Dalle icone a Malevich

Un viaggio nell'arte russa tra i capolavori del Museo di San Pietroburgo esposti alla Galleria d'arte moderna di Palazzo Pitti

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
08 febbraio 2011 20:00
Dalle icone a Malevich

di Alessandro Lazzeri Firenze - Il 2011 è l’ Anno della Cultura e Lingua Russa in Italia e della Cultura e Lingua Italiana in Russia. In tale senso una sorta di preludio è costituito dalla mostra “Dalle icone a Malevich. Capolavori dal Museo Russo di San Pietroburgo,in corso alla Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti sino al 30 aprile 2011.La mostra promossa dal Ministero della Cultura della Federazione Russa con il Museo Russo di San Pietroburgo e dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali Italiano con la Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Firenze e la Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti ospita una selezione di 40 dipinti provenienti dal prestigioso Museo Russo, scelti in modo da offrire un affascinante florilegio del percorso dell’arte russa dall’epoca delle icone fino alle avanguardie del primo Novecento.E' una scelta significativa di una realtà artistica non molto conosciuta.

I termini cronologici sono dati da un'icona e da Malevich. Scelta riuscita dal momento che le icone sono abbastanza note al grande pubblico e che Malevich è uno dei più importanti artisti del Novecento.Nel percorso espositivo che muove dal “Cristo Pantocrator” del XVI sino all'autoritratto di Malevich del 1933 si compie un viaggio nell'arte russa rilevando come questa inaugurò e maturò nel Settecento uno stile “moderno”. In mostra due dipinti dell’inizio del Settecento che evidenziano il graduale distacco dalla tradizione pittorica delle icone e l’apertura alla tipologia figurativa europea: sono il “ritratto di un capo atamano” di Ivan Nikitin e il” ritratto della baronessa M.

Stroganova” di Roman Nikitin. Altre opere in mostra, del Settecento e della prima metà dell’Ottocento, testimoniano non solo come i pittori russi avessero fatto propria l’arte dei vicini maestri europei, ma anche come fossero in grado di esprimere un proprio stile personale. Nella prima metà dell’Ottocento molti artisti russi si recarono in Italia trattenendovisi per lunghi periodi al fine di perfezionarsi nell’arte. L’Italia fu quindi estremamente importante per gli artisti della prima metà del XIX secolo, che nella Russia di allora non potevano godere di libertà d’espressione artistica e per la maggior parte erano costretti a lavorare solo per una committenza ecclesiastica. Nel catalogo della mostra fra le opere della prima metà dell’Ottocento figurano sia alcuni dipinti creati dagli artisti prima del viaggio in Italia, come il Ritratto di Davydov (1809) di Kiprenskij sia altri che risalgono al loro soggiorno italiano come Mezzogiorno italiano di Brjullov, oppure al ritorno in Russia come il Ritratto di Elisaveta Saltykova dello stesso Brjullov.

Quest’ultimo dipinto, per creare un trait d’union con le opere che la Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti espone stabilmente nella sala dedicata ai Demidoff e alle loro prestigiose collezioni, figura in questo ambiente, in un intrigante vis a vis con Anatolio Demidoff, ritratto dallo stesso Brjullov in un monumentale e impetuoso dipinto. Una caratteristica dell’arte russa della seconda metà dell’Ottocento fu l’interesse per le tematiche sociali. Infatti nel 1861 in Russia venne abolita la servitù e sia prima che dopo tale avvenimento molti pittori si ispirarono alla storia nazionale, alle immagini dei contemporanei, alla loro vita quotidiana, alla natura della Russia.

In mostra si possono ammirare opere di Ivan Kramskoj, Vasilj Surikov, Il’ja Repin, Fedor Vasil’ev, Ivan Shishkin dedicate a questi soggetti. Se gli anni a cavallo tra il XIX e il XX secolo costituirono un’epoca di pluralità di stili, indirizzi, gli anni dal 1910 a tutti gli anni Trenta furono il periodo nel quale nacque e si sviluppò in diverse forme l’avanguardia russa. I lavori di Kandinskij, Malevich e Filonov rappresentano tipologie diverse dell’astrattismo, che prende avvio agli inizi del XX secolo. I dipinti di Goncharova e Malevich, della fine degli anni ‘20 e dell’inizio degli anni ‘30, e di Pavel Filonov sono solo una piccola parte della ricca varietà di opere dell’avanguardia russa presente nelle collezioni del Museo Russo.

Da segnalare come le opere di Malevich adesso conservate al Museo russo di Stato di San Pietroburgo,fossero state confiscate dal regime staliniano e vietate al pubblico fino agli anni Ottanta. Sono oltre cento dipinti che abbracciano tutta l' opera di Malevich. A Firenze accanto a opere significative del maestro dell'astrattismo quali “Eclissi parziale. Composizione con Monnalisa” e “Suprematismo”,sono esposte alcune opere che testimoniano il ritorno al figurativo, come “Testa di contadino” del 1928 e il coevo “torso femminile”, che sembra testimoniare quel ritorno all'ordine voluto da un regime, come quello sovietico, che di fatto decapitò la grande avanguardia russa.

Emblematico ci sembra l'autoritratto del 1933 dove l'artista decide di raffigurarsi in abiti rinascimentali, con basco rosso e posa da oratore, quasi un ritratto da Uffizi che è fortemente in contrasto col precedente “Autoritratto a due dimensioni” (1915), composizione astratta in cui su sfondo bianco si disponeva un quadrato nero centrale circondato da una costellazione di ulteriori figure geometriche. La mostra di Pitti è un ' occasione da non perdere per conoscere , in una scelta limitata eppur significativa, una parte dei tesori del Museo Russo di San Pietroburgo, che possiede la più ampia collezione al mondo di arte russa.

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