programma anche una versione in lingua inglese. Per volere del granduca Cosimo II de’ Medici, lo scultore allievo del Giambologna realizzò intorno al 1633 la riproduzione in bronzo di un cinghiale marmoreo del I° sec.

d.C. (a sua volta copia di un bronzo ellenistico) oggi custodito agli Uffizi. Il cinghiale era per i Medici emblema del coraggio del nobile cacciatore: l’arte venatoria era coltivata dalla famiglia come momento ludico ma anche come manifestazione di forza e prestigio per chi teneva il potere. Il “Porcellino” di bronzo rimase pochi anni a Palazzo Pitti e nel 1640 fu installato al Mercato Nuovo, poggiato su di una lastra bronzea arricchita da straordinari particolari floreali e faunistici realizzata dallo stesso Tacca.

La base, deterioratasi col tempo, fu sostituita da una copia ad opera dell’ornatista Giovanni Benelli nel 1856. Il “Porcellino”, rimosso nel 1999 per essere sottoposto a restauro, è esposto oggi al Museo Bardini riunito alla sua base originale, anch’essa restaurata dall’Opificio delle Pietre Dure. Gli interventi su scultura e basamenti sono documentati dai saggi approfonditi contenuti nel volume, che analizzano i motivi ornamentali dell’opera con particolare attenzione agli elementi decorativi tratti dal mondo naturale.

Il libro rende così conto di un lavoro attentissimo che ha permesso di restituire una vera e propria icona fiorentina, di cui scrisse anche Hans Christian Andersen e che oggi è conosciuta in tutto il mondo, al suo splendore naturale. Gherardo Del Lungo

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